sabato 28 novembre 2015

Sala del Museo della Civiltà del Vino Primitivo presso il Consorzio Produttori Vini a Manduria si svolgerà la presentazione del volume “Il viaggio”. Sandro Pertini fra i giovani e il popolo

COMUNICATO STAMPA Giovedì 26 novembre 2015 alle ore 18.00 presso la Sala del Museo della Civiltà del Vino Primitivo presso il Consorzio Produttori Vini a Manduria si svolgerà la presentazione del volume “Il viaggio”. Sandro Pertini fra i giovani e il popolo. Ricordi incontri testimonianze per l’Italia di oggi (Edizioni Esperidi 2015), curato da Enrico Cuccodoro, Alessandro Nardelli, Raffaele Marzo e Giovanni Pizzoleo, opera già apprezzata dal Presidente della Repubblica e dai Presidenti del Consiglio e delle Camere. Dopo i saluti del sindaco Roberto Leonardo Massafra, interviene l’autore, Enrico Cuccodoro, docente di Diritto Costituzionale presso l’Università del Salento e Coordinatore dell’Osservatorio Nazionale “Sandro e Carla Pertini”. Dialoga con l’autore, Mimmo Mazza, vicecapo redattore della Gazzetta del Mezzogiorno di Taranto. Sarà presente l’editore Claudio Martino. Il libro, giunto alla seconda edizione a tre mesi dalla pubblicazione (maggio 2015), è stato illustrato in vari appuntamenti in diverse regioni italiane, quali Puglia, Basilicata, Sicilia, Abruzzo, Campania, Lazio, in un percorso intrapreso lo scorso 2 giugno a Matera, Capitale Europea della Cultura e che ha visto l’intervento di personaggi di alta levatura quali il vicepresidente del CSM, On. Giovanni Legnini; il presidente emerito della Corte Costituzionale Gaetano Silvestri, gli On.i Salvo Andò, Sebastiano Leo, la senatrice Maria Rosaria Manieri, Modestino Ancone, Carmelo Conte, etc., docenti universitari come i Prof.ri Emilio Filieri, Antonio Saitta, Giuseppe Di Genio, etc. Diverse sono le tappe previste nei prossimi mesi, tra cui, a dicembre, la presentazione del volume presso la Biblioteca del Senato a Roma. IL VOLUME: Nel volume si sottolinea la preoccupante disaffezione verso la politica italiana da parte delle nuove generazioni, che ritengono i politici d’oggi una “casta” intenta a mantenere sul campo alcuni privilegi. In tale scenario è salutare rievocare la figura di Pertini, l’uomo che rese se stesso “il primo impiegato dello Stato” e spalancò le porte dei Palazzi della politica ad oltre cinquecentomila studenti. Il libro, è un modo per transitare idealmente nella buona politica e nella pulizia morale, dando forza ai valori di fondo del suo efficace messaggio: libertà, giustizia sociale, pace, onestà e moralità. Questo orientamento va veicolato agli eredi di quegli studenti ai quali lui stesso, da vero “educatore civico”, amava rivolgersi per dare sostanza al miglior avvenire dell’Italia, guardando alla cruda realtà del momento. Pertini percepiva la necessità di adeguare l’assetto istituzionale dello Stato ma il cambiamento, per sua stessa ammissione, non poteva esprimersi al di fuori delle prescritte regole della revisione costituzionale. Nell’attualità degli odierni, difficili rapporti costituzionali tra le figure dello Stato e nell’ipotesi, ancora inseguita, di una riforma della Costituzione repubblicana, risuonano attuali le sue eloquenti parole: “La Costituzione non è caduta dal cielo. È stata una conquista di tutto il popolo italiano, della sua storia, delle sue forze politiche”. Questo libro è solo un punto di avvio per alimentare nel Paese, di città in città, un reale percorso di riflessione con un appuntamento “pertiniano” per i giovani e la gente, al fine di custodire e trasmettere la memoria di una così eroica figura. Il disegno di copertina è stato appositamente realizzato da Giorgio Forattini.

