GRUPPO DI STUDI SUGLI USI CIVICI E I DEMANI NELL'ITALIA MERIDIONALE- Coordinatore regionale della Consulta Nazionale della Proprietà Collettiva per la Campania- Referente gruppo di lavoro Usi civici e Demani Banca delle Competenze Università di Salerno- gdigenio@unisa.it rif. 3356797337 /prof. avv. Giuseppe Di Genio, docente di Diritto Costituzionale Università Salerno - Avvocato Cassazionista e istruttore perito demaniale Albo regionale Campania
venerdì 25 maggio 2007
FORUM SUI PROGETTI IN TEMA DI USI CIVICI. L'art. 16, primo e secondo comma del ddl 106 Senato.
Legislatura 15º - Disegno di legge N. 106
SENATO DELLA REPUBBLICA
———– XV LEGISLATURA ———–
N. 106
DISEGNO DI LEGGE
d’iniziativa dei senatori VITALI, NEGRI, LEGNINI, FRANCO Vittoria, PIGNEDOLI, ZAVOLI, BARBOLINI, ENRIQUES, MANZELLA, MANCINO, BANTI, MERCATALI, SOLIANI, COSSUTTA e GRASSI
COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 29 APRILE 2006
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Legge sulla montagna
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Onorevoli Senatori. – La montagna italiana comprende 365 comunità montane che associano 4.201 comuni interamente e parzialmente montani, coprendo più del 50 per cento dei comuni italiani e oltre il 54 per cento del territorio nazionale.
La popolazione del territorio montano del nostro paese supera i 10 milioni di abitanti, il 18,5 per cento dell’intera popolazione italiana.
Dal Rapporto CENSIS-UNCEM (Centro studi investimenti sociali - Unione nazionale dei comuni e delle comunità ed enti montani) del settembre 2002 «Il valore della montagna» si evince che la stima del valore aggiunto prodotto nei territori montani si attesta sui 165 miliardi di euro pari al 16,1 per cento del valore aggiunto nazionale.
Questa indagine, presentata in occasione dell’«Anno internazionale della montagna» indetto dall’ONU nel 2002, ha dimostrato i profondi cambiamenti in atto che rendono necessario l’aggiornamento delle analisi e l’abbandono di tanti luoghi comuni come la vecchia equazione tra aree montane nel loro complesso e arretratezza dello sviluppo.
Innanzitutto, la montagna italiana non è un’area omogenea con caratteristiche e problematiche sostanzialmente uniformi. Va riconosciuta l’esistenza di una pluralità di aree montane, con caratteristiche demografiche, economiche e strutturali profondamente differenziate e destini potenzialmente divergenti.
Analizzando l’andamento demografico ed economico della montagna risulta evidente l’importanza del rapporto tra montagna e pianura quale variabile esplicativa primaria di un progressivo differenziarsi delle strutture economico-sociali delle diverse aree montane del paese.
È sbagliato pensare alla montagna come ad un territorio a vocazione esclusivamente agricola o turistica. Soprattutto nelle vallate vi sono infatti distretti produttivi e industriali molto importanti per l’economia del paese.
Tuttavia, dal Rapporto risulta che non si sono attenuate nè la specificità delle aree di montagna sotto altri particolari profili, nè il divario con le aree più sviluppate del paese.
Le dimensioni demografiche dei comuni montani sono ridotte, e a volte ridottissime. Determinate zone, soprattutto di alta montagna e di crinale, sono ormai da tempo abbandonate. L’età media della popolazione è molto avanzata. I servizi essenziali, sia pubblici che privati, sono di difficile accesso. Mancano infrastrutture adeguate per le comunicazioni materiali, di carattere stradale e ferroviario, e anche per quelle immateriali nonostante lo sviluppo delle nuove tecnologie dell’informazione. Il territorio è estremamente fragile determinando fenomeni diffusi di dissesto idrogeologico e di incendi boschivi.
Il citato Rapporto rileva che « ... si può sostenere con certezza che le differenze di tipologie e livelli di sviluppo delle aree montane sono legati alla collocazione all’interno delle tradizionali aree geografiche nord, centro e sud molto più che al carattere di “montanità“ che viene a loro ufficiaImente assegnato».
Questa considerazione è sostenuta dal dato sulla stima del valore aggiunto prodotto nell’insieme del territorio montano.
La montagna contribuisce alla produzione del reddito nazionale per il 16,1 per cento mentre la sua popolazione corrisponde al 18,7 per cento di quella complessiva del paese. La montagna contribuisce quindi alla produzione del reddito nazionale in una misura che è solo di poco inferiore alla quota della popolazione che vi risiede.
È dunque necessario che l’intera comunità nazionale prenda coscienza di questa realtà. La montagna italiana è stata a lungo abbandonata ed è pesantemente svantaggiata da molti punti di vista rispetto alle altre aree del paese. Ma contiene risorse e opportunità da riconoscere e valorizzare nell’interesse dell’intero paese, che costituiscono altrettante possibilità di creare un nuovo sviluppo sostenibile e di favorire nuove modalità insediative per la popolazione.
Vanno, dunque, superate le condizioni di svantaggio modernizzando i sistemi di comunicazione stradali, ferroviari e telematici, sostenendo le attività produttive e consentendo alla popolazione residente di poter fruire di tutti i servizi essenziali in condizioni di parità con chi risiede nelle altre aree del paese.
Nella montagna italiana sono inoltre concentrate risorse naturali, ambientali, paesistiche e culturali irripetibili. È necessario garantire la riproducibilità di queste risorse, e ciò deve essere considerato da tutta la società nazionale come un investimento per accrescere la competitività del paese.
Occorrono politiche che attivino risorse finanziarie oggi diversamente impiegate e il pieno convincimento degli attori pubblici e privati che in quei territori sia necessario perseguire un modello di sviluppo non imitativo di quello di pianura, nè legato all’idea di una perenne marginalità.
Va riconosciuta l’esistenza nelle aree montane di una molteplicità di sistemi territoriali e produttivi locali diversi fra loro, alcuni dei quali hanno carattere anche industriale, ma sono tutti dotati di risorse distintive, il cui inserimento nei sistemi regionali costituisce un essenziale arricchimento di questi ultimi e una occasione per delineare durevoli traiettorie di sviluppo.
Dalla tutela e dalla messa in sicurezza del territorio può inoltre derivare una rinnovata attenzione alla particolarità dei luoghi, ai prodotti tipici, alla fruizione del paesaggio e dei beni culturali e ambientali che possono costituire altrettante occasioni di impresa per le attività agricole, turistiche, artigianali e commerciali.
Purtroppo, anche negli anni successivi alla diffusione del Rapporto CENSIS-UNCEM, lo sviluppo delle aree montane è stato contrassegnato da un grado di debolezza e di precarietà ancor più alto che altrove, tale da rendere queste zone più vulnerabili.
Il freno più forte alla crescita della montagna continua ad essere la carenza e la debolezza dei servizi, il cui maggiore costo incide sui comuni e sui cittadini, assieme ai maggiori oneri di produzione per le imprese.
Un tema sicuramente prioritario è quello della tutela del territorio, su cui in questi anni si è fatto ben poco e si sono moltiplicati gli eventi calamitosi affrontati con la logica dell’emergenza.
Anche l’agricoltura, attività storica della montagna italiana, ricca di produzioni tipiche e di alta qualità, è in forte difficoltà: stanno crollando i redditi, si smembrano le imprese, calano gli addetti e sempre più viene a mancare un insostituibile presidio ambientale.
E il turismo, per il quale occorre fare un discorso differenziato da zona a zona, attraversa anch’esso un momento complessivamente sfavorevole dal quale occorre saper uscire rinnovando e qualificando fortemente l’offerta di servizi.
Tutto questo richiede un’adeguata politica nazionale per la montagna, fondata sulla collaborazione, ciascuno nell’ambito delle sue competenze, di Stato, regioni ed enti locali. Purtroppo, negli ultimi anni si è dovuto constatare una tendenza sempre più marcata all’abbandono della montagna e a tagli alle già esigue risorse destinate ad essa, in netto contrasto con gli impegni annunciati dal Governo agli Stati generali della montagna tenutisi a Torino nell’autunno 2001.
Ne è testimonianza la drastica riduzione subita dal Fondo nazionale per la montagna, istituito con la legge 31 gennaio 1994, n. 97, recante «Nuove disposizioni per le zone montane». Il decreto legge 12 luglio 2004, n. 168, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2004, n. 191, ha tagliato i fondi del 50 per cento e la legge finanziaria per il 2005 lo ha confermato alla modesta entità di soli 31 milioni di euro l’anno per tutta la montagna italiana.
Con la medesima legge finanziaria per il 2005 era stato introdotto il vincolo del patto di stabilità interno anche per le comunità montane e per i comuni da 3.000 a 5.000 abitanti, parzialmente rimosso solo in sede di conversione del decreto legge 31 marzo 2005, n. 44 convertito, con modificazioni, dalla legge 31 maggio 2005, n. 88.
I trasferimenti alle comunità montane non sono stati adeguati nemmeno al tasso di inflazione programmato. Il fondo per le gestioni associate dei servizi comunali non è stato rifinanziato. Alcune agevolazioni previste per le attività economiche che operano in montagna dalla citata legge n. 97 del 1994 non sono state applicate.
Per quanto riguarda la difesa del suolo, un tema fondamentale per la montagna, la legge che regola gli interventi in materia, al di fuori delle ordinanze della protezione civile per le situazioni di emergenza, è la legge 18 maggio 1989, n. 183. Negli ultimi anni anch’essa ha subito forti decurtazioni dei finanziamenti. La procedura di programmazione prevista dalla legge è stata stravolta, con il Ministero dell’ambiente che ha completamente svuotato il piano triennale di difesa del suolo e ha tagliato fuori le regioni, nonostante le loro competenze in materia siano cresciute in seguito all’entrata in vigore del nuovo Titolo V della Costituzione.
Nella scorsa legislatura, il Ministro per gli affari regionali con delega per la montagna, presentò in data 12 luglio 2004 al Senato, un disegno di legge recante «Interventi per la valorizzazione e la tutela dei territori montani» (atto Senato n. 3036), che rivedeva molte parti della legge n. 97 del 1994 in attuazione dell’impegno assunto dal Governo stesso agli Stati generali della montagna nel 2001.
