martedì 20 novembre 2007

ORDINANZA DI RIMESSIONE ALLA CONSULTA SULLE LEGITTIMAZIONI DEL COMUNE DI BANZI IN BASILICATA


ORDINANZA (Atto di promovimento) 10 Maggio 2007 - 10 Maggio 2007 , n. 740
Ordinanza emessa il 10 maggio 2007 dal tribunale di Potenza nel
procedimento civile promosso da L. ed altri contro C.


Procedimento civile - Azione negatoria di servitu' esercitata da
soggetti occupanti un terreno gravato da uso civico - Eccepito
difetto di legittimazione attiva degli attori in quanto
asseritamene privi della titolarita' del diritto di proprieta' sul
fondo - Mancato accoglimento della domanda per la legittimazione
dell'occupazione del fondo gravato da uso civico per causa non
imputabile agli odierni attori (nella specie, per omessa
conclusione delle operazioni di sistemazione demaniale) - Omessa
previsione di termini certi per la definizione della detta
procedura di legittimazione e di conseguenze determinate legate al
silenzio serbato sull'istanza di legittimazione - Denunciata
lesione dell'inviolabile principio di uguaglianza - Incidenza sul
diritto di difesa e sul diritto di proprieta' - Asserita lesione
del principio di responsabilita' dei funzionari e dei dipendenti
pubblici - Denunciata violazione dei principi di buon andamento e
di imparzialita' della pubblica amministrazione, nonche' dei
principi costituzionali in materia di giusto processo.
- Legge 16 giugno 1928 [recte: 1927], n. 1766, artt. 9 e 10; regio
decreto 26 febbraio 1928, n. 332, artt. 25, 26 e 30; legge della
Regione Basilicata 12 settembre 2000, n. 57, artt. 8 e 11.
- Costituzione, artt. 2, 3, 24, 28, 42, 97 e 111.
IL TRIBUNALE

A scioglimento della riserva espressa all'udienza 10 maggio 2007,
letti gli atti di causa ha emesso la seguente ordinanza nella causa
civile iscritta al n. 1034 del Ruolo Generale dell'anno 1991
riservata in data 10 maggio 2007 avente ad oggetto "azione negatoria
servitu" e vertente tra L. piu' 7, rappresentati e
difesi giusto mandato dall'avv. R. L., presso il cui studio
elettivamente domicilia, come in atti, attori e C.,
rappresentata e difesa dagli avv. F. e G., presso il cui
studio elettivamente domicilia, come in atti, convenuta.

F a t t o e d i r i t t o
Con atto di citazione del 20 maggio 1991 i germani Laginestra
convenivano in apposito giudizio la sig.ra C. per l'apertura di
una serie di luci e vedute sulla proprieta' degli istanti di cui
chiedevano la chiusura perche' abusive ovvero in contrasto sia con le
norme dei legge sia con l'impegno contenuto nell'atto notarile di
acquisto di un vano di casa ad uso deposito della superficie di mq 42
sito in Banzi, successivamente ristrutturato.
Con successiva comparsa si costituiva la sig.ra Claps opponendosi
in toto alle avverse determinazioni ed eccependo il difetto di
legittimazione attiva degli attori.
Ammessa dopo varie udienze c.t.u., anche sulla destinazione della
proprieta' degli attori, all'udienza del 23 settembre 2002 la difesa
del convenuto ribadiva il difetto di legittimazione attiva degli
istanti, in quanto il terreno in oggetto, sul quale insistono le
ipotetiche luci e vedute aperte dal convenuto, non risulta di
proprieta' degli attori ma in virtu' di visura catastale del 20
settembre 2002 in atti, risulta concedente il demanio dello stato
asse ecclesiatico (diritti di usi civici), con livellario P.
cui non era stata mai concessa la necessaria legittimazione ai
sensi della normativa sugli usi civici.