domenica 18 ottobre 2015

ANCORA IN MATERIA DI CAVE ESTRATTIVE. IL CONSIGLIO DI STATO SI PRONUNCIA.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4639 del 2014, proposto dalla s.r.l. Moccia Industria, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati Silvano Tozzi e Luca Tozzi, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Lodovico Visone in Roma, via del Gesù, n.162; 
contro
il Comune di Durazzano, in persona del sindaco in carica, rappresentato e difeso dall'avvocato Luigi Diego Perifano, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, n. 2; 
nei confronti di
la Regione Campania, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall'avvocato Lidia Buondonno, con domicilio eletto presso l’ufficio di rappresentanza della Regione Campania in Roma, via Poli, n. 29;
il Comune di Sant'Agata dei Goti, in persona del sindaco in carica, rappresentato e difeso dall'avvocato Luigi Diego Perifano, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, n. 2;
l’Associazione Viviamo Durazzano, l’Associazione Benevento e Valle di Suessola Bene Comune, l’Associazione No Cava Durazzano, in persona dei legali rappresentanti in carica, rappresentati e difesi dall'avvocato Luigi Adinolfi, con domicilio eletto presso la Segreteria del Consiglio di Stato in Roma, piazza Capo di Ferro, n. 13;
l’Archeoclub d'Italia - sede di Sant'Agata dei Goti;
Francesco Claudio Scarpa; 
per la riforma della sentenza del T.A.R. Campania, Sezione IV n. 1452 del 7 marzo 2014, resa tra le parti, concernente la delimitazione di un’area per attività estrattiva.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Durazzano, della Regione Campania, del Comune di Sant'Agata dei Goti, della Associazione Viviamo Durazzano, della Associazione Benevento e Valle di Suessola Bene Comune e della Associazione No Cava Durazzano;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 gennaio 2015 il Consigliere Doris Durante;
Uditi per le parti l’avvocato Alessandro Pagano, su delega dell'avvocato Silvano Tozzi, l’avvocato Luigi Diego Perifano, l’avvocato Luigi Adinolfi e l’avvocato Rosanna Panariello, su delega dell'avvocato Lidia Buondonno;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
1.- Il TAR Campania, con la sentenza n. 1452 del 7 marzo 2014, pronunciandosi sul ricorso n. 1533 del 2013 integrato da motivi aggiunti, dichiarava irricevibile la domanda proposta con i motivi aggiunti per l’annullamento della delibera di giunta regionale n. 562 del 2011 e, per il resto, accoglieva il ricorso e annullava la deliberazione di giunta regionale n. 775 del 2012, avente ad oggetto il «piano regionale delle attività estrattive delimitazione della nuova area suscettibile di nuove estrazioni c. 12 BN e del comparto estrattivo c. 12 BN 01 nell’area di riserva s. 33 BN nel Comune di Durazzo gruppo merceologico: calcare – litotipo: calcare da calce», l’allegato A alla delibera recante la relazione di individuazione del comparto estrattivo, nonché tutti i preordinati atti del procedimento amministrativo con cui, in accoglimento delle istanze della s.p.a. Moccia Industria era stato individuato il comparto estrattivo nell’area di riserva S33 – BN del PRAE, alla località Fossa delle Nevi del Comune di Durazzano.
Il TAR condannava la Regione Campania alla rifusione delle spese di lite in favore del Comune di Durazzano, per il resto le compensava.
2.- Ad avviso del TAR, il procedimento di individuazione del comparto in agro di Durazzano sarebbe stato caratterizzato da difetto di istruttoria, atteso che, insistendo tale comparto su un’area classificata di riserva, la destinazione ad attività estrattiva avrebbe richiesto la previa valutazione della sostenibilità ambientale e territoriale delle iniziative estrattive.
«Nel caso», assume il TAR, «la nota del Genio civile di Benevento del 31 ottobre 2012 (antecedente di 50 giorni rispetto alla delibera di giunta regionale n. 775 del 21 dicembre 2012 conclusiva del procedimento) rileva come è rimasto indimostrato che i comparti approvati con delibera di GRC n. 494/2009 siano inidonei al soddisfacimento della richiesta della ditta Moccia…La Moccia Industrie ha presentato un’integrazione dello studio in data 12.11.2012. Il settore genio civile di Benevento con nota 21.11.2012 prot. 0858161 ha sollevato al riguardo una serie di rilievi che sono rimasti in gran parte ignorati dall’organo decidente.
Da un lato si era rilevata l’insufficienza dello studio estrattivo, in quanto non comprendeva il comparto di Pandolfo…
Dall’altro, il settore ha rilevato la inaffidabilità ovvero inadeguatezza degli studi estrattivi di parte, sia in mancanza della certezza che i campioni prelevati ed al loro sicuro “abbinamento” ai siti da esplorare…A tali perplessità nulla ha risposto né considerato l’organo decidente, che si è determinato solo un mese dopo detta nota ostativa, senza alcuna ulteriore istruttoria…Per effetto di tale lacuna istruttoria la Regione si è determinata alla disapplicazione dei criteri cronologici per la coltivazione in area di riserva, dettati dal PRAE, ritenendo il comparto di Durazzano – non ancora perimetrato e sito in area di riserva – da un lato sicuramente provvisto del giacimento con le caratteristiche del litotipo richiesto dalla ditta Moccia, e dall’altro l’unico sito estrattivo individuabile per il nuovo litotipo calcare da calce; pertanto la gravata determinazione n. 775 del 2012 ed i preordinati atti istruttori risultano viziati e vanno annullati».
3.- La s.r.l. Moccia Industria ha impugnato la sentenza n. 1452 del 2014, di cui chiede l’annullamento o la riforma per erroneità, alla stregua dei seguenti motivi:
a) omessa pronuncia; difetto di motivazione; violazione e falsa applicazione dell’articolo 29 del codice del processo amministrativo;
b) omessa pronuncia sulla inammissibilità per tardività del ricorso di primo grado;
c) contraddittorietà della motivazione ed insussistenza delle circostanze di fatto poste a base del decisum .
4.- Si è costituita in giudizio la Regione Campania, che ha contestato in fatto e diritto la sentenza del TAR, rilevando l’erroneità della rilevata carenza di istruttoria, essendosi proceduto, invece, insieme con il settore del Genio civile di Benevento ad un’accurata istruttoria delle richieste avanzate dalla ditta Moccia e degli studi e relazioni tecniche che corredavano le richieste.
Deduce la Regione che il Genio Civile e il settore cave della Regione avrebbero effettuato approfondimenti istruttori che il TAR non avrebbe tenuto in adeguata considerazione, soffermandosi, invece, su alcuni stralci tutt’altro che significativi della relazione del Genio civile, il cui significato sarebbe stato precisato dallo stesso ufficio («va innanzi tutto chiarito che le osservazioni formulate da questo ufficio al termine di una specifica fase istruttoria, con la relazione del 21 novembre 2012 – prot. n. 858161, riguardano i seguenti aspetti dell’indagine estrattiva presentata dalla moccia industria s.r.l.:
- le prove industriali eseguite su campioni prelevati nel comparto di Pontelandolfo, per i quali non risultava debitamente documentato il momento del prelievo;
- il fatto che i tecnici del ministero non assumono in maniera categorica la inidoneità del calcare dei comparti di San Giorgio La Molara e di Benevento sull’assunto che i campioni 1 e 2 …presentano alla cottura una colorazione grigiastra…che potrebbero non renderli idonei alla produzione di calce») e che sarebbero stati superati dalle indagini integrative effettuate dall’ingegnere minerario Patti incaricato dalla ditta Moccia e dagli ulteriori accertamenti e indagini depositate dalla ditta Moccia il 26 novembre 2012.
La Regione, quindi, ribadendo la completezza ed esaustività dell’istruttoria compiuta, ha concluso, chiedendo l’accoglimento dell’appello.
5.- Si sono costituiti in giudizio il Comune di Durazzano, il Comune di Sant’Agata dei Goti, l’Associazione Viviamo Durazzano, l’Associazione Benevento e Valle di Suessola Bene Comune e l’Associazione No Cava Durazzano, che hanno chiesto il rigetto dell’appello, riproponendo le censure dedotte nel ricorso al TAR e negli atti di intervento.
Le parti hanno depositato memorie difensive e di replica e, alla pubblica udienza del 13 gennaio 2015, il giudizio è stato trattenuto in decisione.
6.- L’appello è fondato e va accolto.
7.- Per meglio comprendere i termini della controversia, si rende necessario ripercorrere l’iter istruttorio al cui esito è stata emanata la delibera di giunta regionale n. 775 del 2012, oggetto dell’impugnazione in primo grado.
7.1- La s.p.a. Moccia Industria (poi trasformata in s.r.l.) – produttrice di calce nell’ambito del territorio della Regione Campania (di circa i 2/3 del fabbisogno totale regionale), con stabilimento industriale costituito da due impianti, uno per la produzione dei laterizi ed uno per la produzione di ossido di calce, fior di calce, calce idrata e grassello e annessa cava di argilla disposti su aree contigue nel Comune di Montesarchio, località Tora, in Provincia di Benevento – avendo utilizzato come materia prima il calcare proveniente dalla cava di Santa Rosalia, sita nel Comune di Caserta, di cui era prevista la cessazione entro il 9 dicembre 2013, perché compresa in zona ZAC (zona altamente critica), in occasione della rinnovazione triennale del PRAE, con istanza del 16 ottobre 2006, chiedeva alla Regione la concessione di un’area estrattiva utile alla produzione di ossido di calce nella Provincia di Benevento, ubicata all’interno dell’area di riserva, avendo accertato la idoneità del calcare di questo giacimento alla produzione di calce, mentre nessuno dei quattro comparti estrattivi di calcare individuati nella Provincia di Benevento (2 nel territorio di Benevento; 2 nel territorio di San Giorgio la Molara) con la delibera di giunta n. 494 del 20 marzo 2009 soddisfacevano le specifiche esigenze produttive della propria impresa, perché i calcari estraibili in tali comparti non possedevano i requisiti geologici – tecnici e mineralogici con elevato tenore di CaCO3, necessari al funzionamento del calcificio di Montesarchio.
La s.r.l. Moccia aveva, infatti, condotto ricerche minerarie, dalle quali era risultata la idoneità del comparto estrattivo nel Comune di Durazzano, alla località “Fossa delle Nevi”, nell’ambito dell’area di riserva ai sensi dell’articolo 89, comma 7, e dell’articolo 21, commi 3 e 4, delle NTA del PRAE, di cui formalizzava la richiesta con istanza del 14 settembre 2009.
Con la stessa istanza, veniva richiesto anche l’esplicito riconoscimento nel PRAE del litotipo calcare peculiare per la produzione della calce, ad integrazione del più ampio 7° settore merceologico.
L’istanza veniva corredata da uno specifico studio di ricerca estrattiva, redatto dal geologo dottor Vincenzo Portoghese, che evidenziava le ragioni di tale richiesta, richiamando il capitolo 4, paragrafo 5, lett. c) delle Linee Guida del PRAE, stante le peculiarità geologiche del calcare.
7.2- Il Genio Civile di Benevento, in riscontro alla richiesta della s.r.l. Moccia del 14 settembre 2009, con nota del 25 marzo 2010 avviava l’istruttoria, dandone comunicazione agli enti e organi interessati («lo scrivente Settore ha in corso, ai sensi delle Norme Tecniche di Attuazione del PRAE, così come da nota del Settore Cave…del 7.12.09, la verifica tecnico – amministrativa per la perimetrazione in Area di riserva»).
Il Comune di Durazzano, con la nota del 16 dicembre 2010, rappresentava la presenza di una discarica dismessa, regolarmente censita, di cui la Regione aveva finanziato la caratterizzazione nell’ambito del POR 2000- 2006 Misura 1.8; del progetto del centro equestre finanziato dalla Regione nell’ambito della l. regionale n. 1 del 2009, con decreto n. 101 del 2010, di due progetti di parchi eolici e la esistenza di elettrodotti, che riteneva ostativialla utilizzazione dei suoli ai fini estrattivi (tali circostanze a seguito di approfondimento istruttorio condotto dal Genio civile presso il Comune, sollecitato dalla s.r.l. Moccia con istanza di accesso agli atti, risultavano insussistenti), sicché l’istruttoria proseguiva e con provvedimento del 23 novembre 2011 veniva individuato, nell’area di riserva S33BN, il comparto estrattivo contraddistinto con la sigla S33BN 02.
7.3- La Regione, acquisito il parere dall’Ufficio Avvocatura, avviava il procedimento e, con delibera GR n. 562 del 2011, formalizzava nel PRAE Campania il riconoscimento del litotipo di calcare necessario alla produzione della calce.
Nell’ambito dell’istruttoria, si inseriva anche l’accertamento promosso dallo STAP foreste, all’esito del quale lo questo ufficio comunicava al Genio civile che le particelle interessate dal comparto S33BN 02, per un totale di metri quadrati 59.637, non possedevano le caratteristiche di cui alla definizione di bosco ai sensi della l. regionale n. 11 del 1996.
7.4- Nell’ambito dell’istruttoria, il Genio civile di Benevento chiedeva alla s.r.l. Moccia di estendere le indagini mineralogiche al comparto di Pontelandolfo, al fine di accertare l’idoneità di questo calcare alla produzione di calce (il TAR, espressosi su un altro ricorso, aveva ritenuto che tale comparto, inizialmente escluso dalla Regione, fosse utilizzabile per attività estrattiva).
La relazione del dottor Portoghese veniva, quindi, integrata dalla relazione dell’ingegnere minerario Giuseppe Patti (dirigente a riposo del Ministero delle attività produttive e professore a contratto dell’università “La Sapienza” di Roma).
Entrambe le relazioni concludevano nel senso che «il giacimento rilevato presso l’area estrattiva di Durazzano, sulla base delle analisi compiute, presenta caratteristiche ottimali, addirittura superiori a quelle del giacimento della cava S.Rosalia attualmente utilizzato» e che quello di Pontelandolfo non ha le stesse caratteristiche.
Nella nuova conferenza di servizi tenutasi in data 22 novembre 2012, il dirigente del Genio civile evidenziava che «sui predetti studi estrattivi è stata espletata apposita istruttoria prot. n. 858161 del 21.11.2012, che conclude esprimendo la necessità che gli stessi siano asseverati e corredati da specifiche analisi sul calcare di Pontelandolfo, al fine di dimostrare in maniera inequivocabile che quest’ultimo non è idoneo alla produzione di calce. Di tale relazione e delle sue conclusioni è stata data lettura nella riunione operativa tenutasi presso il Settore del Genio Civile con i rappresentanti della società Moccia in data 21/11/2012» (cfr. verbale n. 862913 del 22 novembre 2012).
La s.r.l. Moccia trasmetteva in data 23 novembre 2012 – prot. n. 868662 del 26.11.2012 - gli studi estrattivi con specifiche certificazioni sulla veridicità delle informazioni e dei dati in esse contenuti, nonché le analisi chimiche del Laboratorio Geo – Consult di Monocalzati (Azienda con sistema di qualità UNI EN 9001 – 2008 e con autorizzazione ex l. n. 1086 del 1971 e DM n. 5404/2005), effettuate su due campioni di roccia prelevati nel comparto di Pontelandolfo, dalle quali emergeva che il tenore di carbonato di calcio era al di sotto dei valori richiesti dalle specifiche tecniche e che, sottoposto a cottura, presentava una colorazione grigio scura.
In data 25 novembre 2012, il Genio civile, ritenendo esaustiva e completa l’istruttoria, inviava alla Regione Campania la proposta di deliberazione per la definizione dell’iter di approvazione della perimetrazione definitiva del comparto C12BN – 01; la Regione con delibera del 21 dicembre 2012 (delibera GR n. 775 del 2012) approvava l’atto sul comparto estrattivo di Durazzano.
8.- Da quanto esposto, emerge in maniera palese che la sequenza istruttoria condotta dalla Regione Campania e dal Genio civile è stata adeguata ed esaustiva, in quanto essa ha dapprima accertato la inidoneità dei comparti estrattivi esistenti nel Comune di Benevento alla produzione della calce e, successivamente, ha deliberato la istituzione del comparto di Durazzano in area di riserva e per gli effetti di cui all’articolo 26, comma 4, delle NTA del PRAE.
8.1- Invero il TAR ha estrapolato da tutta la complessa attività istruttoria alcuni rilievi del RUP espressi nel corpo di una relazione istruttoria endoprocedimentale e li ha trascritti nella sentenza, amplificando il peso giuridico di detti rilievi, senza considerare che erano stati superati dallo stesso RUP nelle conclusioni, allorché egli ha circoscritto gli adempimenti istruttori successivi limitandoli allo studio estrattivo del comparto di Pontelandolfo, integrato tempestivamente dalla interessata.
Non è esatto, quindi, come si afferma in sentenza, che le osservazioni del Genio civile siano rimaste senza riscontro.
Evidente è a tal punto, l’inesistenza delle circostanze evidenziate in sentenza quale espressione di carenza di istruttoria, laddove essa risulta completa e adeguata.
Come già esposto nella ricostruzione della sequenza dell’iter istruttorio, ai rilievi del Genio civile del 21 novembre 2012 – prot. n. 858161, circa la incertezza temporale delle prove industriali eseguite su campioni prelevati nel comparto di Pontelandolfo (secondo cui non risultava debitamente documentato il momento del prelievo) e sulla inidoneità del calcare degli altri comparti (secondo cui i tecnici del ministero non «assumono in maniera categorica la inidoneità del calcare dei comparti di San Giorgio La Molara e di Benevento»), la ditta Moccia in data 26 novembre 2011 presentava uno specifico studio redatto dall’ingegnere Patti e specifiche analisi, che superavano tali rilievi e osservazioni.
Solamente dopo tali integrazioni e chiarimenti documentali sulla inidoneità del comparto di Pontelandolfo alla produzione del calcare puro, la Regione Campania con delibera GR n. 775 del 2012, completando il lungo iter avviato nel 2006, istituiva il comparto estrattivo per la calce nel Comune di Durazzano.
8.2- Deve ritenersi, in conseguenza fondata la censura della s.r.l. Moccia Industria, che deduce l’erroneità della sentenza con riferimento alla valutazione attribuita alla relazione interna del RUP del 21 novembre 2012 e la contraddittorietà e travisamento dei fatti, avendo il TAR recepito acriticamente alcuni stralci della relazione istruttoria preparata dal RUP in vista della conferenza di servizi tenutasi presso la sede del Genio civile di Benevento in data 21 novembre 2012, dando valenza determinante, senza considerare gli ulteriori sviluppi istruttori.
8.3- Significativa, nello stesso senso, è anche la posizione della Regione, ente cui spetta ogni decisione in materia mineraria, la quale ha ritenuto che tali osservazioni non erano preclusive della determinazione di istituire il comparto estrattivo del Comune di Durazzano, perché l’istruttoria e le indagini minerarie prodotte dalla ditta avevano evidenziato l’inidoneità degli altri siti e la sostenibilità ambientale del comparto del Comune di Durazzano.
L’assunto trova conferma nella memoria depositata in giudizio dalla Regione Campania, nella quale essa ha precisato quale fosse l’ambito delle osservazioni formulate dal Genio civile con la relazione del 21 novembre 2012 – prot. n. 858161, e come fossero state superate, avendo la società Moccia prodotto in aggiunta alla relazione del geologo dottor Portoghese, la relazione dell’ingegnere Patti e le ulteriori indagini, che consentivano di superare i rilievi del Genio civile.
Erroneamente il TAR ha ritenuto inadeguata l’istruttoria espletata, malgrado la molteplicità degli studi condotti dall’interessata su richiesta del Genio civile, che avevano provato la inidoneità del calcare degli altri comparti e l’idoneità di quello del comparto di Durazzano.
8.4- Né può presumersi la sussistenza di una macroscopica svista della Regione nell’istituire tale comparto, essendosi essa determinata nella piena consapevolezza delle circostanze di fatto emerse nel corso della lunga e complessa istruttoria, alla luce della quale la scelta non risulta irragionevole o illogica, a parte che il comparto era già previsto dal PRAE, seppure come area di riserva, ovvero condizionata alla mancanza di possibilità alternative, sulle quali si erano incentrate le indagini mineralogiche richieste all’interessata e condotte da professionisti e da laboratori (laboratorio Geo Consult convenzionato con la Direzione generale per le risorse minerarie del Ministero per lo sviluppo economico).
8.5- Quanto sin qui rilevato comporta l’accoglimento dell’appello della s.r.l. Moccia Industria, con assorbimento degli altri motivi di appello.
9.- Vanno quindi esaminate le censure dedotte dalle parti resistenti nel ricorso di primo grado e riproposte in questa sede, perché assorbite dal TAR.
10.- Assume il Comune di Durazzano che, ai sensi dell’articolo 21, comma 4, e 26, comma 5, delle norme tecniche di attuazione del PRAE, l’individuazione delle aree di riserva deve essere preceduta da uno specifico studio o ricerca estrattiva di competenza della giunta regionale.
La deduzione è infondata in fatto, atteso che la giunta regionale ha disposto l’approvazione facendo proprio lo studio estrattivo condotto dalla s.r.l. Moccia Industria.
Va, comunque, rilevato che con i provvedimenti impugnati non è stata effettuata alcuna innovazione al PRAE, in quanto l’area di riserva del Comune di Durazzano risale all’approvazione del PRAE.
La sola attività posta in essere dalla Regione su impulso della s.r.l. Moccia ha riguardato la presa d’atto della necessità di provvedere alla individuazione di un sito utile per l’estrazione del calcare da calce, poi individuato nell’area di riserva del PRAE ricadente nel Comune di Durazzano.
Quanto al procedimento previsto dalle N.d.A. del PRAE, le relative previsioni sono state puntualmente rispettate sia per quanto riguarda l’ordine di utilizzo delle cave stabilito dall’articolo 21, comma 1 («La delimitazione dei comparti deve riguardare prioritariamente quelle aree ove insistono cave autorizzate e, nell’ordine successivo, le aree interessate da cave autorizzate non dichiarate abusive per le quali non è intervenuta a seguito della coltivazione la ricomposizione ambientale, aree interessate da cave abbandonate, aree libere da cave»), e l’obbligo da parte della Regione di approvare gli studi e i rilievi tecnici (articolo 21, comma 4).
9.1- Contrariamente a quanto dedotto ex adverso, il combinato disposto dell’articolo 21, comma 4, e 26, comma 5, delle N.d.A. del PRAE non prevede che la Giunta regionale debba provvedere direttamente ad effettuare le attività di ricerca, ma semplicemente che debba prendere visione ed approvare le ricerche fatte dai soggetti interessati.
Tale ovvia previsione deriva dal fatto che la Regione ha effettuato gli studi sul comparto estrattivo nel momento in cui ne ha determinato lo status di area di riserva.
Di conseguenza, qualsiasi ulteriore attività di ricerca o di studio non può che essere rivolta ad accertare l’effettiva conformità delle caratteristiche del sito estrattivo alle necessità anche delle singole imprese che dovranno effettuare gli studi estrattivi e provare la necessità di parametrare l’area di riserva.
Tanto è avvenuto nel caso di specie, in cui è stata effettuata – per quanto risulta dagli atti depositati - l’adeguata istruttoria come già rappresentato sopra.
La circostanza che le indagini siano state condotte da un laboratorio privato non implica una considerazione di insufficienza o di carenza di istruttoria, atteso che il medesimo laboratorio è risultato convenzionato con la Direzione generale risorse minerarie ed inoltre le relative risultanze sono state ritenute idonee dal Genio civile e dalla Regione, nell’ambito delle proprie competenze e responsabilità.
10.- Sulla necessità di tutelare la vocazione turistica del Comune di Durazzano, va rilevato in questa sede che una tale valutazione si sarebbe dovuta affermare in sede di approvazione del PRAE, ciò che non è stato dedotto e comprovato nel corso del giudizio.
Inoltre, dagli atti depositati non emerge alcun profilo di contraddittorietà, turistica poiché:
- dalla relazione dell’ingegnere Patti risulta che il territorio del Comune di Durazzano non è stato sottoposto a pianificazione paesaggistica, è privo di un piano territoriale paesaggistico ed è invece compreso in una “Area di Riserva” mineraria;
- il piano regolatore generale ha previsto per quest’area la tipizzazione “zona E” (zona agricola semplice), rispetto alla quale non è stata vietata l’attività mineraria, al contrario prevista dal PRAE, che è strumento generale avente efficacia prevalente.
Rispetto al centro equestre in corso di realizzazione alla località Fossa delle Nevi, risultano poi rispettate le norme sulle distanze ed a tutela dell’attività estrattiva.
10.1- Quanto alla censura di violazione dell’articolo 19 delle Norme di Attuazione del PRAE, perché il Comune di Durazzano non avrebbe mai autorizzato le attività di ricerca estrattiva, la circostanza integra una mera irregolarità che non incide sulla legittimità del procedimento di istituzione del comparto estrattivo nel Comune di Durazzano.
11.- Secondo il Comune di Durazzano, la delibera regionale n. 775 del 2012 sarebbe stata emessa in violazione degli articoli 9 e 24 delle norme di attuazione del PRAE e delle Linee Guida.
Deve rilevarsi in proposito che la Regione Campania ha proceduto non ad alcuna modificazione delle previsioni del PRAE, ma ad una mera specificazione di riserva per il calcare da calce.
Comunque, se anche fosse stata disposta una modifica, questa non potrebbe considerarsi illegittima, in quanto comunque conformi alle previsioni dell’articolo 5 delle N.d.A. del PRAE, che ha efficacia per 20 anni, ma può essere aggiornato ogni 3 anni con una delibera di giunta regionale nel rispetto dei principi generali e dei criteri informatori del piano medesimo.
La questione, peraltro, è stata già affrontata e ritenuta infondata dal TAR.
12.- Per tutte le ragioni esposte, l’appello della s.r.l. Moccia deve essere accolto, sicché vanno respinte le censure accolte dal TAR, mentre vanno respinte le censure assorbite in primo grado e riproposte in questa sede.
Pertanto, in riforma della sentenza appellata, va respinto il ricorso di primo grado n. 1533del 2013.
Le spese del doppio grado di giudizio vanno compensate tra le parti, fermo restando l’obbligo del Comune di Durazzano di restituire all’appellante il contributo unificato effettivamente versato.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) definitivamente pronunciando sull'appello n. 4639 del 2014, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata e previa reiezione delle censure assorbite in primo grado e riproposte in appello, respinge il ricorso di primo grado n. 1533 del 2013 proposto dal Comune di Durazzano.
Compensa le spese del doppio grado di giudizio.
Dispone che il Comune di Durazzano restituisca all’appellante il contributo unificato effettivamente versato,
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 gennaio 2015 con l'intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti, Presidente
Antonio Amicuzzi, Consigliere
Doris Durante, Consigliere, Estensore
Nicola Gaviano, Consigliere
Fabio Franconiero, Consigliere