Il disegno di legge è stato aspramente criticato, e in modo unitario, dall’UNCEM che lo ha giudicato inadeguato, sia rispetto alle strategie di fondo perseguite, sia per la limitata portata degli interventi settoriali in esso contemplati, non accompagnati peraltro da una dotazione finanziaria adeguata. Il giudizio dell’UNCEM è che il disegno di legge del Governo rischiava piuttosto di determinare una situazione di regressione dell’intero sistema montano.
L’UNCEM critica in modo particolare l’introduzione della categoria dei comuni ad alta specificità montana, prevista dall’articolo 2 del disegno di legge governativo, verso i quali è riferito prioritariamente l’ambito di applicazione del provvedimento, è riservata una attenzione privilegiata nella elaborazione e attuazione del Piano nazionale delle aree montane ed è destinata una riserva di finanziamenti di almeno il 10 per cento del nuovo Fondo nazionale per la montagna.
Spostare l’attenzione dalle comunità montane e dai comuni montani a questa nuova categoria di comuni, sottolinea l’UNCEM, significa scardinare dall’interno la tradizionale e naturale espressione associativa dei territori montani, con il rischio di determinare situazioni di autarchia che non gioverebbero certo al sistema.
L’UNCEM esprime inoltre un giudizio negativo sui meccanismi che il disegno di legge governativo prevede per il reperimento delle risorse economiche, peraltro del tutto esigue, che vengono ritenuti ancora legati ad una logica assistenziale e centralista.
Per quanto riguarda la difesa del suolo, il documento dell’UNCEM propone di vincolare annualmente una quota delle risorse che Stato e regioni stanziano nel campo del riassetto idrogeologico a favore di un «Piano straordinario di manutenzione ordinaria dei versanti montani», con scansioni annuali e risorse certe, premessa essenziale allo sviluppo della montagna italiana.
Nel parere dell’UNCEM è inoltre valutata criticamente la moltiplicazione degli organismi che si dovrebbero occupare della montagna previsti nel disegno di legge governativo. Secondo la proposta del Governo essi dovrebbero essere addirittura tre: l’Osservatorio per la montagna, l’Istituto nazionale della montagna e la Fondazione italiana per le montagne.
La presentazione del disegno di legge governativo ha consentito comunque di avviare l’esame da parte della 1ª Commissione (Affari Costituzionali) e della 5ª Commissione (Programmazione economica, bilancio) del Senato, presso le quali era già iniziata la discussione sul disegno di legge recante «Misure per il sostegno e la valorizzazione dei comuni con popolazioni pari o inferiore a 5.000 abitanti» (atto Senato n. 1942), già approvato dalla Camera dei deputati.
La 1ª e la 5ª Commissione del Senato avevano, infatti, stabilito di attendere la presentazione del disegno di legge governativo sulla montagna per avviare la discussione della nuova legge in materia, prevedendo di conseguenza una ridefinizione del provvedimento approvato alla Camera sui piccoli comuni i quali sono in buona parte montani.
È stato istituito un comitato ristretto e i relatori di maggioranza hanno presentato un testo di legge sulla montagna in data 18 novembre 2004, sul quale sono stati successivamente presentati gli emendamenti.
Quel testo conteneva l’introduzione della categoria dei comuni ad alta specificità montana prevista dal disegno di legge del Governo. L’UNCEM, in coerenza con la posizione assunta, ha provveduto ad inviare emendamenti che sono stati presentati da senatori appartenenti ai diversi schieramenti politici.
Il comitato ristretto ha poi ripreso il suo lavoro, e in quella sede si è registrata un’unica via da percorrere per giungere ad un provvedimento largamente condiviso e che abbia quindi la possibilità di essere approvato nel breve tempo che rimane prima della fine della legislatura: assumere come riferimento la posizione unitaria assunta dall’UNCEM e cancellare di conseguenza la categoria dei comuni ad alta specificità montana.
Auspicando che ciò possa avvenire, si è valutata l’opportunità di proporre il presente disegno di legge (che riproduce sostanzialmente l’atto Senato n. 3532 che aggiornava l’atto Camera n. 3338 (Violante ed altri) e l’atto Senato n. 2305 (Cavallaro ad altri) i quali rappresentavano le elaborazioni legislative fin qui unitariamente prodotte dal centrosinistra).
Le premesse sono le medesime da cui traggono origine le due precedenti proposte legislative.
Si considera necessario rivedere la legge n. 97 del 1994 poiché, pur avendo essa rappresentato un apprezzabile punto di approdo per la legislazione montana, non è stata adeguatamente finanziata, come dimostrano le vicende del Fondo nazionale per la montagna istituito dall’articolo 2, non ha prodotto il decentramento di attività, uffici e servizi previsto dall’articolo 14 e non ha consentito di conseguire esiti apprezzabili in materia di agevolazioni fiscali per le piccole imprese operanti in montagna previsti dall’articolo 16.
Potrebbero essere addotti altri esempi, ma questi sono sufficienti per ritenere necessario un adeguamento della legislazione nazionale sulla montagna.
Vi è poi da considerare il nuovo Titolo V della Costituzione che ridetermina ampiamente le potestà legislative tra le regioni e lo Stato e che richiede anch’esso una profonda revisione della legge n. 97 del 1994.
Un altro elemento nuovo di cui tenere conto è il riconoscimento della specificità della montagna nell’ambito della nuova Costituzione europea (parte III, capo III, sezione 3, articolo III-220).
Il presente disegno di legge identifica gli ambiti costituzionalmente riservati allo Stato in forza dell’articolo 117, secondo comma, della Costituzione e formula princìpi per la legislazione concorrente riservata alle regioni, ai sensi delle disposizioni del terzo comma dello stesso articolo.
Ciò è stabilito in modo particolare nel Capo I, «Princìpi e disposizioni generali», agli articoli 1, 2 e 4. I commi 5 e 6 dell’articolo 4 consentono di promuovere accordi tra le regioni per la predisposizione di programmi e progetti d’interesse comune per lo sviluppo delle zone montane.
All’articolo 3 si prevede inoltre, secondo una proposta avanzata daIl’UNCEM, che le regioni individuino nell’ambito del proprio territorio montano ambiti di marginalità nei confronti dei quali indirizzare prioritariamente gli interventi di sostegno.
Il presente disegno di legge non affronta i temi del governo montano poiché sono oggetto di una delega al Governo, contenuta nella legge 5 giugno 2003, n. 131, per la revisione del testo unico delle norme riguardanti gli enti locali di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
Con l’articolo 5 si istituisce la Conferenza nazionale per la montagna secondo quanto previsto da leggi regionali che stanno dando buona prova, come ad esempio la legge regionale dell’Emilia-Romagna 20 gennaio 2004, n. 2. Con il successivo articolo 6 si introduce il Piano triennale nazionale delle aree montane.
Il Capo II «Potestà e politiche statali», in coerenza con il nuovo Titolo V della Costituzione, contiene norme che afferiscono agli ambiti di legislazione esclusiva riservati allo Stato, com’è chiaramente indicato nell’articolo 7.
All’articolo 8 viene rideterminata la modalità di formazione del Fondo nazionale per la montagna secondo le proposte dell’UNCEM. Si prevede infatti che il Fondo sia alimentato da controvalori specifici per il «rilascio» di risorse autoctone della montagna come l’acqua e le fonti energetiche; da forme di compensazione per la montagna prelevate dagli investimenti e da finanziamenti correlati alle infrastrutture che ne sfruttano il territorio come il sistema viario e dei trasporti; da una quota riservata dei fondi statali destinati agli enti locali stabilita dall’articolo 9.
Il comma 7 dell’articolo 8 prevede che una quota del Fondo nazionale per la montagna possa essere ripartita sulla base di progetti di sviluppo socio-economico i cui contenuti costituiscono oggetto di intese di programma tra comuni, comunità montane e province.
I successivi articoli del Capo II, dal 10 al 14, riguardano norme per le esenzioni, le agevolazioni e gli incentivi fiscali rideterminate anche in base all’esperienza della mancata attuazione di quanto previsto dalla legge n. 97 del 1994.
L’articolo 10 riguarda l’esenzione dall’IVA delle prestazioni connesse con le opere relative alla prima abitazione, alla difesa del suolo e alla salvaguardia del patrimonio artistico e storico.
L’articolo 11 prevede, tra l’altro, di rendere permanenti le agevolazioni sul gasolio e sul GPL per riscaldamento per le zone montane.
L’articolo 12 riguarda finanziamenti e contributi per la forestazione, il recupero dei terreni abbandonati, il turismo montano e il recupero del patrimonio edilizio nei centri di montagna.
L’articolo 13 reintroduce le agevolazioni per le imprese, gli imprenditori commerciali e gli artigiani nei comuni montani con meno di 1.000 abitanti e per le zone abitate con meno di 500 abitanti, cercando di superare i limiti della precedente normativa della legge n. 97 del 1994 che è rimasta del tutto inattuata.
L’articolo 14 prevede incentivi per le pluriattività, in modo particolare per i coltivatori diretti, singoli o associati, che assumono in appalto lavori di sistemazione e manutenzione del territorio montano.
Il Capo III «Valorizzazione e promozione del territorio» contiene una serie di norme di carattere settoriale anch’esse formulate nel rispetto di quanto stabilito dal nuovo Titolo V della Costituzione per quanto riguarda sia le materie di legislazione concorrente tra Stato e regioni sia le materie dove la potestà legislativa esclusiva appartiene alle regioni.
Agli articoli 17 e 18 si affronta il tema degli uffici e dei servizi pubblici, per i quali le norme previste nella legge n. 97 del 1994 sono rimaste inattuate. L’articolo 20 affronta il tema del sistema formativo e l’articolo 27 quello della sanità in montagna.
Nel medesimo Capo III vi sono inoltre norme riguardanti i piani di sviluppo economico e di tutela ambientale e territoriale (articolo 15); gli usi civici (articolo 16); le sedi montane di attività e strutture di alta qualificazione (articolo 17); l’informatica, la telematica e la ricerca scientifica (articolo 21); le campagne informative (articolo 22); il patrimonio forestale (articolo 23); i pascoli montani (articolo 24); la certificazione di ecocompatibilità e il marchio di garanzia (articolo 25); la tutela dei prodotti tipici (articolo 26); lo sviluppo del turismo montano (articolo 28); il servizio militare prestato nel Corpo degli alpini (articolo 29); la protezione civile (articolo 30); gli interventi a favore dell’associazionismo sociale (articolo 32).
