GRUPPO DI STUDI SUGLI USI CIVICI E I DEMANI NELL'ITALIA MERIDIONALE- Coordinatore regionale della Consulta Nazionale della Proprietà Collettiva per la Campania- Referente gruppo di lavoro Usi civici e Demani Banca delle Competenze Università di Salerno- gdigenio@unisa.it rif. 3356797337 /prof. avv. Giuseppe Di Genio, docente di Diritto Costituzionale Università Salerno - Avvocato Cassazionista e istruttore perito demaniale Albo regionale Campania
martedì 22 maggio 2007
LIMITI AI POTERI DEL SINDACO SUGLI USI CIVICI. IL CASO CALABRIA
SENTENZA N. 310
ANNO 2006
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Franco BILE Presidente
- Giovanni Maria FLICK Giudice
- Francesco AMIRANTE ”
- Ugo DE SIERVO ”
- Paolo MADDALENA ”
- Alfio FINOCCHIARO ”
- Alfonso QUARANTA ”
- Franco GALLO ”
- Luigi MAZZELLA ”
- Gaetano SILVESTRI ”
- Sabino CASSESE ”
- Maria Rita SAULLE ”
- Giuseppe TESAURO ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 56, commi 1, 2 e 3, della legge della Regione Calabria 3 ottobre 1997, n. 10 (Norme in materia di valorizzazione e razionale utilizzazione delle risorse idriche e di tutela delle acque dall’inquinamento. Delimitazione degli ambiti territoriali ottimali A.T.O. per la gestione del servizio idrico integrato), promosso con ordinanza del 28 febbraio 2005 dal Commissario per la liquidazione degli usi civici per la Regione Calabria, iscritta al n. 237 del registro ordinanze 2005 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 18, prima serie speciale, dell’anno 2005.
Visto l’atto di costituzione del Comitato regionale Legambiente Calabria;
udito nell’udienza pubblica del 4 luglio 2006 il Giudice relatore Alfonso Quaranta;
udito l’avvocato Costantino Francesco Baffa per il Comitato regionale Legambiente Calabria.
Ritenuto in fatto
1.— Il Commissario per la liquidazione degli usi civici per la Regione Calabria, con ordinanza emessa in data 28 febbraio 2005, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 56, commi 1, 2 e 3, della legge della Regione Calabria 3 ottobre 1997, n. 10 (Norme in materia di valorizzazione e razionale utilizzazione delle risorse idriche e di tutela delle acque dall’inquinamento. Delimitazione degli ambiti territoriali ottimali A.T.O. per la gestione del servizio idrico integrato), per contrasto con l’art. 3, primo comma, della Costituzione, anche in riferimento alla legge 16 giugno 1927, n. 1766 (Conversione in legge del regio decreto 22 maggio 1924, n. 751, riguardante il riordinamento degli usi civici nel Regno, del regio decreto 28 agosto 1924, n. 1484, che modifica l’art. 26 del regio decreto 22 maggio 1924, n. 751, e del regio decreto 16 maggio 1926, n. 895, che proroga i termini assegnati dall’art. 2 del regio decreto-legge 22 maggio 1924, n. 751), nonché al regio decreto 26 febbraio 1928, n. 332 (Approvazione del regolamento per la esecuzione della legge 16 giugno 1927, n. 1766, sul riordinamento degli usi civici del Regno) e alla legge 31 gennaio 1994, n. 97 (Nuove disposizioni per le zone montane).
Le disposizioni citate sono sospettate di illegittimità costituzionale nella parte in cui consentono che i beni gravati da usi civici, qualora oggetto di intervento per la realizzazione di opere pubbliche o di pubblico interesse, promosse da enti od organismi pubblici o privati delegati allo scopo e relative a reti per il trasporto di liquidi, aeriformi, energia elettrica, e con tali beni anche i loro accessori (manufatti, impianti, ecc.) interrati, possano essere sottratti alla loro destinazione mediante provvedimento autorizzatorio del sindaco.
2.— L’ordinanza di rimessione è stata resa in due giudizi, previa riunione degli stessi in unico procedimento.
Il primo dei suddetti giudizi veniva incardinato, in origine, con ricorso proposto dal Comitato regionale Legambiente Calabria. Con ordinanza del 26 ottobre 2004, il Commissario per la liquidazione degli usi civici, dopo aver dichiarato la nullità del suddetto ricorso, procedeva di ufficio all’accertamento – già richiesto dal predetto Comitato – della qualitas soli del terreno sito in località “Mezzana”, nel Comune di San Demetrio Corone, concesso «in locazione» dal Comune all’Ente nazionale per l’energia elettrica (ENEL), per la costruzione della cabina primaria di 150/20 KV.