 
 
L'ESTENSOREIL PRESIDENTE
 
 
 
 
 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 30/04/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

martedì 6 ottobre 2015

DIETA MEDITERRANEA E TERRENI IN USO CIVICO. UNA LINEA DI SVILUPPO.

Convegno internazionale
AMBIENTE, ENERGIA,
ALIMENTAZIONE
Modelli giuridici comparati
per lo sviluppo sostenibile
Roma, 5-6 ottobre
Firenze, 7-8 ottobre 2015
1
ROMA, LUNEDÌ 5 OTTOBRE
Camera dei Deputati

9.00 - 18.30
APERTURA DEI LAVORI E SALUTI ISTITUZIONALI
9.00 - 10.30 Camera dei Deputati, Sala del Refettorio – Biblioteca, Via del Seminario 76
9.00 - 9.30 Registrazione
9.30 - 10.30 Apertura dei lavori e saluti istituzionali
FRANCESCO AVALLONE
Magnifico Rettore, Università degli Studi di Roma Unitelma Sapienza
GIAN LUCA GALLETTI
Ministro dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare
SIMONE BALDELLI
Vice Presidente della Camera dei Deputati
ERMETE REALACCI
Presidente VIII Commissione Ambiente, Territorio e Lavori Pubblici della Camera dei Deputati
GAETANO GOLINELLI
Professore Emerito di Economia e gestione delle imprese Università degli Studi di Roma Sapienza
Presidente Comitato Scientifico CUEIM
LUCA MEZZETTI
Professore di Diritto Costituzionale, Università di Bologna
Presidente della Sezione italiana dell'Istituto Iberoamericano di Diritto costituzionale
I Sessione
TUTELA DELL’AMBIENTE, DEL PAESAGGIO E BIODIVERSITÀ
10.30 - 13.30 Camera dei Deputati, Sala del Refettorio - Biblioteca, Via del Seminario 76
10.30 - 12.00 Presiede
TOMMASO EDOARDO FROSINI
Professore di Diritto Pubblico Comparato, Università degli Studi Suor Orsola Benincasa di Napoli
Relazione introduttiva
L'ambiente tra tutela e promozione nelle Costituzioni democratiche
DOMENICO AMIRANTE
Professore di Diritto Pubblico Italiano e Comparato, Seconda Università di Napoli
O Meio Ambiente e a Biodiversidade como Direitos Humanos no Cenário Supra-Nacional. Uma visão Latino-Americana que Postula por uma Integração Global ao Tema
MARCELO FIGUEIREDO
Professor en Direito do Estado, Pontifícia Universade Católica de São Paulo
Presidente da Associação Brasileira de Constitucionalistas Democratas- ABCD
La protección del medio ambiente en la Constitución argentina
MARCELO LOPEZ ALFONSIN
2
Profesor de Derecho Constitucional, Universidad de Buenos Aires
L'evoluzione del diritto ambientale in Italia
GIAMPAOLO ROSSI
Professore di Diritto Amministrativo, Libera Università "Maria SS. Assunta"- LUMSA, Roma
12.00 - 13.30 Presiede
MARIA ALESSANDRA SANDULLI
Professore di Diritto Processuale Amministrativo, Università degli Studi di Roma Tre
Presidente Associazione Italiana Professori di Diritto Amministrativo
Derecho ambiental internacional
SERGIO DIAZ RICCI
Profesor de Derecho Constitucional, Universidad Nacional de Tucumán, Argentina
Direitos Culturais da Agrobiodiversidade no Brasil
LUIZ GUILHERME ARCARO CONCI
Professore de Derecho Constitucional, Pontifícia Universade Católica de São Paulo e Universidade
de São Bernardo do Campo, Brasile
Paesaggio, ambiente e sviluppo: la via italiana della tutela
PAOLO CARPENTIERI
Consigliere di Stato
Capo Ufficio Legislativo Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo
13.30 - 15.00 Pausa
II Sessione

AMBIENTE, ENERGIA, ALIMENTAZIONE: CONFRONTO TRA ESPERIENZE DIVERSE
15.00 - 18.30 Camera dei Deputati, Palazzo Montecitorio, Piazza Montecitorio 1
3 "atelier" paralleli di lavori

1° Atelier
LA TUTELA GIURIDICA DELLA DIVERSITÀ BIOCULTURALE, L’UNESCO E LA DIETA MEDITERRANEA
Camera dei Deputati, Palazzo Montecitorio, Aula della Commissione VI (Finanze)