L’articolo 31, relativo alla difesa del suolo, riprende la proposta UNCEM di una quota delle risorse stanziate in base alla legge n. 183 del 1989 da destinare, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, agli interventi di difesa del suolo per la montagna.
Nel Capo IV «Norme finali e transitorie» è prevista la copertura finanziaria di 100 milioni di euro in via transitoria per l’anno 2006 per l’attuazione degli articoli 8, 10, 11, 12 e 22 (articolo 34). Per l’attuazione degli articoli 13 e 14 si prevede una copertura finanziaria di 150 milioni di euro.
È inoltre prevista, all’articolo 33, l’abrogazione di numerose disposizioni della più volte citata legge n. 97 del 1994.
DISEGNO DI LEGGE
Capo I
PRINCÌPI E DISPOSIZIONI GENERALI
Art. 1.
(Princìpi generali, costituzionali ed europei)
1. La salvaguardia e la valorizzazione delle specificità ambientali, culturali, economiche e sociali delle zone montane rivestono carattere di preminente interesse nazionale, ai sensi dell’articolo 44 della Costituzione.
2. Le disposizioni della presente legge costituiscono princìpi fondamentali ai sensi dell’articolo 117 della Costituzione.
3. Quando non sia diversamente specificato, le disposizioni della presente legge si applicano ai territori delle comunità montane ridelimitate ai sensi dell’articolo 27 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. Ai fini della presente legge, per «comuni montani» si intendono «comuni facenti parte di comunità montane» ovvero «comuni interamente montani classificati tali ai sensi della legge 3 dicembre 1971, n. 1102, in mancanza di ridelimitazione.
4. Le politiche e le misure normative, programmatorie, amministrative e finanziarie a sostegno delle aree montane sono esercitate, nell’ambito delle rispettive potestà e funzioni, secondo i princìpi costituzionali, dai comuni, singoli o associati, dalle comunità montane, dalle province, dalle regioni e dallo Stato.
5. Gli aiuti concessi rientrano tra le attività di cui all’articolo 87, paragrafo 3, lettere a), c) e d), del trattato che istituisce la Comunità europea.
Art. 2.
(Obiettivi specifici)
1. Lo Stato, le regioni, le province, le comunità montane ed i comuni montani cooperano al fine di favorire lo sviluppo socio-economico dei territori montani, nel rispetto dei princìpi di sostenibilità, con il concorso delle parti sociali. Le politiche territoriali per lo sviluppo delle zone montane mirano in particolare:
a) a contrastare fenomeni di spopolamento nelle aree marginali;
b) a conseguire la piena integrazione degli ambiti locali nel sistema economico e sociale regionale, valorizzando le potenzialità distintive proprie di ogni singolo sistema territoriale locale;
c) a garantire ai cittadini ed alle imprese adeguati livelli di disponibilità di servizi pubblici essenziali e di altri servizi di utilità sociale;
d) a salvaguardare il patrimonio ambientale e paesaggistico e le identità storiche, culturali e sociali dei singoli sistemi territoriali locali;
e) a promuovere la difesa idrogeologica del territorio;
f) a realizzare impianti di forestazione, anche nell’ambito dei progetti di contenimento della presenza di anidride carbonica (CO
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) nell’atmosfera;
g) a stimolare l’iniziativa privata in ambito sociale, economico, turistico e culturale;
h) a promuovere l’associazionismo e l’aggregazione dei comuni e delle comunità montane.
Art. 3.
(Ambiti di marginalità)
1. Le regioni individuano nel territorio classificato come montano ambiti di marginalità, caratterizzati da gravi situazioni di svantaggio e di competitività.
2. Nelle realtà territoriali di cui al comma 1, le regioni indirizzano prioritariamente gli interventi differenziati di sostegno con risorse finanziarie proprie, di derivazione statale ed europea, tenuto anche conto delle indicazioni contenute nei piani e nei progetti di sviluppo delle comunità montane e attribuendo loro la realizzazione di mirati interventi, su base d’intesa con i comuni e le province, volti a rimuovere le condizioni di svantaggio.
Art. 4.
(Princìpi e finalità delle politiche a sostegno della montagna)
1. Negli interventi speciali e nelle azioni a sostegno dei territori montani, gli enti di governo, di cui all’articolo 1, comma 4, osservano i princìpi e perseguono le finalità indicate dalla Costituzione e, in particolare, garantiscono:
a) l’autonomia delle comunità locali di montagna, la promozione dei loro caratteri originari, naturali, sociali e culturali, in base ai princìpi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza, e mediante l’attribuzione ai comuni e alle comunità montane e alle loro forme cooperative e associative di funzioni fondamentali, normative e amministrative, nonché il riconoscimento dell’autonoma gestione delle risorse e della rappresentatività dei loro organi di governo;
b) il preminente interesse nazionale, la organicità e la priorità degli interventi a favore delle zone montane;
c) la riserva alla montagna di quote significative di risorse pubbliche;
d) la tutela e la valorizzazione del patrimonio paesaggistico e delle biodiversità del suolo montano;
e) la garanzia di livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali delle popolazioni montane;
f) la leale collaborazione, concertazione e partecipazione tra i diversi livelli istituzionali.
2. Sono interventi speciali per la montagna le azioni organiche e coordinate dirette allo sviluppo sostenibile e complessivo della montagna, mediante la tutela e la valorizzazione delle qualità ambientali e delle potenzialità endogene proprie dell’habitat montano. Le azioni riguardano i profili:
a) territoriali, mediante formule di tutela, di promozione e di valorizzazione delle risorse ambientali che tengono conto sia del loro valore naturalistico, sia delle esigenze di vita civile delle popolazioni residenti;
b) economici, per uno sviluppo sostenibile e durevole delle attività economiche presenti sui territori montani, nonché per il riconoscimento della natura multifunzionale delle attività agricole e forestali;
c) sociali, mediante la garanzia di servizi pubblici idonei al mantenimento in loco delle collettività ed al miglioramento del loro tenore di vita;
d) culturali e delle tradizioni locali legate alla montagna.
3. Restano ferme le disposizioni sulle aree depresse e le altre agevolazioni ed interventi relativi alle zone montane.
4. Le disposizioni della presente legge si applicano altresì alle aree protette di cui alla legge 6 dicembre 1991, n. 394, con esclusione delle aree marine.
5. Le regioni possono promuovere accordi per la predisposizione di programmi e progetti d’interesse comune per lo sviluppo delle zone montane.
6. I programmi e i progetti di interesse interregionale, di cui al comma 5, sono predisposti sentite le province, le comunità montane ed i comuni coinvolti.
Art. 5.
(Conferenza nazionale per la montagna)
1. È istituita la Conferenza nazionale per la montagna composta da rappresentanti delle regioni, dell’Unione nazionale dei comuni e delle comunità ed enti montani (UNCEM), del Ministero per gli affari regionali e le autonomie locali, del Ministero dell’economia e delle finanze e degli altri Ministeri interessati.
2. La Conferenza nazionale per la montagna elabora le linee di indirizzo per il coordinamento dello sviluppo delle zone montane e per la predisposizione del Piano triennale di cui all’articolo 6. Essa esprime altresì parere sui provvedimenti legislativi che riguardano la montagna e che sono sottoposti al parere della Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, di seguito denominata «Conferenza unificata».
3. La Conferenza nazionale per la montagna si può articolare al proprio interno in sezioni sui diversi temi, compresa la specificità femminile nei processi di sviluppo delle aree montane.
Art. 6.
(Piano triennale nazionale
delle aree montane)
1. Il Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE), previa intesa con la Conferenza unificata e sulla base delle linee di indirizzo predisposte dalla Conferenza nazionale per la montagna, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, sentiti i Ministri competenti, approva il Piano triennale nazionale delle aree montane, di seguito denominato «Piano».
2. Nel Piano sono definiti gli obiettivi della politica nazionale per la montagna, da perseguire di concerto con le regioni, mediante l’elaborazione delle linee strategiche fondamentali per la valorizzazione e lo sviluppo dei territori montani.
3. I contenuti del Piano costituiscono documento preliminare per la predisposizione del Documento di programmazione economico-finanziaria (DPEF).
Capo II
POTESTÀ E POLITICHE STATALI
Art. 7.
(Competenze legislative dello Stato.
Ambiti e modalità di intervento)
1. Le leggi dello Stato dispongono interventi a favore della montagna nei seguenti ambiti e con le seguenti modalità:
a) Fondo nazionale per la montagna, istituito dall’articolo 8 della presente legge, finalizzato alla perequazione, ai sensi dell’articolo 119, terzo comma, della Costituzione;
b) finanziamenti e contributi, con la riserva a favore degli enti montani di quote degli interventi previsti per gli enti locali;
c) incentivazioni e agevolazioni agli investimenti;
d) esenzione di imposte e tasse erariali, nonché di canoni e di tariffe;
e) determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni;
f) valorizzazione dei prodotti montani tipici;
g) semplificazione delle procedure amministrative;
h) decentramento dei servizi statali.
2. Gli interventi statali, negli ambiti e con le modalità di cui al comma 1, sono adottati nel rispetto delle norme sulla concorrenza, previste dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali. Tali interventi sono altresì sottoposti alla previa autorizzazione, qualora ritenuta necessaria, dell’Unione europea.
3. Le norme regolamentari statali sono delegate, di norma, alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano, ai sensi dell’articolo 117, sesto comma, della Costituzione.
Art. 8.
(Fondo nazionale per la montagna)
1. È istituito presso il Ministero dell’economia e delle finanze il Fondo nazionale per la montagna, di seguito denominato «Fondo».
2. Il Fondo, avente carattere aggiuntivo rispetto ad ogni altro trasferimento ordinario o speciale dello Stato a favore degli enti locali, è alimentato annualmente, ai sensi dell’articolo 11, comma 3, lettera d), della legge 5 agosto 1978, n. 468, dalle seguenti risorse:
a) trasferimenti comunitari, dello Stato e degli enti pubblici, iscritti nell’apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze;
b) quote, non inferiori al 5 per cento, dei canoni e delle tariffe derivanti da risorse idriche e da fonti energetiche provenienti dalle zone montane;
c) quote degli stanziamenti finalizzati alla realizzazione di nuove grandi opere pubbliche e di infrastrutture, a compensazione degli oneri per i territori montani derivanti dalle opere stesse;
d) finanziamenti quantificati secondo un rapporto proporzionale tra distanze in linea d’aria, percorrenze chilometriche, tempi di percorrenza, costi di trasferimenti di persone e di merci, a compensazione degli oneri per i territori montani derivanti dal sistema viario e dei trasporti.
