dossier da Corriere.it
A rischio idrogeologico il 99% dei comuni salernitani
Legambiente e Protezione Civile: Le amministrazioni municipali non rispettano i vincoli edificatori
SALERNO — L’ultimo rapporto «Ecosistema Rischio», stilato da Legambiente Campania, boccia la provincia di Salerno Che, rispetto alle altre quattro province campane, conta 157 su 158 comuni a rischio idrogeologico. «Il 99% della amministrazioni locali sono a rischio» sostiene l’associazione ambientalista, che, nella consueta relazione annuale, assegna la maglia nera proprio alla provincia di Salerno. Denunciando che l’81% delle amministrazioni che hanno risposto al monitoraggio avviato da Legambiente ha reso edificabili aree golenali, alvei di fiumi e aree a rischio frana. In alcuni comuni salernitani (il 25% per la precisione) ci sono interi quartieri nati in zone rosse. E non solo. Nelle zone a rischio idrogeologico sono sorte anche strutture e fabbricati industriali «con grave rischio — emerge dall’inchiesta effettuata da Operazione Fiumi, la campagna di sensibilizzazione e prevenzione organizzata da Legambiente e dal dipartimento della Protezione civile — non solo per l’incolumità dei dipendenti, ma anche per eventuali sversamenti di prodotti inquinanti nelle acque e nei terreni». Gli ambientalisti lanciano così una pesante denuncia su un presunto legame tra gli abusi edilizi edificati in zone a rischio idrogeologico e l’inquinamento delle falde acquifere e del territorio. Alta la percentuale delle scuole costruite in zone a rischio. La settimana scorsa a stilare una mappa degli istituti scolastici realizzati in aree da bollino rosso ci ha pensato l’Ance Salerno dopo la pubblicazione dei dati emersi da una indagine della Cresme su commissione Dexia Crediop. Individuando ben 162 edifici a rischio tra scuole e ospedali e piazzando Salerno al terzo posto nella classifica dei comuni con il maggior numero di edifici pubblici realizzati in zone a rischio. Il rapporto di Legambiente Campania lancia, poi, l’affondo finale, non salvando neanche uno dei comuni della provincia salernitana. Anzi, disegnando una mappa del territorio provinciale che desta ancora più allarme e preoccupazione, perché nel monitoraggio capillare dell’associazione ambientalista finiscono anche alberghi e campeggi. Tutto ciò sarebbe stato possibile, secondo il dipartimento della Protezione civile, anche in dispregio dei vincoli edificatori che, almeno nei vari piani regolatori generali dei singoli comuni, compaiono. Ma, anche sul versante urbanistico, i conti non tornano. Perché, se da un lato il 76% delle amministrazioni comunali impone vincoli edificatori nei piani regolatori, dall’altro lato la percentuale aumenta (arrivando fino all’81%) se si considerano i comuni che hanno permesso la realizzazione proprio nelle aree a rischio. Di delocalizzazioni, poi, neanche a parlarne. Solo nell’otto per cento dei casi sono state avviate le procedure per trasferire le abitazioni in aree sicure. Per gli impianti industriali, invece, nessuna delocalizzazione. «Ancora una volta constatiamo come i comuni della Campania non abbiano complessivamente messo le tematiche di prevenzione di alluvioni e frane tra le priorità del loro lavoro» commenta Paola Tartabini, portavoce di Operazione Fiumi.
Angela Cappetta © RIPRODUZIONE RISERVATA 02 novembre 2009
A rischio idrogeologico il 99% dei comuni salernitani
Legambiente e Protezione Civile: Le amministrazioni municipali non rispettano i vincoli edificatori
SALERNO — L’ultimo rapporto «Ecosistema Rischio», stilato da Legambiente Campania, boccia la provincia di Salerno Che, rispetto alle altre quattro province campane, conta 157 su 158 comuni a rischio idrogeologico. «Il 99% della amministrazioni locali sono a rischio» sostiene l’associazione ambientalista, che, nella consueta relazione annuale, assegna la maglia nera proprio alla provincia di Salerno. Denunciando che l’81% delle amministrazioni che hanno risposto al monitoraggio avviato da Legambiente ha reso edificabili aree golenali, alvei di fiumi e aree a rischio frana. In alcuni comuni salernitani (il 25% per la precisione) ci sono interi quartieri nati in zone rosse. E non solo. Nelle zone a rischio idrogeologico sono sorte anche strutture e fabbricati industriali «con grave rischio — emerge dall’inchiesta effettuata da Operazione Fiumi, la campagna di sensibilizzazione e prevenzione organizzata da Legambiente e dal dipartimento della Protezione civile — non solo per l’incolumità dei dipendenti, ma anche per eventuali sversamenti di prodotti inquinanti nelle acque e nei terreni». Gli ambientalisti lanciano così una pesante denuncia su un presunto legame tra gli abusi edilizi edificati in zone a rischio idrogeologico e l’inquinamento delle falde acquifere e del territorio. Alta la percentuale delle scuole costruite in zone a rischio. La settimana scorsa a stilare una mappa degli istituti scolastici realizzati in aree da bollino rosso ci ha pensato l’Ance Salerno dopo la pubblicazione dei dati emersi da una indagine della Cresme su commissione Dexia Crediop. Individuando ben 162 edifici a rischio tra scuole e ospedali e piazzando Salerno al terzo posto nella classifica dei comuni con il maggior numero di edifici pubblici realizzati in zone a rischio. Il rapporto di Legambiente Campania lancia, poi, l’affondo finale, non salvando neanche uno dei comuni della provincia salernitana. Anzi, disegnando una mappa del territorio provinciale che desta ancora più allarme e preoccupazione, perché nel monitoraggio capillare dell’associazione ambientalista finiscono anche alberghi e campeggi. Tutto ciò sarebbe stato possibile, secondo il dipartimento della Protezione civile, anche in dispregio dei vincoli edificatori che, almeno nei vari piani regolatori generali dei singoli comuni, compaiono. Ma, anche sul versante urbanistico, i conti non tornano. Perché, se da un lato il 76% delle amministrazioni comunali impone vincoli edificatori nei piani regolatori, dall’altro lato la percentuale aumenta (arrivando fino all’81%) se si considerano i comuni che hanno permesso la realizzazione proprio nelle aree a rischio. Di delocalizzazioni, poi, neanche a parlarne. Solo nell’otto per cento dei casi sono state avviate le procedure per trasferire le abitazioni in aree sicure. Per gli impianti industriali, invece, nessuna delocalizzazione. «Ancora una volta constatiamo come i comuni della Campania non abbiano complessivamente messo le tematiche di prevenzione di alluvioni e frane tra le priorità del loro lavoro» commenta Paola Tartabini, portavoce di Operazione Fiumi.
Angela Cappetta © RIPRODUZIONE RISERVATA 02 novembre 2009