Il secondo, avente analogo petitum, oltre la richiesta cautelare di sequestro giudiziario che non veniva accolta, è stato instaurato, con successivo ricorso, dal medesimo Comitato regionale Legambiente Calabria.
3.— Il Commissario premette che il Comune di San Demetrio Corone ha stipulato con l’ENEL una convenzione che prevede la costruzione, da parte di quest’ultima società, di una cabina elettrica nel territorio comunale (località bosco di “Mezzana”), e riferisce, in sintesi, le rispettive difese prospettate nei giudizi a quibus.
La localizzazione dell’opera è stata ritenuta dal Comitato regionale Legambiente Calabria illegittima, in quanto relativa ad un fondo appartenente al demanio comunale gravato da usi civici. Ad avviso del Comune de quo, nonché dell’ENEL, il fondo in questione non sarebbe sottoposto, invece, al regime degli usi civici; d’altro canto, la cabina elettrica sarebbe conforme alle disposizioni normative vigenti, in ragione di quanto previsto dall’art. 56 della legge della Regione Calabria n. 10 del 1997.
4.— Tanto rilevato, il rimettente osserva che la natura demaniale del fondo in questione e la sottoposizione ad usi civici del medesimo sono state accertate con la propria sentenza, n. 3, pronunciata in data 30 giugno 2004, con la quale si è stabilito che il bosco “Mezzana”, in località Macchia Albanese del Comune di San Demetrio Corone, era gravato da usi civici ai sensi dell’art. 4, primo comma, della legge n. 1766 del 1927 (il quale prevede che rientrano nella classe degli usi civici “essenziali” − in quanto il personale esercizio è riconosciuto necessario per i bisogni della vita − quelli aventi ad oggetto i diritti di pascere e abbeverare il proprio bestiame, raccogliere legna per uso domestico o di personale lavoro, seminare mediante corrisposta al proprietario). Rileva, quindi, come la sottrazione di un bene gravato da usi civici a detta destinazione debba avvenire con le forme e nei limiti previsti dalla normativa primaria.
5.— L’art. 56 della legge regionale n. 10 del 1997 si porrebbe, secondo il Commissario, in chiara dissonanza con la previsione contenuta nell’art. 12 della legge n. 1766 del 1927, che – con riguardo ai terreni utilizzabili come bosco o come pascolo permanente – stabilisce che i Comuni non possono, senza l’autorizzazione, già dell’autorità statale, ora dell’autorità regionale (e ciò in base a quanto previsto dall’art. 66 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, che reca “Attuazione della delega di cui all’art. 1 della legge 22 luglio 1975, n. 382”), alienarli o mutarne la destinazione, nonché con quanto stabilito dall’articolo 41 del r.d. n. 332 del 1928, ove si afferma che una diversa destinazione, se richiesta dai Comuni, potrà essere stabilita solo qualora rappresenti un reale beneficio per la generalità degli abitanti.
Ad avviso del rimettente, la norma della Regione Calabria sospettata di illegittimità costituzionale si discosta da quanto previsto dalla legge n. 1766 del 1927, sia perché consente di pervenire ad una modificazione implicita della destinazione dei beni di uso civico attraverso un procedimento che non prevede l’intervento del consiglio comunale, sia perché prescinde completamente dall’autorizzazione dell’ente regionale.
Le disposizioni in questione sarebbero, pertanto, costituzionalmente illegittime, in ragione di argomentazioni analoghe a quelle già enunciate dalla Corte con la sentenza n. 345 del 1997, con la quale è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale della legge della Regione Abruzzo 27 aprile 1996, n. 23 (Impianti pubblici o di pubblico interesse), in quanto lesiva dell’art. 3 della Costituzione, sotto il profilo della ragionevolezza.
6.— Il Commissario richiama la motivazione della citata sentenza, ritenendo che la stessa possa valere anche in ordine alla disposizione de qua; ed infatti, anche tale norma sarebbe in contrasto, da un lato, con il canone della ragionevolezza (art. 3, primo comma, della Costituzione), poiché, nell’intento di snellire il procedimento per il mutamento di destinazione, collega automaticamente l’estinzione dell’uso civico all’autorizzazione del sindaco alla realizzazione dell’opera, dall’altro, con la legislazione statale, in particolare con la legge n. 1766 del 1927, e con la legge n. 97 del 1994, relativa ai territori montani, quale è il Comune di San Demetrio Corone.