3. Le risorse complessivamente stanziate sul Fondo ammontano almeno al 2 per cento delle risorse per gli investimenti rese disponibili annualmente sul bilancio dello Stato.
4. Le quote, di cui alle lettere b) e c) del comma 2, e i finanziamenti di cui alla lettera d) del medesimo comma, sono determinati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri emanato, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza unificata.
5. I trasferimenti, di cui al comma 2, lettera a), sono preordinati al riconoscimento, in termini economico-finanziari, della funzione di preminente interesse nazionale che rivestono le zone montane e la loro salvaguardia e valorizzazione.
6. Il Fondo è ripartito tra le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, in base a criteri generali stabiliti dal CIPE, d’intesa con la Conferenza unificata, comprendenti l’estensione del territorio montano, l’entità della popolazione residente, anche con riferimento agli indici ISTAT di occupazione, di invecchiamento della popolazione e del saldo demografico, l’esigenza della salvaguardia dell’ambiente, con il conseguente sviluppo delle attività agro-silvo-pastorali, la capacità fiscale media per abitante, il livello dei servizi, la natura e l’entità delle quote di fiscalità generale attribuite alle regioni a statuto speciale.
7. Una quota del Fondo stabilita dalla Conferenza unificata è ripartita sulla base di progetti di sviluppo socio-economico destinati a favore delle zone montane, i cui contenuti, elaborati previo confronto con le parti sociali, costituiscono oggetto di intese di programma tra comuni, comunità montane e province. La regione può attribuire alle comunità montane, in forma singola o associata, il compito di promuovere l’intesa di programma. La ripartizione del Fondo è effettuata previo accordo in sede di Conferenza unificata.
8. Il Fondo è iscritto in un’apposita unità previsionale dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze. Le somme provenienti dagli enti pubblici sono versate all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate alla suddetta unità previsionale; con nota analitica, allegata al medesimo stato di previsione, sono specificate le diverse voci che costituiscono il finanziamento del Fondo.
9. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano istituiscono, nell’ambito dei propri bilanci, fondi per la montagna cui afferiscono le risorse provenienti dal riparto del Fondo, gli stanziamenti a carico dei bilanci regionali e delle province autonome e le risorse comunitarie.
10. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano disciplinano con legge i criteri relativi all’impiego delle risorse di cui al comma 8.
11. Il Ministro dell’economia e delle finanze, entro il 30 settembre di ogni anno, sentita l’UNCEM, presenta al Parlamento la Relazione annuale sullo stato della montagna, con particolare riferimento all’attuazione della presente legge ed al quadro delle risorse destinate e da destinare al settore da parte dello Stato, su fondi propri o derivanti da programmi comunitari. Nella Relazione sono raccolti anche i referti delle regioni sull’attività in favore delle zone montane, i fondi da esse attivati e gli obiettivi perseguiti.
Art. 9.
(Riserva ai territori e agli enti montani di quote di fondi statali destinati agli enti locali)
1. Ai comuni montani e alle comunità montane è riservata una quota dei fondi statali destinati agli enti locali riguardanti:
a) la perequazione, di cui all’articolo 119, terzo comma, della Costituzione, in misura non inferiore al 70 per cento;
b) gli investimenti, in misura non inferiore al 70 per cento;
c) l’associazionismo intercomunale, in misura non inferiore al 50 per cento;
d) i contributi e i trasferimenti statali minimi per singoli enti locali, aventi popolazione inferiore a 5.000 abitanti, in misura non inferiore all’80 per cento;
e) i finanziamenti statali per la formazione integrata e finalizzata, nella pubblica amministrazione, ai sistemi informativi e all’e-government;
f) gli interventi straordinari.
2. Le quote di cui al comma 1 sono ripartite in base ai criteri indicati nell’articolo 8.
Art. 10.
(Esenzione totale dell’imposta sul valore aggiunto-IVA)
1. Nelle zone montane, sono interamente esenti dall’imposta sul valore aggiunto (IVA) le prestazioni connesse, sia nella domanda, sia nell’offerta, con le opere:
a) volte a favorire gli insediamenti, riguardanti l’acquisto, la ristrutturazione e la costruzione di prime abitazioni, a condizione che l’immobile non sia di lusso, sia ubicato nel comune in cui l’acquirente o il proprietario ha la propria residenza e che l’acquirente, nell’atto di acquisto, o il proprietario dichiarino, a pena di decadenza, di non possedere altro fabbricato o porzioni di fabbricato destinati ad abitazione nel territorio nazionale, di volerlo adibire a propria abitazione e di non aver già usufruito delle presenti agevolazioni;
b) realizzate da imprese agricole, produttori agricoli a titolo principale, imprenditori agricoli, singoli o associati, cooperative di produzione agricola e di lavoro agricolo forestale, operatori impegnati nelle pluriattività, che concernono il riassetto idrogeologico, la sistemazione idraulica e forestale, le risorse idriche, le opere di sistemazione finalizzate alla salvaguardia del patrimonio artistico e storico, l’edilizia rurale per attività delle imprese agricole, il paesaggio montano, la regolazione e la manutenzione dei corsi d’acqua, la prevenzione degli incendi boschivi, la sistemazione e la manutenzione agraria, forestale e rurale, la manutenzione straordinaria e ordinaria della viabilità comunale.
2. Sono altresì interamente esenti dall’IVA tutte le attività, prestazioni ed opere delle pubbliche amministrazioni operanti nelle zone montane.
Art. 11.
(Esenzioni e riduzioni da imposte e diritti)
1. Nelle zone montane sono esentati dal pagamento delle imposte di registro, dei diritti di voltura, delle trascrizioni ipotecarie, catastali, di bollo, gli atti riguardanti:
a) il trasferimento e l’accorpamento di proprietà di fondi rustici, da parte di agricoltori diretti, imprenditori agricoli, singoli o associati;
b) il trasferimento di proprietà di beni, acquisiti dalle comunità montane, da destinare alla realizzazione di insediamenti produttivi;
c) la produzione da biomasse.
2. L’energia elettrica prodotta nei territori montani da piccoli generatori comunque azionati, quali aerogeneratori, piccoli gruppi elettrogeni, piccole centraline idro-elettriche, impianti fotovoltaici, con potenza elettrica non superiore a trenta kilowatt, o da gruppi elettrogeni funzionanti a gas metano biologico, è esentata dalla relativa imposta erariale sul consumo. È inoltre esente da qualsiasi imposta la produzione energetica derivante da biomasse prodotte nei medesimi ambiti.
3. Nei territori montani, in ragione del disagio ambientale, può essere concessa dal Comitato interministeriale prezzi (CIP) una riduzione, di cui lo stesso CIP determina la misura percentuale, del sovrapprezzo termico sui consumi domestici dei residenti e sui consumi relativi ad attività produttive.
4. Limitatamente alle zone montane, sono rese permanenti le ulteriori agevolazioni sul gasolio e sul gas di petrolio liquefatto (GPL), previste dall’articolo 5 del decreto-legge 1º ottobre 2001, n. 356, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 novembre 2001, n. 418. Nelle medesime zone, le accise previste nell’allegato I al testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative, di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, e successive modificazioni, gravanti sui prodotti petroliferi indicati all’articolo 21, comma 1, del medesimo testo unico, sono ridotte del 20 per cento.
5. Al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 154:
1) al comma 1, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «I costi per la gestione ed il mantenimento delle aree di salvaguardia gravano sulle tariffe dei comuni con popolazione superiore ai 40.000 abitanti in misura non minore del 5 per cento.»;
2) al comma 6, il secondo periodo è sostituito dal seguente: «Per conseguire obiettivi di equa distribuzione dei costi sono previste maggiorazioni della tariffa non minori del 5 per cento per le residenze secondarie, nonché per gli impianti ricettivi stagionali non situati nelle zone montane.»;
b) all’articolo 163, il comma 2 è sostituito dal seguente:
«2. La quota di tariffa riferita ai costi per la gestione ed il mantenimento delle aree di salvaguardia è versata alla comunità montana, ove costituita, o agli enti locali nel cui territorio ricadono le derivazioni».
6. In attesa dell’attuazione della delega di cui all’articolo 7 della legge 7 aprile 2003, n. 80, l’aliquota prevista nell’allegato I del testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative, di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, e successive modificazioni, è ridotta di 51,65 euro per ogni mille litri di prodotto, per il gasolio utilizzato per l’esercizio degli impianti di trasporto a fune in servizio pubblico di persone nei comuni montani, secondo modalità da stabilire con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze. L’efficacia di tale agevolazione è subordinata all’assenso della Commissione europea.
Art. 12.
(Finanziamenti, contributi
e agevolazioni fiscali)
1. Nell’ambito delle sue competenze, lo Stato dispone finanziamenti, contributi e agevolazioni fiscali riguardanti in particolare:
a) finanziamenti, in base al piano forestale nazionale, assegnati alle comunità montane e ai consorzi forestali, di cui al decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 227, per la forestazione e per l’agricoltura eco-compatibile, anche per la parte delle quote nazionali previste dai regolamenti comunitari a completamento delle erogazioni del Fondo europeo di orientamento e di garanzia agricola (FEOGA) e di altri programmi comunitari;
b) contributi per la forestazione, ai sensi della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e della legge 23 dicembre 2000, n. 388;
c) contributi per la realizzazione e la manutenzione degli impianti a fune;
d) finanziamenti di progetti per la valorizzazione economica dei terreni abbandonati e per forme collettive di trasformazione e commercializzazione dei prodotti tipici della montagna;
e) finanziamenti di interventi per il turismo montano, nel quadro previsto dalla legge 29 marzo 2001, n. 135;
f) agevolazioni fiscali, nelle quote e nei pagamenti dell’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) e dell’imposta sul reddito delle persone giuridiche (IRPEG), nonché contributi per la manutenzione e l’ammodernamento, a favore di imprese turistiche montane colpite da eventi esogeni con squilibri economici, per impianti di innevamento e impianti di risalita;
g) estensione delle agevolazioni, di cui all’articolo 9 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, e successive modificazioni, per il recupero del patrimonio edilizio nei centri di montagna;
h) conferma dell’esenzione dall’imposta comunale sugli immobili (lCI) dei terreni agricoli montani;
i) ammissibilità del credito di imposta per investimento delle imprese nell’adegua mento e nell’ammodernamento degli impianti;
l) priorità nella ripartizione dei fondi, erogati dalla Cassa per la formazione della piccola proprietà contadina, per gli acquisti di terreni montani, in particolare proposti da giovani agricoltori;
m) concessione della copertura parziale degli interessi sui mutui dell’Istituto di servizi per il mercato agricolo-alimentare (ISMEA) per trasferimento di terreni per la ricostituzione di aziende agricole di montagna in compendi unici.