15.00 - 18.30 Presiedono
PASQUALE GIUDITTA
Dirigente PQAI V - Comunicazione, Promozione e Valorizzazione
Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali
DONATO LIMONE
Professore di Diritto dell'Informatica - Direttore Dipartimento Scienze Giuridiche ed Economiche
Università degli Studi di Roma Unitelma Sapienza
Intervengono
Tommaso Amico di Meane - Seconda Università di Napoli
Imma Cirillo - Università degli Studi di Roma Unitelma Sapienza
Valentina Colcelli - CNR
Enzo De Falco - Seconda Università di Napoli
Ottavio Di Bella - CUEIM
Giuseppe Di Genio - Università degli Studi di Salerno
Cristina Gazzetta - Università degli Studi Niccolò Cusano – Telematica Roma
Marcelo Lopez Alfonsin - Avvocato
3
Cristiana Mazzuoli - Avvocato
Anna Simonati, Marco Calabrò - Università degli Studi di Trento / Seconda Università di Napoli
Alessandro Zagarella - Università degli Studi di Roma Unitelma Sapienza


2° Atelier
ENERGIE RINNOVABILI, TUTELA DEL PAESAGGIO E SVILUPPO SOSTENIBILE
Camera dei Deputati, Palazzo Montecitorio, Aula della Commissione XI (Lavoro)
15.00 - 18.30 Presiede
GIAMPIERO DI PLINIO
Professore di Diritto Costituzionale, Università di Pescara
Intervengono
Ivano Alogna - Università di Parigi - Università degli Studi di Milano
Daniela Belvedere - Università degli Studi di Messina
Raffaele Bifulco / Elisa Scotti - LUISS Guido Carli, Roma - Università degli Studi di Macerata
Francesca Carpita - Università degli Studi di Pisa
Enrico Cottu - Università degli Studi di Ferrara
Luca Fanotto - Università degli Studi di Bologna
Fiore Fontanarosa - Università degli Studi del Molise
Annalaura Giannelli - Università Telematica Giustino Fortunato
Ylenia Guerra - Università degli Studi di Bologna
Vincenzo Laruffa - Pontificia Università Lateranense
Pietro Masala - Università degli Studi di Sassari
Maria Rodriguez - Universidad Nacional de Tucumán, Colombia
Simona Sasso / Barbara Valenzano - ARPA Puglia
Barbara Valenzano / Emanuela Laterza / Claudio Lofrumento - ARPA Puglia
3° Atelier
TUTELA DELL’AMBIENTE E BIODIVERSITÀ
Camera dei Deputati, Palazzo Montecitorio, Aula della Commissione V (Bilancio)
15.00 - 18.30 Presiede
CARMELA DECARO
Professore di Diritto Pubblico Comparato, LUISS Guido Carli
Intervengono
Gaia Allori - Università degli Studi di Firenze
Vania Aieta / Thiago Jordace - Pontifícia Universidade Católica de São Paulo, Brasile
Sara Benvenuti - Università degli Studi di Firenze
Marcela Blok - Avvocato
Elena Buoso - Università degli Studi di Padova
Gerber Conci - Università PUC Sao Paulo
Francesca Degl’Innocenti - Università degli Studi di Firenze
Francesca Della Rosa - Università degli Studi di Udine
Bruno Di Giacomo Russo - Università degli Studi di Milano - Bicocca
Luca Di Giovanni - Università degli Studi di Firenze
Solange Fatal - Università di Montpellier
Tiziana Fortuna - Università degli Studi di Catania
Valerio Lubello - Università Commerciale Luigi Bocconi, Milano
Greta Massa Gallerano - Università della Calabria
Stella Romano - Università degli Studi di Bologna
4
Pier Marco Rosa Salva - Università degli Studi di Udine
Floriana Santagata - Seconda Università di Napoli
Chiara Sorbello - Università degli Studi di Bologna
Alessandra Tommasini - Università degli Studi di Messina
ROMA, MARTEDI 6 OTTOBRE
Sala delle Lauree, Giurisprudenza, Università Sapienza di Roma, Piazzale Aldo Moro
III Sessione
ENERGIE RINNOVABILI E SVILUPPO SOSTENIBILE
9.00 - 13.00
8.30 - 9.00 Accoglienza partecipanti
9.00 - 10.30 Presiede
ANGELO LALLI
Professore di Diritto Amministrativo, Direttore Master Diritto dell’Ambiente
Università Sapienza di Roma
Relazione introduttiva
Sostenibilità ambientale e Costituzioni: un’analisi comparata
TANIA GROPPI
Professore di Istituzioni di Diritto Pubblico, Università degli Studi di Siena
El desarrollo sustentable en la jurisprudencia de la Corte Interamericana de Derechos Humanos
ANDREA MENSA GONZALES
Profesora de Derecho Constitucional, Universidad de Buenos Aires, Argentina
Approccio sistemico, sviluppo sostenibile, impresa
GAETANO GOLINELLI
Professore Emerito di Economia e Gestione dell’Impresa, Università Sapienza di Roma
A responsabilidade do financiador na proteção ao meio ambiente
JOAQUIM CERQUEIRA CÉSAR
Advogado em São Paulo e Doutor em Direito, Pontifícia Universade Católica de São Paulo
10.30 - 11.00 Pausa
11.00 - 12.30 Presiede
BENIAMINO CARAVITA DI TORITTO
Professore di Istituzioni di Diritto Pubblico, Università Sapienza di Roma
L’Italia verso Parigi 2015: le politiche nazionali contro i cambiamenti climatici
FRANCESCO LA CAMERA
Direttore Generale per lo Sviluppo Sostenibile, Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio
e del Mare
La tutela del medio ambiente en el ordenamiento constitucional colombiano
EDUARDO ANDRES VELANDIA CANOSA
Profesor de Derecho Constitucional, Universidad Libre Bogotà, Colombia
Presidente della Associazione Mondiale di Giustizia Costituzionale
5
As manifestações culturais no Brasil e a proteção de seus Tribunais
PATRICÍA ROSSET
Doutora em Direito pela Pontifícia Universade Católica de São Paulo, Brasile
Diretora - Presidente do Instituto Legislativo Paulista
Le energie rinnovabili tra Stato e Regioni in Italia tra mercato e ambiente
LORENZO CUOCOLO
Professore di Diritto Pubblico Comparato, Università Commerciale Luigi Bocconi Milano
12.30 - 13.30 Rapporto degli Atelier
relazione di sintesi da parte dei Presidenti degli Atelier
CARMELA DECARO
Professore di Diritto Pubblico Comparato, LUISS Guido Carli
GIAMPIERO DI PLINIO
Professore di Diritto Costituzionale, Università degli Studi di Chieti-Pescara
DONATO LIMONE
Professore di Diritto dell’informatica, Università degli Studi di Roma Unitelma Sapienza
13.30 Chiusura della Sessione
FIRENZE, MERCOLEDÌ 7 OTTOBRE
Palazzo Incontri, Via dei Pucci 1, Sala verde
9.00 - 19.00
IV Sessione
IL DIRITTO AL CIBO TRA TUTELA DELLA SALUTE, BIOTECNOLOGIE
E SICUREZZA ALIMENTARE
9.30 - 13.30
9.00 - 9.30 Accoglienza partecipanti
9.30 - 10.00 Apertura dei lavori
GINEVRA CERRINA FERONI
Vice Presidente Fondazione CESIFIN Alberto Predieri
Professore di Diritto Pubblico Comparato, Università degli Studi di Firenze
UMBERTO TOMBARI
Presidente Ente Cassa di Risparmio di Firenze
Professore di Diritto Commerciale, Università degli Studi di Firenze
DARIO NARDELLA *
Sindaco di Firenze
ALBERTO TESI
Magnifico Rettore Università degli Studi di Firenze
10.00 - 11.30 Presiede
EVA ROOK BASILE
Professore di Diritto Agrario, Università degli Studi di Siena
Relazione introduttiva
Il Diritto al Cibo nelle Costituzioni del mondo
LUCA MEZZETTI
6
Professore di Diritto Costituzionale, Università di Bologna
Presidente della Sezione italiana dell'Istituto Iberoamericano di Diritto Costituzionale
El derecho al agua como derecho humano fundamental
CALOGERO PIZZOLO
Profesor de Derecho Constitucional - Catedrático Jean Monnet, Universidad de Buenos Aires
Direito à Alimentação, Transferência de Renda e Progressividade
ROBERTO BAPTISTA DIAS DA SILVA
Profesor de Derecho Constitucional, Pontifícia Universade Católica de São Paulo
Coordenador do Curso de Direito da FGV-SP
11.30 - 12.00 Pausa caffè
12.00 - 13.30 Presiede
AUGUSTO MARINELLI
Professore di Estimo Forestale ed Ambientale, Università degli Studi di Firenze
Direttore Responsabile della Rivista Aestimum
La sovranità alimentare: profili di diritto costituzionale comparato
ANGELO RINELLA
Professore di Diritto Pubblico Comparato
Direttore Dipartimento di Giurisprudenza Libera Università "Maria SS. Assunta"- LUMSA, Roma
Las categorías sospechosas de inconstitucionalidad, pobreza y derecho a la alimentación
JORGE ALEJANDRO AMAYA
Profesor de Derecho Constitucional, Universidad de Buenos Aires
OGM tra scienza e diritto. Un punto di vista costituzionale
ANTONIO D’ALOIA
Professore di Diritto Costituzionale, Università degli Studi di Parma
13.30 - 14.30 Pausa pranzo
CARTA DI MILANO
NUTRIRE IL PIANETA, ENERGIE PER LA VITA
15.00 - 16.00 Palazzo Incontri, Via dei Pucci 1, Sala verde
Intervengono
GIUSEPPE MORBIDELLI
Presidente Fondazione CESIFIN Alberto Predieri
Professore di Diritto Amministrativo, Università Sapienza di Roma
PIER LUIGI PETRILLO
Professore di Diritto Pubblico Comparato, Università degli Studi di Roma Unitelma Sapienza
7
V Sessione
SICUREZZA ALIMENTARE, IDENTITÀ TERRITORIALI
16.00 - 19.00
3 "atelier" paralleli di lavori
1° Atelier
DIRITTO AL CIBO E SOVRANITÀ ALIMENTARE
Sala Dante
16.00 - 19.00 Presiede
ANDREA MORRONE
Professore di Diritto Costituzionale, Università degli Studi di Bologna
Intervengono
Antonio Bellizzi di San Lorenzo - Università degli Studi di Firenze
Barbara Lilla Boschetti - Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano
Luca Buscema - Università degli Studi di Messina
Tanja Cerruti - Università degli Studi di Torino
Ludovica Chiussi - Università di Oslo
Laura De Gregorio - Università degli Studi di Firenze
Mirko Della Malva – Università degli Studi di Milano
Caterina Drigo - Università degli Studi di Bologna
Veronica Federico - Università degli Studi di Firenze
Antonio Gusmai - Università del Salento
Maria Mocchegiani - Università degli Studi di Bologna
Valeria Paganizza – Università degli Studi di Ferrara
Francesca Polacchini - Università degli Studi di Bologna
Claudio Sciancalepore - Università degli Studi di Bari Aldo Moro
2° Atelier
SICUREZZA ALIMENTARE E TUTELA DELLA SALUTE
Sala Pietà
16.00 - 19.00 Presiede
GIOVANNI TARLI BARBIERI
Professore di Diritto Costituzionale, Direttore Dipartimento Scienze Giuridiche
Università degli Studi di Firenze
Intervengono
Lorenzo Bairati / Barbara Pasa - Università degli Studi di Scienze Gastronomiche, Bra (Cuneo) / Università degli Studi di Torino
Carla Bassu - Università di Sassari
Carlo Bottari - Università degli Studi di Bologna
Daniela Corona - College of Europe
Luca di Donato - LUISS Guido Carli Roma
Alessandra Forti - LUM Casamassima
Luis Gonzalez Vaque - Vicepresidente Asociación Iberoamericana para el Derecho Alimentario 8
(AIBADA)
Andrea Iurato - Università degli Studi di Pavia
Nicola Lucifero - Università degli Studi di Firenze
Antonietta Lupo - Università degli Studi di Messina
Francesco Martines - Università degli Studi di Messina
Edoardo Mazzanti - Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa
Pietro Milazzo - Università degli Studi di Pisa
Francesca Minni - Università degli Studi di Bologna
Alessandro Oddi - Università degli Studi di Ferrara
Margherita Poto - Università degli Studi di Torino
Giada Ragone - Università Ca' Foscari Venezia
Luigi Rufo - Università degli Studi di Bologna
Roberto Saija - Università degli Studi "Mediterranea" di Reggio Calabria
Laura Salvi - Centre for Environmental, Ethical, Legal and Social Decisions on Emerging Technologies (CIGA) - Università degli Studi di Padova
Giuliana Strambi / Maria José Cazorla Gonzales - Istituto di Diritto Agrario Internazionale e Comparato CNR
3° Atelier
PRODOTTI TIPICI E IDENTITÀ TERRITORIALE
Sala stampa
16.00 - 19.00 Presiede
GIAN FRANCO CARTEI
Professore di Diritto Amministrativo
Università degli Studi di Firenze
Intervengono
Silvia Bolognini - Università degli Studi di Udine
Eugenio Caliceti - Università degli Studi di Trento
Marta Cerroni - Università degli Studi di Siena
Francesco Gallarati - Università degli Studi di Genova
Federica Girinelli - Università degli Studi di Teramo
Francesca Leonardi - Università degli Studi di Roma Tor Vergata
Giovanna Mastrodonato - Università degli Studi di Bari
Leandro Moura da Silva - Università degli Studi di Roma Tor Vergata
Alberto Quintavalla - European College
Edoardo Raffiotta - Università degli Studi di Bologna
Andrés Rossetti - Università di Cordoba
Francesca Spagnuolo - Scuola Superiore Sant’Anna
Alice Villari - Università Sapienza di Roma
Stefano Villamena / Pamela Lattanzi - Università degli Studi di Macerata
9
FIRENZE, GIOVEDÌ 8 OTTOBRE
Sede Accademia dei Georgofili, Loggiato degli Uffizi
9.00 - 14.00
VI Sessione
PRODUZIONI TIPICHE E TUTELA DELLE IDENTITA' TERRITORIALI
9.00 - 14.00
8.30 - 9.00 Accoglienza partecipanti
9.00 - 11.00 Indirizzo di saluto
GIAMPIERO MARACCHI
Presidente della Accademia dei Georgofili
Emerito di Agrometeorologia e Climatologia
dell'Università degli Studi di Firenze
PIERLUIGIMONCERI
Responsabile Direzione Regionale Toscana, Umbria, Lazio e Sardegna
Intesa Sanpaolo
Presiede
STEFANO GRASSI
Professore di Istituzioni di Diritto Pubblico, Università degli Studi di Firenze
Principio di sussidiarietà e valorizzazione delle tipicità
GIUSEPPE FRANCO FERRARI
Professore di Diritto Pubblico Comparato, Università Commerciale Luigi Bocconi
Direttore della Rivista “Diritto Pubblico Comparato ed Europeo”
Economías regionales y denominación de origen
VICTOR IBAÑEZ ROSAZ
Profesor de Derecho Constitucional , Universidad Nacional de Cuyo
La Denominazione di Origine Controllata e il suo contributo allo sviluppo sostenibile
ÍCARO DEMARCHI ARAÚJO LEITE
Doutorando em Direito pela Universidade de São Paulo e Alma Mater Studiorum, Bologna
La proteccion de las indicazione geograficas en el sistema juridico mexicano: denominaciones de origen y marcas colectivas
MANUEL CORADO DE PAZ
Universita' Autonoma di Chiapas Universidad Autónoma de Chiapas, México
11.00 - 11.20 Pausa caffè
11.20 - 13.00 Presiede
IDA NICOTRA
Professore di Diritto Costituzionale, Università degli Studi di Catania
Membro dell'Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC)
Marchi e denominazioni. Tutela del Made in Italy e garanzie per il consumatore
EMILIO GATTO
Direttore Generale della Direzione generale per la promozione della qualità agroalimentare e dell'ippica (DIQPAI), Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali
10
La identidad cultural de los pueblos indígenas
PABLO MANILI
Profesor de Derecho Constitucional, Universidad de Buenos Aires
Universidad Argentina John F. Kennedy
Globalizzazione e prodotti del territorio
GIAMPIERO MARACCHI
Presidente della Accademia dei Georgofili,
Emerito di Agrometeorologia e Climatologia, Università degli Studi di Firenze
12.30 - 13.30 Rapporto degli Atelier
Relazione di sintesi degli Atelier a cura di
ANDREA MORRONE
Professore di Diritto Costituzionale, Università degli Studi di Bologna
GIOVANNI TARLI BARBIERI
Professore di Diritto Costituzionale, Direttore Dipartimento Scienze Giuridiche
Università degli Studi di Firenze
GIAN FRANCO CARTEI
Professore di Diritto Amministrativo, Università degli Studi di Firenze
13.30 - 14.00 Conclusioni generali
Ambiente, energia, alimentazione: quali modelli giuridici per lo sviluppo sostenibile?
GIUSEPPE DE VERGOTTINI
Emerito di Diritto Pubblico Comparato dell’Università degli Studi di Bologna
14.00 Chiusura dei lavori
___________________________________________________________________________________________
Coordinamento scientifico:
Ginevra Cerrina Feroni, Luca Mezzetti, Pier Luigi Petrillo
Comitato scientifico:
Ginevra Cerrina Feroni, Marcello Figuereido, Tommaso Edoardo Frosini, Gaetano Golinelli, Luca Mezzetti, Giuseppe Morbidelli, Pier Luigi Petrillo, Calogero Pizzolo
Comitato organizzatore:
Unitelma Sapienza: Alessandro Zagarella, Tommaso Amico di Meane, Imma Cirillo
Fondazione CESIFIN Alberto Predieri: Monica Degl’Innocenti, Grazia Cappellini 11