Parte attorea si opponeva e rilevava che anche il fabbricato
della convenuta era stato costruito su terreno gravato da uso civico.
La Regione Basilicata confermava con apposito certificato la
natura c.d. demaniale (in realta' di uso civico) del bene degli
attori. Specificava, altresi', che vi era stata domanda per la
legittimazione ma la stessa non era mai intervenuta, in quanto le
operazioni di sistemazione demaniale non furono portate a termine.
Richiesta la chiamata in causa del nuovo proprietario
dell'immobile della parte convenuta, figlio della Claps, veniva
disposta c.t.u. per individuare la natura giuridica dei terreni
prospicienti, a questo punto incerta, per sciogliere successivamente
i nodi sulle rispettive proprieta' e sui profili della
legittimazione.
Interrotto il processo successivamente riassunto dopo alcune
udienze veniva sollevata la seguente questione di legittimita'
costituzionale determinante per la prosecuzione del giudizio stesso.
Questo giudice onorario aggregato ritiene, infatti, di dover
sollevare questione di legittimita' costituzionale ex officio, posto
che nella fattispecie in esame emerge chiaramente la violazione
combinata degli artt. 2, 3, 24, 28, 97 e 111 della Costituzione da
parte della normativa, statale e regionale, sulla c.d. legittimazione
dei terreni in uso civico, applicabile nel presente giudizio, stante
i numerosi rilievi sul piano del difetto di legittimazione connesso
alla fruizione dei terreni da parte dei rispettivi contendenti.
Paradossalmente l'eccezione sul difetto di legittimazione, attiva
e passiva, riguarda il diritto di proprieta' connesso alla mancata
evasione dell'istanza di legittimazione, avanzata dagli occupatori
dei terreni di uso civico, per motivi non imputabili alle parli,
istituto nominalmente identico a quello procedurale del difetto, ma
relativo sostanzialmente all'estinzione del gravame di uso civico sul
terreno attraverso una procedura amministrativa del tutto peculiare.
Emerge infatti, una distonia di fondo, innanzitutto ex art. 97
Cost., tra la previsione certa di termini specifici per la
conclusione di qualsiasi procedimento amministrativo ai sensi e per
gli effetti della legge n. 241/1990 (in particolare ex art. 2) e
successive modifiche (con la legge n. 15 del 2006) e la totale
incertezza che, invece, si determina per la risoluzione delle
richieste di provvedimenti di legittimazione riguardanti la materia
complessa degli usi civici, avanzate in ambito regionale e
difficilmente definite in molte zone d'Italia ovvero denegate per
motivi non imputabili ai privati.
Risultano pertanto violati nel caso di specie i principi di buon
andamento, trasparenza ed efficienza dell'azione amministrativa
nonche' gli artt. 24 e 111 Cost. sotto il profili della garanzia del
giusto processo connesso ad un giusto procedimento, non solo
normativo ma anche amministrativo.
Valga citare, altresi', la dubbia formulazione dell'art. 11 della
legge regionale Basilicata n . 57 del 2000 secondo cui gli atti
amministrativi derivanti dalla applicazione della legge n. 1766 del
1927 e della presente normativa hanno carattere complesso e come tali
hanno la "temporizzazione" stabilita da apposito regolamento, in
evidente contrasto con il principio di legalita' ordinario consacrato
nell'art. 97 Cost.
Non a caso il Consiglio di Stato ha piu' volte sostenuto che la
pubblica amministrazione nel diniego della richiesta di
legittimazione deve motivare il provvedimento negativo.
Tale motivazione non appare sicuramente appropriata nel momento
in cui le c.d. legittimazione non si e' conclusa perche' le
operazioni di sistemazione demaniale non sono state portate a
termine, come emerge nel caso di specie nel certificato esibito in
atti. Tale profilo della motivazione equivale indubbiamente alla non
adozione del provvedimento di legittimazione ovvero al suo abbandono
con conseguenze gravi sia per il privato sia per l'ente gestore sia
per la collettivita'.