Art. 13.
(Agevolazioni per le imprese,
gli imprenditori commerciali e gli artigiani nei comuni di minore dimensione)
1. Per i comuni montani con meno di 1.000 abitanti e per le zone abitate con meno di 500 abitanti ricadenti in comuni montani ed individuati dalle rispettive regioni, la determinazione del reddito d’impresa per attività artigiane, commerciali e per i pubblici esercizi con giro di affari assoggettato all’IVA, nell’anno precedente, inferiore a 60.000 euro può avvenire, per gli anni di imposta successivi, sulla base di un concordato con gli uffici dell’amministrazione finanziaria. In tal caso le imprese stesse sono esonerate dalla tenuta di ogni documentazione contabile e di ogni certificazione fiscale.
2. Le imprese operanti nei comuni di cui al comma 1 che investono nel miglioramento della propria attività, in particolare per l’adeguamento e l’ammodernamento funzionale degli impianti e delle attrezzature, possono avvalersi di un credito di imposta pari al 10 per cento del valore dei nuovi investimenti, applicato nel rispetto dei criteri e dei limiti di intensità di aiuto stabiliti dalla Commissione delle Comunità europee.
3. Le disposizioni di cui al decreto-legge 30 dicembre 1985, n. 786, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1986, n. 44, in materia di promozione dell’imprenditorialità giovanile nel Mezzogiorno, sono estese ai comuni di cui al comma 1, non ricadenti nelle delimitazioni di cui all’articolo 1 del testo unico delle leggi sugli interventi nel Mezzogiorno, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 marzo 1978, n. 218.
4. Le imprese agricole, operanti nelle zone montane, sono esenti dagli oneri previdenziali per assunzioni a tempo determinato o stagionale di coltivatori diretti e di lavoratori extracomunitari. Le minori entrate contributive sono rimborsate annualmente agli enti previdenziali interessati sulla base di apposita convenzione.
5. Per i piccoli imprenditori che intendono investire in attività produttive nei comuni montani con popolazione fino a 3.000 abitanti, l’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) e i contributi sociali sono ridotti del 50 per cento.
Art. 14.
(Incentivi alle pluriattività)
1. I coltivatori diretti, singoli o associati, i quali conducono aziende agricole ubicate nei comuni montani, anche in relazione a quanto stabilito dagli articoli 14 e 15 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, possono assumere in appalto sia da enti pubblici sia da privati, impiegando esclusivamente il lavoro proprio e dei familiari di cui all’articolo 230-bis del codice civile, nonché utilizzando esclusivamente macchine ed attrezzature di loro proprietà, lavori relativi alla sistemazione e alla manutenzione del territorio montano quali lavori di forestazione, di costruzione di piste forestali, di arginatura, di sistemazione idraulica, di difesa dalle avversità atmosferiche e dagli incendi boschivi e similari, nonché lavori agricoli e forestali quali l’aratura, la semina, la potatura, la falciatura, la mietitrebbiatura, i trattamenti antiparassitari, la raccolta di prodotti agricoli, il taglio del bosco e similari, per importi non superiori a 25.000 euro per ogni anno nel caso di imprenditori singoli, e non superiori a 150.000 euro per ogni anno nel caso di imprenditori in forma associata. Tale importo è rivalutato annualmente con decreto del Ministro competente in base all’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati rilevato dall’ISTAT.
2. I lavori di cui al comma 1 non sono considerati prestazioni di servizi ai fini fiscali e non sono soggetti ad imposta, se sono resi tra soci di una stessa associazione non avente fini di lucro ed avente lo scopo di migliorare la situazione economica delle aziende agricole associate e lo scambio interaziendale di servizi.
3. I soggetti di cui al comma 1 sono esclusi dal regime comunitario delle quote-latte di cui al regolamento (CE) n. 1788/2003, del Consiglio, del 29 settembre 2003, purché esercitino l’allevamento in forme tradizionali ed estensive e nel limite produttivo di 100.000 litri annui per azienda; possono inoltre trasportare il latte fresco fino alla propria cooperativa per sè e per altri soci della stessa cooperativa impiegando mezzi di trasporto di loro proprietà, anche agricoli, iscritti nell’ufficio meccanizzazione agricola (UMA). Tale ultima attività ai fini fiscali non è considerata quale prestazione di servizio e non è soggetta ad imposta.
4. I contributi agricoli unificati versati dai coltivatori diretti all’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) – gestione agricola, garantiscono la copertura assicurativa infortunistica per i soggetti e le attività di cui ai commi 2 e 3.
5. I soggetti di cui al comma 1 possono assumere in appalto da enti pubblici l’incarico di trasporto locale di persone, utilizzando esclusivamente automezzi di loro proprietà.
6. Le cooperative di produzione agricola e di lavoro agricolo-forestale che hanno sede ed esercitano prevalentemente le loro attività nei comuni montani e che, conformemente alle disposizioni del proprio statuto, esercitano attività di sistemazione e di manutenzione agraria, forestale e, in genere, del territorio e degli ambienti rurali, possono ricevere in affidamento dagli enti locali e dagli altri enti di diritto pubblico, in deroga alle vigenti disposizioni di legge e tramite apposite convenzioni, l’esecuzione di lavori di servizi attinenti alla difesa e alla valorizzazione dell’ambiente e del paesaggio quali la forestazione, il riassetto idrogeologico e la sistemazione idraulica e similari, a condizione che l’importo dei lavori o dei servizi non sia superiore a 150.000 euro per ogni anno.
7. All’articolo 18, comma 1, della legge 31 gennaio 1994, n. 97, dopo le parole: «operanti nei comuni montani» sono inserite le seguenti: «nonché, nelle regioni a statuto speciale, gli enti territorialmente competenti».
Capo III
VALORIZZAZIONE E PROMOZIONE DEL TERRITORIO
Art. 15.
(Piani di sviluppo economico
e tutela ambientale e territoriale)
1. I piani pluriennali di sviluppo socio-economico di cui all’articolo 28, commi 3 e 5, del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, hanno come finalità il consolidamento e lo sviluppo delle attività economiche ed il miglioramento dei servizi. I piani individuano, per le diverse attività economiche presenti sul territorio, gli obiettivi di sviluppo sostenibile da perseguire per il periodo di tempo considerato, con particolare riferimento al miglioramento delle condizioni qualitative della vita nei territori montani e agli obiettivi dell’incremento dell’occupazione e dell’innalzamento del tenore di vita delle popolazioni residenti, e definiscono su tale base, indicando anche i relativi strumenti attuativi, le priorità delle opere e degli interventi da realizzare ed il livello di miglioramento del patrimonio naturalistico agrosilvo-pastorale a favore di una maggiore biodiversità, il riassetto idrogeologico, la sistemazione idraulico-forestale, l’uso delle risorse idriche, la valorizzazione, la conservazione e la gestione del patrimonio naturale e monumentale, dell’edilizia rurale, dei centri storici e del paesaggio rurale e montano. Gli interventi sostengono le attività economiche ecocompatibili, da porre al servizio dell’uomo ai fini dello sviluppo civile e sociale, anche a tutela delle generazioni future. I piani pluriennali di sviluppo possono prevedere la concessione di incentivi e di benefici a favore delle attività economiche individuate come prioritarie. Al finanziamento degli interventi e delle opere previsti dagli stessi piani concorrono, in forma coordinata, risorse finanziarie provenienti dalle comunità montane, dalle province, dalle regioni, dallo Stato e dall’Unione europea. A tali fini le amministrazioni pubbliche prestano ogni collaborazione e supporto tecnico alle comunità montane per l’individuazione e l’acquisizione delle risorse finanziarie utilizzabili.
2. Le previsioni di interventi per la salvaguardia e la valorizzazione dell’ambiente, mediante il riassetto idrogeologico, la sistemazione idraulico-forestale e l’uso delle risorse idriche, sono coordinate con i piani di bacino di cui all’articolo 65 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.
Art. 16.
(Usi civici)
1. Nei comuni montani, i decreti di espropriazione per opere pubbliche o di pubblica utilità per le quali i soggetti esproprianti hanno ottenuto, ove necessario, l’autorizzazione, previa approvazione della regione, determinano la cessazione degli usi civici eventualmente gravanti sui beni oggetto di espropriazione.
2. Il diritto a compensi, eventualmente spettanti ai fruitori degli usi civici sui beni espropriati, così come determinati dalla regione, è fatto valere sull’indennità di espropriazione.
Art. 17.
(Servizi decentrati dello Stato)
1. Lo Stato organizza nelle zone montane i servizi, che rientrano nella sua competenza, secondo criteri di decentramento, individuando inoltre livelli essenziali di prestazioni che garantiscono diritti sociali e civili accessibili ai cittadini e alle imprese.
2. Il Corpo forestale dello Stato istituisce proprie sedi in ogni comunità montana.
3. Le Agenzie fiscali, ad invarianza di spesa e tenuto conto delle attività di decentramento già avviate, promuovono una razionale organizzazione degli uffici al fine di consentirne l’agevole accesso da parte dei residenti nei territori montani.
4. Il Ministero delle comunicazioni, quale autorità di regolazione del settore postale, sentita la Conferenza unificata, è autorizzato a stipulare, previo conforme avviso del Ministero dell’economia e delle finanze, nonché del CIPE, un apposito Atto aggiuntivo al contratto di programma per il triennio 2006-2008, con Poste italiane Spa, al fine di assicurare, quale livello essenziale minimo delle prestazioni da erogare su tutto il territorio nazionale, che nelle zone montane gli uffici postali periferici e le strutture di recapito siano accessibili a prescindere dalle condizioni di equilibrio economico, anche con apertura degli uffici part-time o con operatori polivalenti ovvero mediante uffici mobili. All’onere derivante dall’Atto aggiuntivo al Contratto di programma con il concessionario del servizio postale universale si provvede con le risorse di cui all’articolo 34.