lunedì 28 settembre 2015

CAVE E USI CIVICI. IL PROBLEMA DISCUSSO IN TOSCANA PER LE ESCAVAZIONI DI MARMO

OSSERVAZIONI ALLA PROPOSTA DI LEGGE REGIONE TOSCANA IN MATERIA DI DEMANIO COLLETTIVO CIVICO E DIRITTI DI USO CIVICO ALLEGATO TECNICO



L’osservazione preliminare che si impone nei confronti del disegno di legge della regione Toscana attiene all’aspetto della vantata titolarità della competenza legislativa regionale, pretesa che condiziona la legittimità di quelle disposizioni della Proposta di iniziativa della Giunta Regionale che mirano a modificare enti ed istituti di rilievo costituzionale, disciplinati dalla Legge dello Stato. È opinione condivisa da autorevoli studiosi che i principi fondamentali della Legge dello Stato n.
1766/1927 siano inderogabili per quanto riguarda il regime giuridico della proprietà collettiva di uso civico, in quanto la natura di questa normativa è, per l’appunto, di rilievo costituzionale: l’art.43  della  Costituzione  introduce  una  terza  forma  di  appartenenza  dei  beni  che  intanto  è collettiva, perché riferita ad una comunità di utenti, ma è anche indipendente dal titolo proprietario pubblico e privato. Una delle tante conferme della suddetta tesi è riscontrabile nel Trattato “Natura Costituzionale degli Usi Civici” di GIUSEPPE DI GENIO (Giappichelli Editore).

Si deve pertanto dissentire in merito allaffermazione, contenuta nella Relazione Illustrativa al Progetto di Legge, secondo cui “la materia è ascrivibile alla potestà legislativa residuale delle regioni ai sensi del comma quarto dell’art. 117 della Costituzione.”

È pur vero che con l’attuazione dell’ordinamento regionale, che ebbe luogo con la legislazione delegata sul decentramento amministrativo degli anni 70 (D.P.R. n. 11/1972 e  D.P.R. n. 616/1977) le funzioni amministrative in materia di usi civici (che la Legge del 1927 aveva assegnato ai Commissari per la liquidazione degli usi civici ed al Ministero dell’Agricoltura e delle Foreste) sono state attribuite alle Regioni per effetto del trasferimento alle stesse delle competenze nella materia dell “agricoltura e foreste” (comprensivo dell’aspetto gestionale degli usi civici).
Nessuna obiezione, dunque, in ordine alla competenza legislativa regionale per la regolamentazione dell’esercizio delle funzioni amministrative in materia ed in particolare per la disciplina del funzionamento degli enti di gestione: Comuni, Associazioni Agrarie, Amministrazioni separate (frazionali) dei beni di uso civico. Al contrario, si deve dissentire in merito alla pretesa, proclamata dal Legislatore regionale e messa in atto con la redazione del progetto di intervento legislativo, di abrogare e modificare gli ordinamenti e gli istituti delineati dalla legge statale, che sono considerati di rango e portata costituzionale.

Si rammenta, infatti, che secondo l’orientamento oramai pacifico della dottrina e della giurisprudenza, la potestà legislativa della Regione nella materia in questione trova un limite insuperabile sia nella riconosciuta  valenza ambientale e paesaggistica, attribuita alle terre di uso civico (dalla Legge Galasso del 1985 e dal Codice dei beni Culturali e del Paesaggio D. Lgs. n. 42 del 2004- confermata dalla Corte Costituzionale con Sentenza 10 Maggio 1995 n. 156), ma soprattutto nel fatto che la Legge del 1927 ed il Regolamento di attuazione del 1928 disciplinano istituti che attengono alla materia dell’“ordinamento civile”, la cui disciplina spetta alla legislazione  esclusiva  dello  Stato,  secondo  quanto  decretato  dall’art.  117,  comma  secondo, lettera “l” della Costituzione della Repubblica Italiana.

Stante quanto premesso, sembra opportuno accogliere l’ammonimento di qualificati giuristi e studiosi, i quali consigliano di mantenere i principi e gli istituti tradizionali che contraddistinguono lo speciale regime della proprie collettiva di demanio civico, limitando lintervento legislativo ad una opportuna regolamentazione delle funzioni amministrative esercitate dalla Giunta regionale e dagli enti di gestione previsti dalla legge statale.
Tra le tante, si cita la significativa ed autorevole opinione del Prof. PAOLO GROSSI, giudice costituzionale, ma soprattutto giurista e storico del diritto che molto ha dedicato allo studio di quelle


forme collettive di appropriazione fondiaria che lo stesso, richiamando una citazione di Carlo
Cattaneo, ha definito “Un altro modo di possedere”.
In ogni occasione nella quale il giurista è stato invitato ad esprimere il proprio parere sui progetti di legge statali e regionali che da decenni si susseguono, lo stesso ha sempre coerentemente esortato i proponenti a rispettare la proprietà collettiva così come tramandata fino ad oggi per consuetudini immemorabili sedimentate nella lunga durata ed espressione fedele di esperienze plurisecolari.Nell’intervento al Convegno “Demani Civici e risorse ambientali” organizzato nel 1991 a Viareggio dall’ associazione “Centro Cervati di Seravezza”, il Prof. Paolo Grossi così introduceva la propria Relazione:
“L'amico Natoli si domandava un momento fa se sussistono ancora in Italia degli usi civici. Certamente non ne resterà traccia, se gli sciagurati progetti di legge, che il nostro Parlamento sta custodendo gelosamente nei suoi scrigni, diventeranno legge dello Stato. Sappiatelo: ho accettato di partecipare a questo Convegno anche per un senso di sgomento, profondo sgomento, che la consultazione di molti dei progetti di legge ha suscitato in me, e come giurista, e come storico del diritto. Come giurista, per la insipienza tecnico-giuridica di cui sono infarciti; come storico del diritto per la incultura clamorosa che dimostrano. Ho purtroppo l'impressione che questi progetti siano l'ultima di una serie di testimonianze di assoluta incomprensione verso il problema e la realtà delle proprietà collettive in Italia, e che ancora oggi, anno 1991, noi siamo di fronte a un procedimento psicologicamente identico, almeno nella psicologia del legislatore, a quei procedimenti legislativi di cui è costellata la storia giuridica dell'Ottocento italiano.” (si veda pagina 5 degli Atti del Convegno pubblicati da Jovene Editore 1993 ).