7.— Espone il rimettente che la questione, oltre che non manifestamente infondata per le ragioni indicate, è altresì rilevante nei giudizi a quibus, perché sono certe la natura demaniale e la sottoposizione agli usi civici del fondo nel quale è in atto l’intervento edificatorio-industriale dell’ENEL, e assume rilievo la competenza al rilascio dell’autorizzazione a eseguire gli impianti di rete, che sono qualificati come opere di urbanizzazione nelle quali si concreta una diversa esplicazione del diritto di godimento a favore della collettività utente.
8.— Si è costituito il Comitato regionale Legambiente Calabria che, aderendo alle argomentazioni del giudice a quo, ha concluso per la declaratoria di illegittimità costituzionale. A sostegno delle proprie difese, anche il Comitato ha richiamato le argomentazioni della sentenza di questa Corte n. 345 del 1997, nonché la sentenza del Commissario agli usi civici della Calabria n. 3 del 2004. Quindi, ha rilevato come il fondo in questione sia sottoposto a vincolo paesaggistico ex lege 29 giugno 1939, n. 1497 (Protezione delle bellezze naturali), per opera dell’art. 82, quinto comma, lettera h), del d.P.R. n. 616 del 1977, oggi art. 142, comma 1, lettera h), del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137), che stabilisce che sono comunque di interesse paesaggistico le zone gravate da usi civici, con la conseguenza che i progetti delle opere che vi si intendano eseguire sono sottoposti ad autorizzazione, previa verifica della compatibilità paesaggistica.
Il Comitato censura le disposizioni in esame non solo per la ritenuta lesione del canone della ragionevolezza, ma anche per l’asserita violazione della Costituzione, in particolare degli articoli 9, che enuncia il principio della tutela del paesaggio, 44, che afferma il principio del razionale sfruttamento del suolo, e 117, secondo comma, lettera s), che riserva allo Stato la competenza legislativa in materia di ambiente.
Considerato in diritto
1.— Il Commissario per la liquidazione degli usi civici per la Regione Calabria dubita della legittimità costituzionale dell’art. 56, commi 1, 2 e 3, della legge della Regione Calabria 3 ottobre 1997, n. 10 (Norme in materia di valorizzazione e razionale utilizzazione delle risorse idriche e di tutela delle acque dall’inquinamento. Delimitazione degli ambiti territoriali ottimali A.T.O. per la gestione del servizio idrico integrato), ritenuto in contrasto con l’art. 3, primo comma, della Costituzione, anche in riferimento alla legge 16 giugno 1927, n. 1766 (Conversione in legge del regio decreto 22 maggio 1924, n. 751, riguardante il riordinamento degli usi civici nel Regno, del regio decreto 28 agosto 1924, n. 1484, che modifica l’art. 26 del regio decreto 22 maggio 1924, n. 751, e del regio decreto 16 maggio 1926, n. 895, che proroga i termini assegnati dall’art. 2 del regio decreto-legge 22 maggio 1924, n. 751), nonché al regio decreto 26 febbraio 1928, n. 332 (Approvazione del regolamento per la esecuzione della legge 16 giugno 1927, n. 1766, sul riordinamento degli usi civici del Regno) e alla legge 31 gennaio 1994, n. 97 (Nuove disposizioni per le zone montane).
I giudizi a quibus, riuniti in unico procedimento, hanno ad oggetto l’accertamento della qualitas soli del terreno sito in località “Mezzana”, nel Comune di San Demetrio Corone, concesso «in locazione» dal suddetto Comune all’Ente nazionale per l’energia elettrica (ENEL), per la costruzione di una cabina primaria di 150/20 KV.
2.— Le norme sottoposte al vaglio di costituzionalità stabiliscono: «1. Le opere pubbliche o di pubblico interesse promosse da enti od organismi pubblici o privati delegati allo scopo e relative a reti per il trasporto di liquidi, aeriformi, energia elettrica, nonché i loro accessori (manufatti, impianti, ecc.) interrati, si configurano quali opere di urbanizzazione e, pertanto, non necessitano di conformità urbanistica e non sono soggette a concessione edilizia ma a semplice autorizzazione da parte delle Amministrazioni comunali competenti per territorio».