5. Nei comuni montani, d’intesa tra gli enti interessati, è autorizzata l’istituzione di centri multifunzionali, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, nei quali concentrare una pluralità di servizi, quali i servizi ambientali, energetici, scolastici, artigianali, turistici, di comunicazione, di volontariato e di associazionismo culturale, commerciali e di sicurezza. I centri multifunzionali si avvalgono del Sistema informativo della montagna (SIM) di cui all’articolo 21.
Art. 18.
(Servizi pubblici)
1. I comuni, le comunità montane, le province e le regioni possono prevedere contributi a favore dei residenti e delle imprese operanti nei territori montani per allacciamenti telefonici ed elettrici e per il potenziamento delle linee elettriche a case sparse e piccoli agglomerati non inclusi nelle zone perimetrate destinate ad insediamenti residenziali.
2. I comuni, le comunità montane, le province e le regioni, d’intesa con le associazioni degli esercenti gli impianti di distribuzione di carburanti, determinano le condizioni per assicurare, anche in deroga alle disposizioni generali vigenti in materia nelle zone montane, la presenza del servizio di erogazione quale servizio fondamentale.
3. Ad integrazione del Piano nazionale contenente le linee guida per l’ammodernamento del sistema distributivo dei carburanti, di cui al decreto del Ministro delle attività produttive del 31 ottobre 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 279 del 30 novembre 2001, le regioni, sentiti anche i comuni e le comunità montane, d’intesa con le associazioni degli esercenti gli impianti di distribuzione dei carburanti, possono determinare le condizioni per assicurare, nei comuni montani con meno di 3.000 abitanti, la presenza del servizio di erogazione quale servizio fondamentale. Alla copertura dei maggiori costi del servizio si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per la razionalizzazione della rete di distribuzione dei carburanti, di cui all’articolo 6 del decreto legislativo 11 febbraio 1998, n. 32.
4. Le regioni assicurano standard di diffusione e qualità dei servizi pubblici nelle aree montane.
5. I soggetti gestori di pubblici servizi anche locali sono tenuti ad inserire nei contratti e nelle convenzioni che regolano l’erogazione dei servizi e nelle carte dei servizi elementi certi in ordine ai livelli essenziali di prestazioni che garantiscano diritti sociali e civili accessibili ai cittadini e alle imprese.
6. Nell’ambito delle politiche volte al mantenimento dei servizi essenziali, il Ministero delle comunicazioni promuove la fruibilità nelle zone montane del servizio pubblico generale radiotelevisivo, nell’ambito degli obblighi derivanti dalla convenzione e dal contratto di servizio nel rispetto della vigente normativa, e un graduale aumento di disponibilità delle reti radiomobili di comunicazione pubblica GSM.
7. L’installazione, la manutenzione e la gestione degli impianti radiotelevisivi e di telefonia mobile e fissa che servono i territori montani sono a totale carico degli enti gestori.
8. Fermo quanto previsto dagli articoli 53 e 54 del codice delle comunicazioni elettroniche, di cui al decreto legislativo 1º agosto 2003, n. 259, i collegamenti telefonici in favore di soggetti residenti nei territori montani sono assoggettati a formule tariffarie speciali per consumatori con esigenze sociali particolari, ai sensi dell’articolo 59 del codice di cui al decreto legislativo n. 259 del 2003.
Art. 19.
(Sedi montane di attività
e strutture di alta qualificazione)
1. Su proposta della Conferenza unificata sono emanate direttive per sollecitare e vincolare le amministrazioni, anche autonome, dello Stato a decentrare nei comuni montani e nelle comunità montane proprie sedi, attività e servizi, con specifico riguardo a istituti di ricerca, laboratori, università, musei, infrastrutture culturali, ricreative e sportive, ospedali specializzati, case di cura e di assistenza, disponendo gli stanziamenti finanziari necessari e per sostenere con adeguate dotazioni finanziarie straordinarie le strutture di tale natura esistenti.
Art. 20.
(Sistema formativo)
1. Lo Stato, le regioni e gli enti locali, nell’ambito delle rispettive competenze, collaborano nel realizzare un equilibrato sviluppo territoriale dell’offerta di scuola dell’infanzia, primaria, secondaria di primo e di secondo grado mediante la conclusione di accordi di programma. Gli accordi possono concernere anche le riduzioni tariffarie dei trasporti pubblici locali da riservare agli studenti. Si applicano, in quanto compatibili o non espressamente derogate, le disposizioni di cui all’articolo 34 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. Gli accordi di programma sono attuati a livello provinciale, previa intesa tra l’autorità scolastica provinciale, le comunità montane e gli altri enti locali interessati.
2. Le autonomie scolastiche insistenti nelle zone montane, nell’ambito delle proprie prerogative, possono prevedere forme diverse di frequenza scolastica, concentrandola in periodi settimanali o mensili, salvo lo svolgimento del monte di ore minimo di lezione, o prevedendo la possibilità di lezioni a distanza. A tal fine il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con l’UNCEM e la Conferenza unificata, predispone progetti pilota di istruzione tenendo conto delle esigenze delle diverse realtà territoriali.
3. In deroga a quanto disposto dall’articolo 17, commi 20 e 21, della legge 15 maggio 1997, n. 127, le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, possono cedere a titolo gratuito, alle autonomie scolastiche, personal computer o altre apparecchiature informatiche, trascorsi almeno due anni dal loro acquisto e l’amministrazione ha provveduto alla loro sostituzione. Le cessioni sono effettuate prioritariamente alle autonomie scolastiche insistenti nelle aree montane e non costituiscono presupposto ai fini dell’applicazione dell’imposta sulle donazioni.
4. Nelle zone montane, sulla base di formali intese tra l’amministrazione scolastica provinciale e l’ente provincia, possono essere costituite classi anche in deroga alla normativa vigente. L’Ufficio scolastico regionale assicura le risorse di personale nonché le risorse finanziarie necessarie per il funzionamento dell’eventuale maggior numero di classi rispetto ai parametri fissati dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca.
5. Nei comuni montani con meno di 5.000 abitanti, nelle comunità montane o nelle zone montane delimitate dall’autorità scolastica provinciale, possono essere costituiti istituti comprensivi di scuola dell’infanzia, primaria, secondaria di primo e di secondo grado, cui è assegnato personale, anche direttivo, della scuola secondo criteri e modalità stabiliti dalla regione.
Art. 21.
(Informatica, telematica e ricerca scientifica)
1. Al potenziamento del sistema informativo della montagna (SIM), realizzato ai sensi dell’articolo 24 della legge 31 gennaio 1994, n. 97, ed allo sviluppo di infrastrutture di comunicazione tecnologicamente avanzate sia per il sistema degli enti locali sia per l’insieme delle attività presenti sul territorio è attribuito carattere prioritario nell’ambito dell’attuazione dei piani di sviluppo informatico.
2. Il Ministero per l’innovazione, sentito il Centro nazionale per l’informatica nella pubblica amministrazione (CNIPA), di cui all’articolo 4 del decreto legislativo 12 febbraio 1993, n. 39, e successive modificazioni, può stipulare accordi con altre pubbliche amministrazioni, ovvero con soggetti privati operanti nel settore informatico e telematico, al fine di assicurare la diffusione ed integrazione dei servizi telematici già esistenti nell’ambito della pubblica amministrazione, attraverso le infrastrutture tecnologiche e organizzative del SIM.
3. Gli sportelli del SIM presso gli enti locali potranno essere utilizzati per l’emissione delle carte di identità elettroniche e delle carte nazionali dei servizi, tramite connessione al Centro nazionale dei servizi demografici, previa autorizzazione del Ministero dell’interno. Detti sportelli potranno eventualmente fungere da punti di accesso dei tecnici e degli esercenti della professione notarile per l’invio certificato e documentato degli atti di variazione ipo-catastale, nei casi e con le modalità da determinare con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, sentito il CNIPA.
4. Le amministrazioni centrali dello Stato, d’intesa con la Conferenza unificata, istituiscono gli opportuni collegamenti dei servizi d’interesse nelle aree montane, con le comunità montane, i comuni montani e l’UNCEM. Il CNIPA, sentita l’UNCEM, predispone le possibili forme di reciproca collaborazione e consultazione.
5. I comuni e le comunità montane operano quali sportelli dei cittadini per superare le difficoltà di comunicazione tra le varie strutture e i servizi territoriali. A tal fine, le amministrazioni pubbliche ed i soggetti che gestiscono pubblici servizi sono tenuti a consentire loro l’accesso gratuito a tutte le informazioni e a tutti i servizi non coperti da segreto, nonché ad indirizzarli tra le diverse tipologie di intervento.
Art. 22.
(Campagne informative)
1. Per il finanziamento di campagne informative annuali in favore della montagna italiana, relative alle finalità della presente legge ed alla diffusione della cultura della montagna, sono stanziati 2 milioni di euro in ragione d’anno. Le campagne informative sono predisposte, in accordo con le regioni, dal Ministro per gli affari regionali o, in sua assenza, dalla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per gli affari regionali. Le campagne sono predisposte, in accordo con le regioni, dall’Istituto nazionale della montagna (IMONT) di cui alla delibera 17 marzo 2004, n. 146.
Art. 23.
(Patrimonio forestale)
1. Le comunità montane, singolarmente o in associazione tra loro, nell’ambito del proprio territorio e d’intesa con i comuni ed altri enti interessati, possono provvedere alla gestione del patrimonio forestale mediante costituzione di consorzi forestali ai sensi dell’articolo 5 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 227, anche in forma coattiva qualora lo richiedano i proprietari di almeno i tre quarti della superficie interessata, salvo il disposto del comma 6 del presente articolo. Possono essere affidati alla gestione dei consorzi i boschi demaniali o di enti pubblici, non utilizzati, e le aree abbandonate dai proprietari, anche nelle zone limitrofe alla comunità montana.
2. Le regioni possono affidare alle comunità montane ed ai consorzi forestali compiti di manutenzione, conservazione, valorizzazione, accrescimento e sfruttamento compatibile del patrimonio forestale ad essi affidato, nonché di assistenza tecnica, monitoraggio, ricomposizione ambientale e sorveglianza. A tal fine i consorzi, in accordo con la comunità montana, elaborano piani territoriali forestali, redatti da soggetti professionali abilitati, nei quali, valutato lo stato della risorsa, sono coordinati gli interventi di tutela e di sfruttamento della risorsa. Sono ammessi a finanziamento progetti mirati alla valorizzazione economica quali piantagioni con specie a rapida crescita in stazioni pedoclimatiche favorevoli, attività vivaistica, sfruttamento di biomasse a fini energetici o colturali, definizione di forme collettive di trasformazione e di commercializzazione dei prodotti e progetti analoghi. Ai fini della tutela ambientale, gli organismi possono beneficiare anche di contributi commisurati agli oneri derivanti dalle suddette attività, che hanno finalità di interesse generale. I piani territoriali forestali sono coordinati con i piani di sviluppo socio-economico descritti dall’articolo 15 della presente legge, previsti dalle leggi regionali per la montagna ove esistenti e dall’articolo 28 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e con i piani di bacino previsti dalla legge 18 maggio 1989, n. 183, ma possono essere avviati anche in attesa della loro definizione.