Tale convincimento è stato più volte ribadito dal Prof. Grossi, come nell’Intervento al Convegno
“Aspetti Storico-giuridici degli usi civici” tenutosi a Firenze, presso l’Accademia dei Georgofili, il
30 Giugno del 2005: “La nostra è una materia che mal sopporta l’invadenza del Legislatore odierno. Si riduca, dunque, al minimo linteventismo legislativo, e riprendendo l’argomento in occasione di altra giornata di Studi, a Porretta Terme, sempre nell’anno 2005, allorché l’insigne giurista fiorentino ha fatto ammonimento ai legislatori: “
“Dobbiamo temere il legislatore, sia nazionale, sia regionale, giacché è stato sempre portatore di inique incomprensioni. Ricordo che, anni fa, parlando a Trento nel Centro diretto da Nervi e avendo di fronte autorevoli parlamentari ed esponenti della Regione e delle Province Autonome di Trento e di Bolzano, io ebbi la sacrosanta sfrontatezza di affermare: a Voi legislatori io chiedo su questo tema e gli assetti agrarii collettivi una sola legge formata da un solo articolo; e in questo articolo deve esserci una secca previsione, l’unica rispettosa della loro ricchezza storica: Stato, Regione, Province Autonome, per la loro regolamentazione, rinviano alla disciplina delle consuetudini immemorabili sedimentate nella lunga durata ed espressione fedele di esperienze plurisecolari.
Guai se il legislatore si impiccia di queste realtà storiche, magari pretendendo di misurarle con i suoi metri centralistici, il metro per esempio – dell’illuminismo giuridico e del Codice civile, fondati su una tradizione, quale quella romana e romanistica, imperniata sulla nozione di proprietà individuale. Vi accennava, giustamente, Maire-Vigueur nella sua Relazione introduttiva. Fu la visione falsante che ebbe un grande Principe settecentesco, il nostro intelligente e coltissimo granduca PietroLeopoldo, di cui ci ha parlato Vivoli con tanta acutezza. Qui siamo, invece, di fronte a ‘un altro modo di possedere’, a un canale – modesto ma originale e originario – che ha scorso appartato e diverso accanto al grande canale del diritto ufficiale degli Stati. Di questa diversità ci si deve render conto prima di sancire spicciative e ingiustificate liquidazioni. In una
civiltà, quale la nostra, così sensibile al rispetto delle diversità, deve esserci posto anche per il
rispetto che a noi preme.”

Ebbene, non sembra che l’attuale proposta di legge regionale – che pure è stata preceduta da un iter di consultazioni e da appositi Convegni e Seminari organizzati dalla Giunta Regionale Toscana


(Giornata di studio: “Gli usi civici oggi” Accademia dei Georgofili Firenze 30.06.2005; Seminario: “I Beni Civici” Firenze 29 Giugno 2012 per la presentazione del progetto di legge in questione) – abbia recepito le raccomandazioni e gli insegnamenti del Prof. Paolo Grossi.

Al contrario, le esortazioni dell’insigne giurista sono state ancora una volta disattese dal Legislatore Toscano che – nonostante le osservazioni già presentate in ordine alla dubbia legittimità di alcune disposizioni del disegno di legge dimostra di non prendere in seria considerazione la possibilità che lintento di travalicare, nella materia della proprie collettiva di uso civico, i limiti imposti dalla Costituzione e dalla Legge ordinaria dello Stato, esponga l'operato dell'Ente Regionale al vaglio dei Giudici della Corte Costituzionale, come già accaduto per altri casi in cui la Regione ha preteso di legiferare in materia senza tenere conto del corretto assetto della ripartizione di competenze  tra  Stato  e  Regioni.  Così  è  avvenuto  di  recente  con  la decisione assunta in data
04.10.2013 dal Consiglio dei Ministri   di impugnare innanzi alla Corte Costituzionale alcune norme della Legge Regione Sardegna n. 19/2013, in tema di demanio civico.
Per un resoconto più dettagliato della vicenda, si rinvia all'articolo pubblicato sul sito web “Gruppo di Intervento Giuridico onlus” (All. 1), da cui si apprende come il tentativo di rinnovare il “sacco dei demani civici” venga attuato dalla Regione Autonoma della Sardegna con l'emanazione di una norma del tutto illegittima e palesemente incostituzionale (art. 1) che pretenderebbe di introdurre, così come quella analoga della Regione Toscana, la sdemanializzazione di fatto delle terre di uso civico.



***
Entrando nell’esame specifico dell’articolato proposto dalla Regione Toscana, si nota immediatamente una palese contraddizione tra il contenuto dei due commi di cui si compone  lArt.
1, che intende definire l’oggetto della legge.
Mentre al comma 1, il legislatore regionale sembra voler rassicurare che La legge si limita come pienamente legittimo ad esercitare le competenze della Regione in materia, mediante l'attuazione e regolamentazione delle funzioni amministrative ad essa attribuite (“La presente legge disciplina l’esercizio delle funzioni amministrative in materia di demanio collettivo civico e diritti di uso civico”), al secondo comma affianca una disposizione certamente incostituzionale, perché viola la competenza legislativa statale, peraltro con la pretesa di abrogare istituti e procedimenti disciplinati dalla Legge del 1927 e relativo Regolamento, e con il risultato di avallare indiscriminate sanatorie di  occupazioni  abusive  di  beni  immobili  originariamente  civici,  mediante  una sdemanializzazione di fatto.   “ART. 1 comma - “La presente legge non si applica ai beni immobili originariamente civici che hanno perso definitivamente e irreversibilmente l’antica destinazione civica, i quali acquisita natura privata, siano conferiti dai proprietari in comunione o in condominio.”
Dall’interpretazione della disposizione di cui al secondo comma, art. 1, dell’articolato toscano, sembrerebbe di capire che qualora loriginaria destinazione civica sia di fatto venuta meno- in quanto la terra collettiva non ha più natura boschiva o agricola (pascolo e coltivo), essendo attualmente utilizzata   per fini produttivi o edificatori che ne hanno determinato lirreversibile trasformazione  il bene immobile perda l’antica qualitas civica e venga ad acquisire, a tutti gli effetti, la natura di proprietà privata.
In altri termini, si verrebbe a configurare una sdemanializzazione di fatto della terra “originariamente civica” e  la traslazione di questa nel regime privatistico (allodio), ogni qual volta fosse accertato che, in conseguenza dell'intervenuta trasformazione fisica della stessa è venuta meno, in modo irreversibile, la destinazione civica per l’impossibilità di esercitare gli usi collettivi. Tutto questo in barba all'osservanza delle rigorose procedure prescritte dalla legge statale per la legittimazione delle abusive occupazioni dei beni di uso civico e per l'eccezionale previsione del mutamento di destinazione.


Se tale fosse la ratio della norma, si porrebbe una questione di contrasto con il dettato della Legge n.
1766 del 1927, la quale ha codificato il principio del necessario accertamento amministrativo ed (eventualmente) giurisdizionale della natura delle terre di origine comune occupate da privati. Le disposizioni di cui all’art. 9 della Legge n.1766 del 1927 e 25 del Regolamento n. 332 del 1928 stabiliscono,infatti, che sia da qualificare occupatore abusivo di terre di uso civico chiunque, trovandosi nel possesso di terre di origine comune, non sia in grado di produrre a giustificazione del suo possesso un titolo, ovvero questo non sia riconosciuto valido a norma delle leggi vigenti in ciascuna regione all’epoca dell’atto di conversione del bene demaniale civico in allodio (Cass. 18
Marzo 1949 n.601  in Giur. Cass. Civ. 1949, II, 142).
Le procedure prescritte dalla Legge dello Stato per la sistemazione dei beni civici non possono essere vanificate né derogate dalla legge regionale, cosicché nell'ipotesi in cui si siano verificate occupazioni di terre, per le quali sussista la presunzione che si tratti di beni originariamente civici”, si impone l'avvio del procedimento amministrativo previsto dagli artt. 9 e 10 della Legge 1766/1927, che si conclude o con il provvedimento di Legittimazione ovvero con quello della Reintegra, istituto che comporta la restituzione delle terre “al Comune, all'associazione o alla frazione del Comune, a qualunque epoca l'occupazione di esse rimonti”.

Dunque, mentre l’esito del procedimento di verifica demaniale delle terre civiche occupate è normalmente quello del provvedimento di reintegra, a   tale   regola   fa eccezione l’istituto della Legittimazione di cui all’art. 9 della Legge 1766/1927 (che è parte essenziale di quel corpo giuridico definito dal Prof. Paolo Grossi   come consuetudini immemorabili sedimentate nella lunga durata ed espressione fedele di esperienze plurisecolari), la quale consente per l’appunto, eccezionalmente di regolarizzare le occupazioni abusive ultradecennali di terreni di demanio civico di natura agricola, quando siano stati migliorati in modo sostanziale e permanente da parte dell’occupante e non interrompano la continuità del demanio civico.
Pertanto, nella vigenza della Legge n. 1766 del 1927, non c’è spazio per una sdemanializzazione di fatto di beni immobili originariamente civici”, che è assolutamente esclusa con riguardo allo speciale  regime  della  proprietà  collettiva,  secondo  quanto  chiarito  ripetutamente  dalla  Corte Suprema (da ultimo con la sentenza del 28 Settembre 2011 n. 19792) e dalla recente Sentenza della Corte di Appello di Roma, Sezione Speciale Usi civici, in data 5 Giugno 2013.
In conclusione, l’assunto secondo cui sarebbero da qualificare di “natura privata” le terre che per qualsiasi storico evento o circostanza avessero “perso definitivamente e irreversibilmente l’antica destinazione civica”, non trova fondamento e sostegno nei principi e nelle norme che informano  lo speciale regime del demanio civico: non è certamente condivisibile che lo stato di fatto del mutamento di destinazione sia di per sufficiente a determinare la sdemanializzazione del bene civico. Difatti, anche qualora per effetto dell’abusiva occupazione – si sia determinata in modo irreversibile una trasformazione della terra collettiva di demanio civico, mediante il consolidamento dell’impossibilità fattuale di un utilizzo della stessa secondo l’uso civico cui la stessa era originariamente  destinata,  non  si  può  configurare  una  sdemanializzazione  o  “sclassificazione”, senza che la qualità allodiale delle terre originariamente civiche sia stata accertata con sentenza passata in giudicato ovvero sia stato perfezionato il procedimento amministrativo di legittimazione delle abusive occupazioni di beni civici, disciplinato dagli artt. 9 e 10 della Legge n. 1766 del 1927. È importate ribadire che, fino a quando resteranno in vigore i capisaldi del diritto demaniale codificati nella più volte richiamata Legge dello Stato, tutte le occupazioni di terre originariamente civiche dovranno sottostare al vaglio, caso per caso, del procedimento amministrativo di verifica demaniale e/o di quello giurisdizionale. Il principio appena esposto é, peraltro, unanimemente recepito dai giudici che, a vario titolo, si sono occupati della questione. Tra le numerose pronunce in tal senso, si ritiene opportuno segnalare la recente Sentenza del T.A.R. Lazio del 07.02. 2013 n.
1369, allegata in forma integrale alle presenti annotazioni (All. 2) di cui si riporta un breve estratto: “Come ripetutamente affermato in giurisprudenza, i beni gravati da usi civici debbono essere, infatti, assimilati ai beni demaniali. La particolarità del regime cui sono sottoposti i beni in esame determina che, al di fuori dei procedimenti di liquidazione dell'uso civico e prima del loro formale


completamento, la preminenza del pubblico interesse che ha impresso al bene immobile il vincolo dell'uso civico, ne vieta ogni circolazione (cfr., in tal senso, Cass. Civ., Sez. III, 28 settembre 2011, n. 19792; T.R.G.A., 17 ottobre 2005 n. 284) e, pertanto, ogni atto di cessione tra privati di un tale bene pur se riconosciuto come intervenuto é affetto da nullità (Cass. Civ., Sez. III, 3 febbraio
2004 n. 1940). In altre parole, in materia di terreni soggetti ad uso civico non possono costituirsi proprietà private senza un titolo proveniente dall'autorità che ha il potere di disporne (principio questo cui si riconnette, tra l'altro, anche l’irrilevanza di stati di prolungato possesso Trib. Cassino, 7 aprile 2010; App. Roma, Sez. IV, 8 novembre 2006)”.
In conclusione, nonostante la progressiva tendenza della Legislazione regionale ad attenuare i vincoli derivanti dal regime speciale dettato dalla Legge 1766 del 1927, con tentativi di agevolare le procedure di liquidazione dei beni civici, la Suprema Corte continua a ribadire che “non può ammettersi una c.d. sdemanializzazione di fatto.” (Cass. Sez. 3 Civ., Sent. 28 Settembre 2011 n.
19792).