Risulta ricorrente, poi, che, nella maggior parte dei casi, le
istanze di legittimazione vengono del tutto ignorate e/o dimenticate
in ambito regionale ovvero non definite e non rese, come avviene nel
caso di specie, tra l'altro in tempi alquanto brevi, con una
situazione di evidente disparita' ex artt. 3, 24 e 111 Cost.,
rispetto alla tutela di altre situazioni giuridiche soggettive, piu'
o meno corrispondenti.
Cio' incide negativamente su tutte le questioni che riguardano
controversie sui beni di uso civico, come avviene nel caso di specie,
e sulla configurazione esatta del diritto di proprieta' ex art. 42
Cost. e sulla sua difesa ex art. 24 Cost.
La proprieta' collettiva diviene, cosi', un tertium genus
rispetto alla proprieta' pubblica e privata, sganciata e ignorata dal
rispetto delle regole generali sul procedimento amministrativo, che
possono paradossalmente non deteminarsi, senza generare conseguenze
negative per la pubblica amministrazione e positive a favore del
privato.
Come e' noto, la c.d. legittimazione e' un passaggio fondamentale
per sanare le occupazioni irregolari, in presenza di presupposti ben
determinati. Infatti, una volta ottenuta la legittimazione sorge a
favore del possessore abusivo un diritto soggettivo di natura
privatistico, di talche' il provvedimento di legittimazione
conferisce al destinatario la titolarita' di un diritto soggettivo
perfetto di natura reale sul terreno che ne' e' oggetto,
costituendone titolo legittimo di proprieta' e di possesso (cfr.
Cass. n. 6940 del 1993).
Di contro, spesso ci si trova di fronte procedimenti
amministrativi di legittimazione quasi mai inopinanatamente conclusi,
che rendono incerta la situazione proprietaria o possessoria sui
terreni di uso civico e ostacolano la definizione celere delle
relative controversie ex artt. 24 e 111 Cost.
A nulla vale sottolineare che si tratta di beni formalmente
inusucapibili ed intangibili nel corso del tempo. Nonostanfe cio', se
lo spatium temporis trascorre inesorabilmente, la mancata adozione
del provvedimento formale incide negativamente sui diritti soggettivi
presenti e futuri, creando una situazione di' indeterminatezza sul
piano storico-giuridico-giurisdizionale.
La stessa Consulta, poi, recentemente nella sentenza n. 39 del
2007, ha qualificato il procedimento di legittimazione come un atto
di amministrazione attiva di competenza esclusiva regionale, in
residua applicazione del quasi non piu' esistente d.P.R. n. 616 del
1977. Cio' comporta che anche tale atto non possa essere sganciato
dal rispetto dei principi tipici che caratterizzano sin dagli anni
'90 ed hanno caratterizzato in passato l'attivita' della pubblica
amministrazione. D'altronde, in sede giurisprudenziale, e' stato
posto in luce che il procedimento di legittimazione dell'occupazione
di terre del demanio civico ha carattere amministrativo e si conclude
con un provvedimento di natura concessoria (cfr. Cass. n. 2471 del
1982).
In tale direzione, lo stesso principio della certezza del
diritto, come garanzia formale e sostanziale, risulta stravolto da un
meccanismo infernale per quanto riguarda la materia degli usi civici,
che andrebbe ri-meditata, al fine di sbloccare tante situazioni di
dubbia legittimita' sul piano della definizione delle numerose
occupazioni abusive ricadenti sulle terre e che permangono tali in
conseguenza del mancato completamento delle operazioni demaniali non
imputabili ai privati. Non appare, quindi, ragionevole lasciare il
non decidere senza utili conseguenze per il cittadino.