3. In deroga ai requisiti di cui dall’articolo 3 della legge 6 marzo 2001, n. 64, istitutiva del servizio civile nazionale, i consorzi possono richiedere l’assegnazione di giovani volontari residenti nella comunità montana, per lo svolgimento delle funzioni di salvaguardia del patrimonio forestale di cui all’articolo 1, comma 1, lettera d), della citata legge n. 64 del 2001.
4. I consorzi godono dei benefici previsti dall’articolo 139 del regio decreto 30 dicembre 1923, n. 3267. Il Ministero delle politiche agricole e forestali e il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio attribuiscono alle regioni finanziamenti da destinare ai consorzi forestali costituiti presso le comunità montane per interventi di forestazione nell’ambito dei piani forestali di competenza e le quote di parte nazionale previste dai regolamenti comunitari a completamento delle erogazioni a carico del FEOGA, del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) e degli altri programmi comunitari. Il riparto dei finanziamenti viene effettuato d’intesa con la Conferenza unificata.
5. Per le finalità del presente articolo sono vincolate risorse pari al 5 per cento delle complessive disponibilità finanziarie della legge 23 dicembre 1999, n. 499. Gli interventi di ricostituzione del manto forestale di cui al comma 2 del presente articolo costituiscono attuazione dell’articolo 110 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, applicativo del protocollo di Kyoto sulla riduzione delle emissioni in atmosfera, e sono finanziati mediante una quota vincolata pari al 10 per cento del fondo ivi previsto. Una quota pari al 20 per cento dei trasferimenti del presente comma è attribuita con finalità premiale secondo criteri che tengono conto dell’aumento delle superfici boschive e della diminuzione delle aree percorse dagli incendi.
6. I proprietari che conferiscono in amministrazione terreni alle comunità montane per le finalità di cui al presente articolo sono esonerati dal pagamento di ogni imposta o tributo gravante sui fondi ceduti e da qualsiasi spesa inerente il contratto d’affitto e hanno diritto, altresì, a percepire il canone determinato nel rapporto tra comunità montana e affittuario. Il conferimento ha durata minima di dieci anni e può essere rinnovato. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri è emanato, ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, il regolamento per l’attuazione del presente articolo; in attesa dell’emanazione del regolamento, le comunità montane adottano un regolamento provvisorio.
Art. 24.
(Pascoli montani)
1. Ai fini del mantenimento e del recupero dei pascoli montani per la produzione di carni e formaggi di qualità, nonché per la conservazione del paesaggio e dell’ecosistema tradizionali, le regioni predispongono un Piano per l’individuazione, il recupero, l’utilizzazione razionale e la valorizzazione dei sistemi pascolivi montani, anche promovendo la costituzione di forme associative tra i proprietari e gli affittuari interessati.
2. Per le finalità del presente articolo sono vincolate risorse annuali pari al 5 per cento delle complessive disponibilità finanziarie della citata legge 23 dicembre 1999, n. 499. L’attribuzione alle regioni dei relativi finanziamenti avviene d’intesa con la Conferenza unificata.
Art. 25.
(Certificazione di ecocompatibilità
e marchio di garanzia)
1. Per i boschi esistenti e per le formazioni forestali create nei territori montani con specie indigene di pregio, a lungo ciclo di maturazione, gestiti con criteri di ecocompatibilità, le regioni promuovono la certificazione di ecocompatibilità ed il marchio che attestano la provenienza della materia prima legno.
2. La certificazione di ecocompatibilità e il marchio di cui al presente articolo sono rilasciati a tutti i prodotti derivati dal legno proveniente dalle zone di cui al comma 1.
3. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro delle politiche agricole e forestali, d’intesa con la Conferenza unificata, stabilisce con proprio regolamento i criteri silvicolturali da rispettare e le modalità per il rilascio e l’uso della certificazione e del marchio previsti dai commi 1 e 2 del presente articolo.
Art. 26.
(Tutela dei prodotti tipici)
1. Al fine di tutelare l’originalità del patrimonio storico-culturale dei territori montani, i prodotti protetti con le indicazioni «denominazione di origine» o «indicazione geografica» o «attestazione di specificità», ai sensi del regolamento (CE) n. 510/2006 del Consiglio, del 20 marzo 2006, e del regolamento (CE) n. 509/2006 del Consiglio, del 20 marzo 2006, sono autorizzati a fregiarsi della menzione aggiuntiva «prodotto della montagna italiana», con annessa specificazione regionale, da attribuirsi, sentite le comunità montane interessate, alle sole produzioni agroalimentari originate nei comuni montani, sia per quanto riguarda la trasformazione sia la provenienza della materia prima.
2. Le produzioni di cui al comma 1 possono fregiarsi della menzione aggiuntiva «prodotto della montagna italiana» anche se aggregate a più vasti comprensori di consorzi di tutela.
3. La denominazione di «prodotto della montagna italiana» nei termini di cui all’articolo 23 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, è estesa ai prodotti ed alle lavorazioni tipiche, diverse da quelle tutelate ai sensi del comma 1 del presente articolo, che siano state autorizzate dal Ministro delle politiche agricole e forestali. La domanda di registrazione è presentata alla regione dalle associazioni di produttori, qualunque sia la forma giuridica che esse assumono, e deve essere corredata da un disciplinare contenente gli elementi di cui all’articolo 6 del citato regolamento (CE) n. 509/2006 del Consiglio, del 20 marzo 2006. L’autorizzazione individua l’organismo di controllo ai sensi dell’articolo 53 della legge 24 aprile 1998, n. 128, e successive modificazioni, e costituisce il titolo per l’inserimento dei prodotti nell’elenco nazionale dei prodotti tradizionali previsto dall’articolo 8 del decreto legislativo 30 aprile 1998, n. 173, nonché per l’ammissione alle deroghe ivi previste.
4. Allo sviluppo dei contratti di collaborazione con le pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 14 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, in favore dei prodotti tipici delle zone montane, è destinata una quota non inferiore al 30 per cento del Fondo per la ricerca nel settore dell’agricoltura biologica e di qualità di cui all’articolo 59, comma 2, della legge 23 dicembre 1999, n. 488, e successive modificazioni.
5. I comuni montani possono indicare nella cartellonistica ufficiale i rispettivi prodotti agroalimentari tradizionali, preceduti dalla dicitura «Luogo di produzione del».
6. I comuni e le comunità montane possono stipulare contratti di collaborazione con gli imprenditori agricoli ai sensi dell’articolo 14 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, per la valorizzazione dei prodotti agroalimentari tradizionali, nonché per la promozione delle vocazioni produttive del territorio, la tutela delle produzioni di qualità e delle tradizioni alimentari e culturali locali e per la salvaguardia, l’incremento e la valorizzazione della locale fauna selvatica.
Art. 27.
(Sanità di montagna)
1. Tra gli adempimenti cui sono tenute, ai fini dell’accesso al finanziamento del Servizio sanitario nazionale, nell’ambito della propria programmazione socio-sanitaria, nei presìdi ospedalieri dei territori montani, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono prevedere l’adozione di criteri derogatori rispetto agli standard di dotazione media di posti-letto sia per malati acuti, sia per la riabilitazione e, allo stesso scopo, stanziare risorse aggiuntive rispetto alla spesa media pro capite, con particolare riferimento agli indici di invecchiamento della popolazione, di dispersione territoriale e di bassa densità demografica.
2. Nella definizione dei livelli essenziali di assistenza, allo scopo di rimuovere obiettive situazioni di svantaggio, il Servizio sanitario nazionale assicura alle regioni risorse aggiuntive in grado di riconoscere ai cittadini residenti nei territori montani il diritto di accedere ai servizi sanitari e sociosanitari in condizioni di equità e di pari opportunità, favorendo così l’effettivo esercizio dei diritti della persona.
3. Ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lettera m), e in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione, lo Stato istituisce il Fondo perequativo, stimando il deficit di risorse dei territori montani rispetto ai dati nazionali, tenendo conto anche dell’esigenza di assicurare quanto stabilito ai commi 1 e 2.
4. Nell’ambito del potenziamento delle iniziative di e-government, il Ministro per l’innovazione e le tecnologie, di concerto con il Ministro della salute, predispone un progetto per lo sviluppo del servizio di telemedicina, definibile come insieme di servizi sanitari trasmessi a distanza in tempo reale tra due o più punti terminali attraverso l’uso integrato di tecnologie informatiche e di servizi di telecomunicazione su reti dedicate, nelle zone montane e nelle aree marginali dello Stato. Il progetto è approvato d’intesa con la Conferenza unificata. Nel progetto sono determinati: l’uniformità di linguaggio, la compatibilità dei software e degli hardware tra loro connessi, la stabilità dei collegamenti, l’individuazione e la certificazione di standard di qualità; sono inoltre definite le procedure per la raccolta e la diffusione dei dati statistici. Le regioni provvedono all’attuazione del progetto anche avvalendosi, per le zone montane, della rete del SIM. Per le finalità del presente comma è vincolata una quota pari allo 0,3 per cento del Fondo sanitario nazionale, iscritto nell’unità previsionale di base 4.1.2.1 dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze.
5. Le regioni provvedono, nell’ambito dei propri piani sanitari, a garantire ai residenti nelle aree montane l’accesso ai servizi sanitari in condizioni di pari opportunità. Su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, la Conferenza unificata determina annualmente una quota del fondo perequativo degli squilibri di fiscalità locali di cui all’articolo 34 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, da destinare allo sviluppo della sanità montana. Della suddetta quota si tiene conto nell’ambito della revisione del sistema dei trasferimenti erariali, prevista dall’articolo 27, comma 2, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, e successive modificazioni. Lo standard di cui all’articolo 3, comma 4, del decreto-legge 18 settembre 2001, n. 347, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 novembre 2001, n. 405, non si applica agli ospedali situati nelle zone montane.