Preoccupa  che  agli  amministratori  della  Regione  Toscana,  così  attenti  alla  tutela  dei  beni ambientali, paesaggistici e culturali, nonché pervicaci difensori dei diritti delle comunità locali, sia sfuggito come la norma, di cui al secondo comma dell’art. 1 del progetto di Legge, sia in palese contrasto con i principi della legge nazionale e si presti ad incentivare lo smantellamento di fatto di patrimoni collettivi di rilevante interesse storico-giuridico, particolarmente “appetibili” per il loro valore commerciale. È notorio che sono in atto da decenni, in Toscana, vertenze promosse dalle collettività proprietarie per la rivendica delle terre civiche usurpate da privati occupatori per destinarle ad attività industriali (come sulle Apuane, per l’escavazione del marmo) o edilizie. Sovente si tratta di aree di rilevante valore naturale e paesaggistico, come quelle ricomprese in Parchi montani ed isolani, e non mancano abusi posti in essere dalla pubblica amministrazione con il pretesto di perseguire l’interesse pubblico. Classico è poi il conflitto fra l’ente Comune, che pretende di essere proprietario a titolo patrimoniale della terra collettiva, e le comunità frazionali che sono le dirette eredi delle originarie comunità di villaggio, che ab antiquo possedevano i boschi, pascoli e coltivi. Queste vicende sono frutto della tendenza liquidatoria delle proprietà collettive che negli ultimi decenni si è progressivamente accentuata per effetto del “nuovo dinamismo economico,connesso alla rapida espansione urbana e allo sviluppo industriale”... che “ valorizza sempre nuove fasce di territorio e ne modifica profondamente la destinazione d’uso in chiave edificatoria” e di produzione intensiva (F. CARLETTI, Attualità del regime demaniale e prospettive di riforma, Relazione al Convegno di Viareggio del 1991). Ma un ulteriore aspetto di ordine politico-economico ha contribuito, più recentemente, all’accelerazione della spinta liquidatoria: l’interesse delle amministrazioni comunali ad incamerare i beni civici delle collettività, per poterne disporre quali beni patrimoniali dell'ente da alienare senza vincoli per ripianare i bilanci deficitari.

È convinzione diffusa che gli interventi legislativi in materia della Toscana e della Sardegna siano mossi da un comune disegno politico, cosicché la sorte dell’uno possa in qualche misura condizionare la  riuscita dell’altro.
I termini usati nell’art. 3 della Legge Regione Sardegna n. 19/2013 etichettata dal Gruppo di intervento Giuridico e da quello degli Amici della terra come il “Nuovo editto delle chiudende”, sono analoghi a quelli della criticata disposizione del progetto toscano: “Costituiscono oggetto di sclassificazione del regime demaniale civico in sede di ricognizione generale e straordinaria”… “i casi in cui i terreni sottoposti ad uso civico abbiano perso la destinazione funzionale originaria di terreni pascolativi o boschivi ovvero non sia riscontrabile documentabile la originaria sussistenza del vincolo demaniale.”
Il contrasto della norma sarda con il regime della legge n. 1776/1927 è aggravato ulteriormente dal fatto che la stessa, addirittura, inverte l’onere della prova della qualitas soli, così come regolato nei procedimenti disciplinati dalla normativa statale: infatti, nei giudizi di rivendica promossi dall’ente di imputazione della collettività per il recupero del bene usurpato, vige il principio secondo cui l’occupatore ha l’onere di provare il suo possesso con titolo valido ed idoneo, non avendo valore


probatorio il solo fatto materiale invocato a difesa (possideo quia possideo).
I due disegni di legge probabilmente si propongono di affrontare e risolvere in modo originale (discostandosi dalle collaudate regole che hanno consentito nei secoli la conservazione del demanio civico) quelle situazioni nelle quali le terre civiche abbiano perduto l’originaria conformazione fisica e la destinazione funzionale agro-silvo pastorale, tuttavia con il ricorso allo strumento della c.d. “sdemanializzazione” di fatto ottengono il risultato di facilitare la privatizzazione ex lege e la messa in commercio dei beni civici, secondo quella tendenza liquidatoria delle comunità storiche e delle risalenti forme di originaria apprensione e gestione collettiva delle terre, bollata con parole di forte biasimo dal Prof. Paolo Grossi.

L’eventuale “sanatoria” delle aree di fatto sottratte all’uso collettivo civico non può essere rimessa sic et simpliciter all'istanza dell’occupatore ed alla decisione del funzionario regionale di turno, ma si deve prevedere, in conformità alla legislazione statale, una procedura di sdemanializzazione ad iniziativa dellente di imputazione che ne autorizzi lalienazione.
Secondo un suggerimento, che l’ente regionale dovrebbe prendere in considerazione al fine di salvaguardare  per  le  future  generazioni  una  sufficiente  estensione  di  territorduso civico, il progetto di legge potrebbe prevedere un meccanismo di compensazione “in natura” della perdita subita dalle collettività per effetto delle alienazioni autorizzate ex art. 12 della Legge 1766/1927: alle stesse potrebbero essere attribuite terre private da conferire nel regime giuridico del demanio civico in sostituzione dei suoli venduti sul presupposto delle loro inidoneità ad essere destinati all’esercizio degli usi collettivi (fondi trasformati da insediamenti residenziali e produttivi ovvero occupati da opere pubbliche).
Per una più puntuale rassegna della giurisprudenza, si ritiene utile allegare la Sentenza del T.A.R. Campania del 06.02. 2012 n. 174 in forma integrale (All. 3), che rende corretta interpretazione della normativa statale relativa alle alienazioni dei beni di uso civico (art. 12 Legge 1766/1927), e la Sentenza 26.03.2013 n. 1698 del Consiglio di Stato (All. 4), in tema di “mutamento di destinazione”, con un breve ma significativo commento di Mezzacapo Salvatore (All. 5).
***
Stante l’attuale operatività dei principi sopra esposti, è auspicabile che il progetto di legge Giunta Regionale Toscana sia circoscritto alla regolamentare delle funzioni in materia, alla stessa trasferite, così come ha fatto, a suo tempo, la Regione Abruzzo che ha limitato la normazione all’esercizio dei propri poteri:
“Esercizio delle funzioni amministrative in materia di usi civici e di gestione delle terre civiche” Le funzioni amministrative trasferite con D.P.R. 15 gennaio 1972, n. 11, e D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, relative alla liquidazione degli usi civici, allo scioglimento delle promiscuità, alla verifica
delle  occupazioni  e  alla  destinazione  delle  terre  provenienti  da  affrancazioni,  e  le  altre
contemplate dalla L. 16 Giugno 1927, n. 1766, dal regolamento approvato con Regio Decreto 26
Febbraio 1928, n. 332, dalla Legge 10 Luglio 1930, n. 1078, dal regolamento approvato con Regio Decreto 15 novembre 1925, n. 2180, dalla Legge 16 marzo 1931, n. 377, sono esercitate dalla Regione secondo le disposizioni della presente Legge. Per quanto in questa non previsto, si richiamano   le   disposizioni   della   vigente   legislazione   statale   in   materia.   Le   funzioni amministrative di cui al precedente comma sono esercitate dalla Giunta Regionale.”

Ancora prima, con Legge 17 Marzo 1981 n. 11, la Regione Campania si era data la Legge sugli usi civici, all’epoca   – per fortuna –   ispirata da veri cultori della materia, primo fra tutti, l’Avv. Cervati.
Ebbene,  anche  l’articolato  di  questa  legge  si  limita  a  disciplinare  le  funzioni  amministrative trasferite alla Regione, guardandosi bene dall’invadere le prerogative statali, come del resto hanno fatto altre regioni che si sono dotate di testi organici, curando soprattutto l’aspetto dell’organizzazione, quello di sostegno economico degli enti di gestione, nonché la valenza e difesa naturalistica ed ambientale delle terre civiche.


***

Ulteriore dissenso deve essere espresso con riferimento al contenuto degli Artt. 15 e 16 del
Progetto di legge.

“ART. 15  Ente Gestore

“L'ente gestore amministra i beni civici degli utenti residenti nel territorio frazionale o nell'intero territorio comunale ed ha personalità giuridica di diritto privato.

ART. 16  Statuto e personalità giuridica di diritto privato dell’ente gestore.”

ATTRIBUZIONE DELLA PERSONALITÀ GIURIDICA DI DIRITTO PRIVATO

L'art.  1  della  Legge  16  Giugno  1927  n.  1766,  fissa  l'ambito  di  applicazione  delle  proprie disposizioni con riferimento alle figure organizzative di appartenenza delle terre collettive, individuandole  nel comune,  nella  frazione  di  comune, nelle  università  agrarie  e  nelle  altre associazioni agrarie comunque denominate.
Le tre forme organizzative di rappresentanza,amministrazione e gestione dei beni di uso civico, previste dalla vigente normativa, sono caratterizzate da un comune profilo che è quello del patrimonio collettivo indisponibile e soggetto a speciale regime pubblicistico, comprendente una somma di poteri pubblici finalizzati non solo al governo e controllo dei beni, ma anche degli stessi organismi di gestione pur nella garanzia dell’autonomia statutaria ad essi riconosciuta. (FULCINITI
- I beni di uso civico).
La  natura  pubblica  delle  Associazioni  Agrarie   è  stata  riconfermata,  anche  dopo  l’infelice intervento legislativo di cui alla Legge n. 97 del 1994 sulla Montagna, che ha erroneamente accomunato due realtà completamente diverse: le comunioni familiari dell’Arco Alpino (per le quali l’attribuzione della personalità di diritto privato poteva trovare più valide giustificazioni) con le Associazioni agrarie dei beni di uso civico delineate dalla Legge 4 Agosto 1894 n. 397, che hanno un regime giuridico pubblicistico (FULCINITI op.cit. pag. 254).
La pretesa di attribuire anche a questi ultimi enti di imputazione la personali giuridica di diritto privato è stata da subito criticata dalla dottrina e definitivamente disattesa dalla Giurisprudenza della Suprema Corte la quale ha ripetutamente affermato che le Università Agrarie  sono Enti Pubblici non economici (Cass. Civ. Sez. Unite, 13 Maggio 1980 n. 3135; 9 Novembre 1985 n.
5474 e più recentemente: Corte di Cassazione, Sezione tributaria civile, Sentenza 7 Febbraio 2013 n. 2873, che sul presupposto della natura di ente pubblico non economico riconosciuta alla Associazione Agraria – ha stabilito che la stessa è tenuta ad osservare i principi in materia di contabilità pubblica).
Le stesse considerazioni valgono per la terza tipologia di ente, prevista dalla legge per la gestione dei beni di uso civico.
Allorché  risulta  accertato  che  i  beni  collettivi  appartenevano  originariamente  alla  Comunità divenuta frazione (art. 26, comma 2), la normativa vigente prescrive la diretta e separata (a profitto dei soli abitanti della frazione) amministrazione frazionale delle terre civiche.
La legge statale n. 1766 del 1927 considera dunque la Frazione come dotata di una propria soggettività giuridica distinta dal Comune, cosicché il quadro normativo suggerisce di qualificare l’ASBUC come un organismo di diritto pubblico.
L’ASBUC, quale struttura organizzativa appositamente costituita per l’amministrazione dei beni di proprietà collettiva della generalità dei residenti nel territorio frazionale, è certamente dotata di personalità giuridica: l’assunto non può dar luogo ad interpretazioni contrastanti, in quanto è fondato sulla espressa previsione del diritto positivo. Peraltro, secondo l'opinione generale della Dottrina  (Cerulli  Irelli,  Fulciniti)  detta  Amministrazione  separata  é  indubbiamente  dotata  di