Appare, dunque, necessario frantumare e/o integrare il dato
legislativo statale del 1927 e del 1928, comunque vetusto, nonche'
regionale (anche l'art. 8 della legge n. 57 del 2000 sui procedimenti
amministrativi di legittimazione della Regione Basilicata risulta di
dubbia formulazione) e stabilire si un termine finanche maggiore
rispetto ai canonici 90 giorni (e quindi non necessariamente
parificato o ridotto), oprando con i parametri della legge sul
procedimento amministrativo, ma soprattutto idonee conseguenze per la
mancata adozione del provvedimento, se dovuto, al solo fine di porre
rimedio ad una situazione di stallo amministrativo del non-decidere,
che risulta diffusa in ambito nazionale e genera incomprensione in
sede giudiziaria, per il soddisfacimento di tali diritti inviolabili,
storicamente determinatisi, riconducibili indubbiamente nel novero
dell'art. 2 Cost., violato al pari degli artt. 3, 24, 97 e 111 Cost.,
gia' citati.
Tra l'altro, nella materia degli usi civici, quasi dimenticata a
livello parlamentare, connessa alla tutela del patrimonio culturale,
paesaggistico e ambientale ex art. 9 e 32 Cost., non e' applicabile
il meccanismo del "silenzio assenso", per cui si determina una
situazione di evidente deficit istituzionale cui e' necessario porre
rimedio per orientare la risoluzione dei giudizi di prime cure. E'
indubbio che la domanda di legittimazione di un fondo di uso civico
introduce una questione di interesse legittimo, poiche' il
provvedimento amministrativo di legittimazione ha natura concessoria
e presenta profili di ampia discrezionalita'.
Sarebbe, dunque, utile frantumare e/o integrare il dettato
legislativo statale e regionale menzionando non solo ulteriori tempi,
comunque deducibili, ma le speciali conseguenze della mancata
adozione del provvedimento, positivo o negativo, di legittimazione:
lo stesso si configura, vale ripeterlo, come un provvedimento
amministrativo formale. Non appare, infatti, idoneo, alla luce dei
principi invocati, che un provvedimento amministrativo, come avviene
nel caso di specie, determini che la legittimazione richiesta non
risulti mai intervenuta in quanto le operazioni di sistemazione
demaniale non sono state portate a termine, con gravi danni e
conseguenze sia nella tutela delle posizioni giuridiche coinvolte sia
nella situazione oggettiva anomala in cui permane il bene di uso
civico, anche sul piano della sua gestione pubblica.
La rilevanza della questione di legittimita' costituzionale,
intesa come nesso di pregiudizialita' strumentale tra la definizione
della questione di prime cure sulla tutela del diritto di proprieta'
e quella di "ultima scure" della Consulta sull'istituto della
legittimazione, dunque, discende, sulla scorta delle indicazioni
fornite, dalla situazione di estrema incertezza che si determina con
riferimento ad istanze di legittimazione non evase in tempi certi e/o
non definite per motivi imputabili a situazioni organizzative della
p.a. e che potrebbero obbligare il giudice ad operare, data la natura
comunque c.d. demaniale del bene (che rimane tale nel tempo, secula
seculorum) anche con il meccanimo del difetto di legittimazione, al
di la' della configurazione di una situazione di mero possesso
protrattosi ab immemorabili, senza entrare nel merito della
questione, con forte dispendio di energie processuali ed
organizzative.
Si tenga conto che, nel caso di specie, la maggior parte dei
terreni ricadenti nel Comune di Banzi (Potenza) sono gravati da usi
civici, con un contenzioso non indifferente su diversi fronti e piani
di riferimento.
Risulta necessario che la Corte si pronunci, anche in sede
monitoria, al fine di porre un freno ad una situazione di
inadempienza sul piano strettamente amministrativo e di creazione di
una sorta di sub procedimento amministrativo, appunto del tutto sui
generis, rispetto alla generalita' dei comportamenti della p.a.,
obbligata a decidere sulla materia.