6. Con atto di indirizzo e di coordinamento in materia di criteri di finanziamento delle aziende sanitarie locali, adottato d’intesa con la Conferenza unificata, è determinata la correzione verso l’alto della quota capitaria spettante alle aziende operanti in tutto o in parte nei territori montani.
7. Il servizio prestato dai medici nell’ambito di strutture operanti nelle zone montane è valutato ai fini dell’articolo 8, comma 2-bis, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, concernente la definizione dei criteri valutativi per la progressione della carriera o per l’inquadramento nei ruoli della dirigenza sanitaria.
8. Il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, in collaborazione con l’INM, stabilisce annualmente assegni di studio a favore di giovani laureati in medicina e chirurgia che frequentano scuole di specializzazione e contestualmente si impegnano ad esercitare la professione, per un periodo di almeno cinque anni, in strutture o località decentrate di montagna.
Art. 28.
(Sviluppo del turismo montano)
1. Salva diversa decisione regionale, le comunità montane costituiscono sistemi turistici locali ai sensi dell’articolo 5 della legge 29 marzo 2001, n. 135, accedendo agli interventi ivi previsti. A tal fine è riservata una quota non inferiore al 20 per cento del fondo di cui all’articolo 6 della medesima legge.
2. Al comma 2 dell’articolo 10 della legge 29 marzo 2001, n. 135, l’ultimo periodo è sostituito dal seguente: «Hanno inoltre priorità nell’assegnazione delle agevolazioni le istanze relative a pacchetti di vacanza localizzati nell’ambito delle zone montane».
3. Per gli anni 2006-2008 le proposte formulate dalle regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano, riferite al settore turistico-alberghiero, ai sensi del testo unico delle direttive per la concessione e l’erogazione delle agevolazioni alle attività produttive nelle aree depresse, di cui al decreto del Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato del 3 luglio 2000, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 163 del 14 luglio 2000, concernente la concessione e l’erogazione delle agevolazioni alle attività produttive nelle aree depresse ai sensi del decreto-legge 22 ottobre 1992, n. 415, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 1992, n. 488, hanno priorità nella formazione delle graduatorie speciali e nell’assegnazione delle risorse finanziarie alle stesse destinate.
4. Ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 3, del trattato che istituisce la Comunità europea, a fronte di eventi esogeni portatori di gravi squilibri economici con ripercussioni nel settore turistico montano, lo Stato, nel limite massimo di 5 milioni di euro a decorrere dall’anno 2006, interviene a sostegno dell’economia turistica degli sport della neve, mediante la concessione di finanziamenti a favore delle imprese turistiche operanti in zone colpite da situazioni di eccezionale siccità invernale e mancanza di neve nelle aree sciabili, con particolare riguardo alla copertura degli investimenti relativi agli impianti di innevamento artificiale. I finanziamenti sono concessi nel limite del 70 per cento dell’ammontare complessivo dell’intervento ammesso a contributo. L’efficacia delle disposizioni del presente comma è subordinata alla preventiva comunicazione alla Commissione europea. Le modalità ed i criteri di riparto e di erogazione dei finanziamenti di cui al presente comma sono determinati con decreto del Ministro delle attività produttive, previa intesa con la Conferenza unificata.
5. Sono definiti rifugi di montagna le strutture ricettive custodite da soggetti qualificati, ubicate in zone disagiate o isolate di montagna ed idonee ad offrire ricovero e ristoro, nonché soccorso a sportivi ed escursionisti. Le regioni determinano i requisiti dei rifugi di cui al primo periodo. L’apertura e la gestione dei rifugi di montagna sono soggette ad autorizzazione regionale. Le regioni, anche in deroga alle disposizioni del testo unico delle leggi sanitarie, di cui al regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, della legge 30 aprile 1962, n. 283, e del relativo regolamento di esecuzione, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 marzo 1980, n. 327, della legge 10 maggio 1976, n. 319, del decreto-legge 17 marzo 1995, n. 79, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 maggio 1995, n. 172, nonché in base ai criteri fissati dal decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152, stabiliscono i requisiti minimi dei locali di cucina e di quelli destinati al pernottamento ed al ricovero delle persone, nonché le caratteristiche e la qualità degli scarichi e degli impianti di smaltimento dei reflui delle strutture. Il testo organico delle norme sulla disciplina dei rifugi alpini, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 4 agosto 1957, n. 918, è abrogato.
6. Le costruzioni o le porzioni di costruzioni rurali e relative pertinenze destinate all’esercizio dell’attività agrituristica, di cui alla legge 5 dicembre 1985, n. 730, svolta nelle zone montane, sono assimilate alle costruzioni rurali previste dall’articolo 42 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.
Art. 29.
(Servizio militare prestato
nel Corpo degli alpini)
1. Le truppe alpine conservano la caratteristica di Corpo speciale all’interno delle Forze armate e sono assegnate di stanza nelle Alpi e nelle altre zone montane dello Stato. Il Corpo può essere incaricato dello svolgimento di missioni di protezione civile all’interno e fuori del territorio nazionale, deliberate dal Governo e dal Parlamento secondo le procedure previste dalla legislazione vigente.
2. Ferma restando la sua sottoposizione al Ministero della difesa per quanto attiene ai compiti militari di tutela armata dell’integrità e degli interessi dello Stato, nell’effettuazione degli interventi di protezione civile di cui al comma 1, il Comando delle truppe alpine dipende funzionalmente dal Comitato operativo della protezione civile, di cui all’articolo 5 del decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 2001, n. 401. A tal fine l’addestramento di base militare impartito ai membri delle truppe alpine è opportunamente integrato da cicli addestrativi finalizzati allo svolgimento di attività di protezione civile.
3. Ai fini dell’incorporazione del personale volontario all’interno delle truppe alpine, è attribuita preferenza alle reclute provenienti dalle regioni dell’arco alpino e dalle zone montane.
Art. 30.
(Protezione civile)
1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono, entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, a reperire ed attrezzare nelle zone montane meno facilmente accessibili idonee aree di atterraggio per elicotteri, aree logistiche per l’organizzazione di soccorsi in caso di calamità e reti radio d’emergenza.
2. Al relativo onere si provvede con stanziamento del Dipartimento della protezione civile presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, d’intesa con la Conferenza unificata.
Art. 31.
(Difesa del suolo)
1. In sede di rifinanziamento triennale, nella legge finanziaria annuale, della legge 18 maggio 1989, n. 183, lo Stato individua una quota di risorse, da determinare con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della medesima legge finanziaria, da destinare alla realizzazione degli interventi di manutenzione territoriale previsti nei piani di sviluppo delle comunità montane e realizzati d’intesa con le autorità di bacino, volti alla predisposizione e attuazione dei Piani direttori di salvaguardia del territorio, quali strumenti conoscitivi, gestionali e di indirizzo della programmazione degli interventi di difesa del suolo.
Art. 32.
(Interventi in favore dell’associazionismo sociale)
1. Alla legge 11 agosto 1991, n. 266, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 12, comma 1, lettera d), dopo le parole: «emergenze sociali» sono inserite le seguenti: «, ad interventi nelle zone montane e nelle altre aree territorialmente marginali del paese»;
b) all’articolo 15, il comma 1 è sostituito dal seguente:
«1. Le fondazioni bancarie di cui al decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153, prevedono nei propri statuti che una quota non inferiore ad un quindicesimo dei propri proventi, al netto delle spese di funzionamento e della riserva finalizzata alla sottoscrizione di aumenti di capitale delle società conferitarie, sia destinata alla costituzione di fondi speciali presso le regioni al fine di istituire, per il tramite degli enti locali, centri di servizio a disposizione delle organizzazioni di volontariato, delle cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381, nonché delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS) di cui al decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460, e da queste gestiti, con la funzione di sostenerne e qualificarne l’attività. Una quota non inferiore al 10 per cento dei fondi speciali così costituiti è vincolata alla creazione di centri di servizi nelle zone montane. In tale ambito le somme eventualmente eccedenti possono essere utilizzate per l’acquisto di attrezzature, di materiali e di mezzi il cui utilizzo è strettamente connesso alle attività di natura sociale».
2. A valere sulle risorse del Fondo nazionale per le politiche sociali, di cui all’articolo 20 della legge 8 novembre 2000, n. 328, è riservato un accantonamento annuale pari allo 0,3 per cento finalizzato alla stipula di convenzioni, ai sensi dell’articolo 5 della legge 8 novembre 1991, n. 381, e successive modificazioni, nonché dell’articolo 7 della legge 11 agosto 1991, n. 266, con le associazioni sociali e di volontariato operanti nelle zone montane, per finalità di sostegno alle popolazioni locali.
Capo IV
NORME FINALI E TRANSITORIE
Art. 33.
(Abrogazioni di norme)
1. Gli articoli 1, 2, 7, 9, 10, 12, 14, 16, 17, 20, 21 e 24, della legge 31 gennaio 1994, n. 97, sono abrogati.
Art. 34.
(Riserve di fondi e copertura finanziaria)
1. Per gli anni 2006-2008, è attribuita ai comuni montani ed alle comunità montane una quota pari al 30 per cento del Fondo nazionale per il sostegno alla progettazione delle opere pubbliche delle regioni e degli enti locali, di cui all’articolo 54 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, e successive modificazioni.
2. Agli oneri derivanti dall’attuazione degli articoli 8, 10, 11, 12 e 22, della presente legge, valutati in 100 milioni di euro per l’anno 2006 e degli articoli 13 e 14, valutati in 150 milioni di euro a decorrere dall’anno 2006, si provvede mediante le maggiori entrate derivanti dall’applicazione delle seguenti disposizioni:
a) l’articolo 8, quarto comma, della legge 2 agosto 1982, n. 528, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:
«A decorrere dal 1º gennaio 2006, ai premi del gioco del lotto si applica la ritenuta del 15 per cento»;
b) a decorrere dal 1º gennaio 2006, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, sono aumentate le aliquote di cui all’allegato I del testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative, di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, relative ai prodotti alcolici intermedi e all’alcole etilico al fine di assicurare un maggior gettito complessivo pari a 180 milioni di euro annui.
Art. 35.
(Disposizioni finanziarie)
1. Nel Documento di programmazione economico-finanziaria sono indicate annualmente le risorse da destinare all’attuazione degli articoli 8, 10, 13, 17, 20, 21 e 27 della presente legge. La legge finanziaria dispone le misure necessarie alla progressiva realizzazione degli obiettivi fissati e indica le risorse poste a fronte dei relativi oneri.