soggettività come "centro di imputazione dei diritti e degli interessi frazionali.
Nonostante le lacune, la frammentarietà e la pluralità degli atti normativi da cui si ricava la vigente disciplina delle Amministrazioni separate (che richiederebbe una regolamentazione unitaria ed aggiornata alle attuali esigenze delle ASBUC, ma con legge statale), si deve ritenere condivisibile la tesi della natura pubblica, sostenuta dalla GIURISPRUDENZA prevalente e, in particolare, dai Commissari agli Usi Civici: così l’ex Commissario agli usi civici di Bologna Dr. RICCIOTTI, che a sostegno di questo orientamento cita la Sentenza del Consiglio di Stato Sez. II, 5.11.1964 n.
982. Conforme il parere del 27.11.1995, nel quale il Commissariato Usi Civici del Friuli qualifica le  Amministrazioni  separate  come  enti  pubblici  minori,  richiamando  la  Sentenza  della  Cass.
17.03.1948 n. 423, pubblicata in Foro it. 1949, I, 721. Anche la Direzione Centrale Pianificazione e Autonomie Locali della Regione Friuli, ai fini di un finanziamento da parte della Cassa depositi e presiti si è espressa per la natura pubblica della Amministrazioni frazionali.
In DOTTRINA è assolutamente prevalente la tesi che propende per il riconoscimento della personalità di diritto pubblico degli enti di gestione, comprese le ASBUC. Omettendo la rassegna delle opinioni, riteniamo sufficiente richiamare, ex multis, quelle di due indiscusse autorità in materia: gli Avv.ti GUIDO CERVATI ed ATHENA LORIZIO.
In un saggio a commento della Legge in materia di usi civici della Campania del 1981, di cui si  è più sopra riferito, l'Avv. CERVATI   ha chiarito le ragioni per le quali il legislatore italiano, nel disciplinare  la  complessa  e  variegata  realtà  dei  diritti  dominicali  delle  collettività,  abbia volutamente affermato il “sistema della pubblicizzazione di destinazioni,procedimenti ed organi ad essi preposti”. Conforme l'orientamento dell'Avv. LORIZIO, ribadito anche in un recente parere pubblicato sul sito “demaniocivico.it” dell'Associazione Aproduc, in risposta allo specifico quesito rivolto da un’ASBUC del Piemonte: “Concordo con quanto osserva l’Agenzia delle Entrate sulla natura giuridica pubblica delle Asbuc”.
La problematica è presa in esame anche da Luciana FULCINITI nel proprio trattato “I Beni di uso civico”. La stessa si schiera per la natura pubblica delle Amministrazioni Separate, sostenendo che “depone a favore dell’organismo di diritto pubblico: il sistema di scelta dei componenti del Comitato Frazionale, che consiste in un procedimento elettorale disciplinato dalla Legge dello Stato n. 278 del 1957 e dal Regolamento Regione Toscana 7 Marzo 1992 n. 1, quindi pubblicistico teso a garantire la partecipazione democratica e la più ampia rappresentatività degli interessi della frazione in relazione ai beni di uso civico.
Ulteriore decisivo argomento a favore della natura pubblica si ricava dalla sottoposizione dell’amministrazione frazionale al potere di controllo regionale, ai sensi dell’art. 1 D.P.R. n. 616 del 1977, e dal sistema di sorveglianza, che l’art. 64 del Regolamento 332 del 1928 attribuisce al Sindaco del Comune, il quale avvalendosi dei poteri previsti dalla disposizione potrà sempre esaminare l'andamento” della gestione dell’Amministrazione frazionale “e rivederne i conti. È indubitabile che nell’esplicazione di tale potere di vigilanza il Sindaco del Comune agisca come pubblica autorità, non certamente come portatore di interessi dell’ente comunale, che –come tale– non può avere ingerenza negli interessi dell’amministrazione separata frazionale”.
Militano a favore dell’organismo di diritto pubblico ulteriori elementi, quali la giurisdizione e competenza  funzionale  inderogabile  dei  Commissari  nonché  le  procedure  di  evidenza pubblica. Infatti, se i diritti appartengono alla collettività e l’ASBUC ne ha soltanto l’amministrazione sotto il controllo della Regione, è evidente che le relative dinamiche procedimentali di gestione non solo debbano corrispondere all’assetto istituzionale delineato dalla normativa vigente, ma in particolare debbano conformarsi ai cardini della pubblicità, imparzialità, trasparenza nonché ai principi di derivazione comunitaria, quali quello di concorrenza, parità di trattamento e proporzionalità di cui all’art. 1 della Legge n. 241 del 1990 ( si veda in proposito pagg. 4 e 5 Sentenza Consiglio di Stato n. 1698 del 2013).

La contraddizione insita nel progetto regionale in discussione è palesata dall’incompatibilità della pretesa, da una parte, di imporre all’ente gestore ASBUC il riconoscimento di persona giuridica privata” e liscrizione nel  Registro Regionale, dall’altra, di regolamentare, potenziandolo, il potere


di controllo sulla gestione dei beni civici mediante le specifiche disposizioni di cui al Capo III, e l’introduzione dei Poteri Sostitutivi.

Se, infatti, il riconoscimento della natura pubblica delle ASBUC consente di esercitare senza alcuna limitazione i poteri di controllo da parte del Sindaco del Comune e della Giunta Regionale nonché le facoltà di partecipazione alla gestione e il diritto di accesso agli atti da parte dei cives ex art. 23
Legge  n.  241  del  1990  –  indispensabili  per  garantire l’effettiva  osservanza dei  principi  sopra enunciati–, la scelta di attribuire all’ASBUC la personalità giuridica di diritto privato, si pone in senso diametralmente opposto rispetto al dichiarato intento di disciplinare in modo più stringente ed articolato le potestà pubbliche di controllo sull’operato dell’ente gestore e di facilitarne l’accesso ai finanziamenti pubblici.
La  rilevanza pubblica dell’attività svolta dall’ente frazionale di imputazione delle terre civiche, direttamente  connessa  alla  natura  e  destinazione  pubblica  dei  beni  amministrati  nonché  alla rilevante portata sociale degli stessi, soggetti – tra l’altro –  alla tutela ambientale e paesaggistica, male si concilia con la qualificazione privatistica attribuita dalla legge regionale al soggetto gestore. Né l’equivoco in cui già è incorsa la Legge Forestale Toscana del 21 Marzo 2000 n. 39, oppure il riferimento (non pertinente) alle Nuove disposizioni per le zone montane possono giustificare l’inquadramento della struttura organizzativa in questione nella normativa privatistica, in contrapposizione all’entità e rilevanza degli aspetti che contribuiscono ad assimilarla piuttosto al regime pubblico del Comune e dell’associazione agraria.

***
Conclusivamente, si ritiene che il progetto di legge debba essere assolutamente ripensato, nelle parti che si propongono di abrogare o modificare principi ed istituti in materia di ordinamento civile, che sono riservati alla competenza esclusiva dello Stato. L'illegittimità costituzionale di norme, quali quelle sopra censurate, appare evidente, mentre per altre disposizioni si configura un conflitto con le prerogative statali anche in materia di tutela dell'ambiente e di governo del territorio, seppure per questa, sussista la competenza concorrente della Regione.

Persino la regolamentazione delle funzioni amministrative di competenza regionale non va esente da critiche. A titolo di esempio, si deve certamente dissentire sulla scelta di attribuire al Dirigente Regionale poteri discrezionali quali quello di autorizzare il mutamento di destinazione dei beni civici ed il parere per il provvedimento di espropriazione per pubblica utilità, così come inopportuna è la previsione di uno Statuto - Tipo degli enti di gestione, fatto a tavolino con il proposito di negare le autonomie delle comunità, gli usi e le tradizioni locali.



Infine, per quanto riguarda le norme sullaccertamento demaniale e listituzione della Banca dati degli usi civici (artt. 27 e 28), si segnala l’ulteriore raccomandazione proveniente da tutti gli esperti della materia affinché sia finalmente promosso uno studio interdisciplinare delle molteplici realtà e forme del collettivismo, storicamente presenti nel territorio toscano.
Anche per questa finalità, negli anni ’80, è stata costituita l’associazione Guido Cervati di Seravezza,  che invero, nel primo periodo di attività – avvalendosi della collaborazione degli enti locali (Comuni e Comunità Montane) e di quello della Giunta e dell’Ufficio usi civici della Regione Toscana – ha potuto dare attuazione ai propri scopi statutari, organizzando Convegni di rilievo nazionale, quale quello di Viareggio del 1991, e svolgendo interessanti ricerche sulle proprietà collettive delle comunità toscane, secondo la sollecitazione fatta in tal senso dal Prof. Paolo Grossi nell’occasione di tale Convegno:
“In  verità,  quello   che   manca  e   che   porterebbe  molta   luce   sulla   natura   di  tante situazioni  è  l'inventario,  il  censimento,  delle   proprietà collettive  esistenti  in  Italia, intendendo  per   censimento  non   qualcosa  di   meccanico  che    facesse  conoscere


unicamente  nomi, località,   statuti  attuali, ma  che   costituisse il sommario specchio dell'itinerario storico-giuridico  dei  vari  assetti  collettivi, consentendo  all'indagatore di risalire  alle  origini.  E'  questa  un'opera   benemerita  che   il  Centro   Cervati   dovrebbe cominciare a programmare. Opera  grossa, poderosa, e probabilmente non  basteranno le  energie   che   stanno  intorno   al  Centro;   l'importante sarebbe  però   avviare   subito l'operazione, cominciare a pensarla  e costruirla  in una articolazione di molteplici gruppi locali,  che  possono compiere le indispensabili ricerche  sul campo ed  in archivi pubblici e  privati. Non  abbiamo una  mappa delle  proprietà collettive  italiane,   e  ne  sappiamo ancora   troppo poco,  perché abbiamo guardato a  questo mondo senza un  adeguato spirito  scientifico, armati  soltanto della  sufficienza di chi  si dedica a collezionare delle curiosità. In ciò  siamo tuttora eredi  fedeli   dell'Ottocento.” (Pagg. 7 e 8 della Relazione Prof. Paolo Grossi “Il problema storico giuridico della proprietà collettiva in Italia”, pubblicato su “I demani civici e risorse ambientali, Atti del Convegno Viareggio 5-7 Aprile 1991”, Jovene Editore 1993).






All.1 - Articolo pubblicato sul sito web “Gruppo di Intervento Giuridico onlus”. All. 2 - Sentenza del T.A.R. Lazio del 07.02. 2013 n. 1369.
All. 3 - Sentenza del T.A.R. Campania del 06.02. 2012 n. 174.
All. 4 - Sentenza del Consiglio di Stato del 26 Marzo 2013  n.1698. All.5 - Commento alla sentenza di Mezzacapo Salvatore




CENTRO GUIDO CERVATI  SERAVEZZA   14 Ottobre 2013