Tale situazione di incertezza si riverbera anche nella fase
successiva, qual e' quella dell'affrancazione (su cui si veda la
dettagliata circolare dell'Agenzia del territorio n. 2 del 26
febbraio 2004) del canone di legittimazione, che non viene completata
e lo stesso canone monetario non verra' mai riscosso dall'ente
competente (in assenza di una definizione della legittimazione che ne
rappresenta il presupposto), con evidenti risvolti finanziari ed
erariali ex art. 28 Cost., vantaggi del privato che non paga il
dovuto (e lo stesso nel frattempo si prescrive), e svantaggi per
l'ente gestore e la collettivita', unica proprietaria dei beni di uso
civico, che non vedono re-investite le somme da introitare, per il
miglioramento della fruibilita' dei beni stessi.
La non manifesta infondatezza della questione di legittimita'
costituzionale discende, quindi, dall'esistenza del dubbio sulla
legittimita' di tale "situazione normativa" sia sul piano statale sia
su quello regionale, che, come gia' evidenziato, non risultano idonei
e sufficienti a definire le forme di eventuale acquisizione del
diritto di proprieta', laddove possibile e plausibile, nel rispetto
dei requisiti richiesti dall'ordinamento di riferimento, ed a
sciogliere i nodi della tutela soggettiva. Come avviene nella
presente causa l'istanza di legittimazione e' stata proposta e la
causa si protrae sin dal 1991 con evidenti risvolti sul piano del
difetto di legittimazione di entrambe le parti coinvolte nel
giudizio. Lo stesso possesso del bene protratto nel tempo e di volta
in volta trasferito tra eredi e/o parenti si tramuta in una
situazione di diniego-inconfigurazione di un vero e proprio diritto
di proprieta'.
Per le considerazioni suesposte in fatto e diritto, questo
giudice onorario aggregato, prima di decidere in sede di prime cure,
ritiene rilevante e non manifestamente infondata la suindicata
questione di legittimita' costituzionale, cosi' come prospettata



P. Q. M.
Visto l'art. 134 della Costituzione e l'art. 23 della legge 11
marzo 1953, n. 87, cosi' provvede sciogliendo la riserva suindicata:
a) ritenuta la rilevanza e la non manifesta infondatezza,
solleva d'ufficio la questione di legittimita' costituzionale degli
artt. 9 e 10 della legge n. 1766 del 16 giugno 1928 e degli art. 25,
26 e 30 del r.d. n. 332 del 26 febbraio 1928 nonche' degli art. 8 e
11 della legge regionale della Basilicata n. 57 del 12 settembre
2000, per la risoluzione del presente giudizio, come suindicato,
nella parte in cui non prevedono ulteriori tempi certi ma soprattutto
conseguenze determinate di definizione della procedura di
legittimazione, in violazione del principio-valore della certezza del
diritto e degli artt. 2, 3, 24, 28, 42, 97 e 111 Cost., considerati
in lettura combinata e sinottica, nonche' dell'art. 2 della legge
n. 241, del 1990, utilizzata come norma ordinaria interposta di
ulteriore riferimento;
b) sospende il presente giudizio iscritto al n. 1034/1991
R.G. sino all'esito della questione di legittimita' costituzionale;
c) manda alla cancelleria di provvedere alla trasmissione
immediata della presente ordinanza e degli atti, con il fascicolo d
`ufficio e i fascicoli delle parti, e con lo prova delle
notificazioni e delle comunicazioni prescritte nell'art. 23 della
legge n. 87 del 1953, alla Corte costituzionale;
d) dispone notificarsi la presente ordinanza ai difensori
delle parti in causa, al Presidente del Consiglio dei ministri, al
Presidente della Giunta regionale della Basilicata ed ai Presidenti
del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati nonche' al
Presidente del Consiglio regionale della Regione Basilicata.
Potenza, addi' 10 maggio 2007
Il giudice onorario aggregato: AVV. Giuseppe Di Genio