«2. Quando la realizzazione delle opere di cui al precedente comma è eseguita a cura dell’Amministrazione comunale competente per territorio, l’approvazione del progetto sostituisce l’autorizzazione di cui al comma precedente».
«3. Nel caso che le opere di cui al comma 1 interessino i terreni sui quali gravano usi civici di cui alla legge 16 giugno 1927, n. 1766, il provvedimento autorizzatorio del Sindaco di cui al comma 1 e l’approvazione di cui al comma 2, determina l’immediata utilizzabilità dei suoli interessati, concretando, quella autorizzata, una diversa esplicazione del diritto collettivo di godimento a favore della collettività utente e proprietaria dei beni, non ricorrendo la fattispecie di cui agli articoli 12 della legge n. 1766 del 1927 e 41 del regio decreto n. 332 del 1928».
3.— Le disposizioni impugnate sono censurate nella parte in cui prevedono che i terreni, sui quali gravano usi civici, possano essere sottratti alla loro destinazione con la sola determinazione dell’ente locale, qualora debbano essere realizzate opere pubbliche o di pubblico interesse, che siano promosse da enti o da organismi pubblici o privati delegati allo scopo.
Ad avviso del rimettente, infatti, le norme consentirebbero la realizzazione della cabina elettrica primaria sul fondo de quo, destinato ad usi civici, soltanto su autorizzazione del sindaco, e pertanto si porrebbero in contrasto con l’art. 3, primo comma, della Costituzione, sotto il profilo della ragionevolezza, in quanto, incidendo sulla procedura di mutamento di destinazione dei suoli gravati da usi civici, derogherebbero a quanto previsto dalla legge n. 1766 del 1927, dal regio decreto n. 332 del 1928, nonché dalla legge n. 97 del 1994.
Il Commissario dubita, pertanto, della legittimità costituzionale delle impugnate disposizioni regionali, in quanto le stesse, da un lato, modificano il regime formale delle competenze, attribuendo al sindaco funzioni regionali e, dall’altro, statuiscono che le opere relative alla realizzazione degli impianti di rete debbano essere considerate, sempre e comunque, opere di urbanizzazione, nella cui realizzazione si concreta una diversa esplicazione del diritto di godimento a favore della collettività utente e proprietaria dei beni.
4.— Si è costituito nel giudizio il Comitato regionale Legambiente Calabria deducendo l’illegittimità costituzionale della legge regionale, in parte qua, e prospettando la lesione di ulteriori parametri costituzionali, individuati negli articoli 9, 44 e 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione.
5.— Preliminarmente, occorre precisare che la questione di legittimità costituzionale deve essere esaminata entro i limiti del thema decidendum, come individuato dall’ordinanza di rimessione. Secondo il costante orientamento di questa Corte rimane, infatti, estraneo al giudizio di costituzionalità l’esame di questioni diverse da quelle prospettate dal giudice rimettente, con riferimento ad ulteriori parametri costituzionali non evocati da quest’ultimo (v. tra le altre, ordinanza n. 202 del 2006).
6.— Nel merito, la questione è fondata.
7.— Questa Corte, in una fattispecie sostanzialmente analoga, relativa alla legge della Regione Abruzzo 27 aprile 1996, n. 23 (Impianti pubblici o di pubblico interesse), con sentenza n. 345 del 1997, è pervenuta alla dichiarazione di illegittimità costituzionale della legge stessa per contrasto con il canone della ragionevolezza, di cui all’art. 3 della Costituzione.
La Corte, nella suddetta pronuncia, ha affermato che «le norme statali, contenute nella legge 16 giugno 1927, n. 1766 (...), e nell’art. 41 del regio decreto 26 febbraio 1928, n. 332 (...), richiedono che le limitazioni o la liquidazione dei diritti di uso civico siano precedute dall’assegnazione dei suoli alla categoria sub lettera a) dell’art. 11 della legge n. 1766 e – qualora inclusi in questa – alienati o mutati nella destinazione previa l’autorizzazione ministeriale (art. 12), ora regionale (art. 66 del d.P.R. n. 616 del 1977). Autorizzazione che, tuttavia, non assorbe le valutazioni del Ministro per i beni culturali e ambientali».
Si è ravvisata, pertanto, «una stretta connessione fra “l’interesse della collettività generale alla conservazione degli usi civici nella misura in cui essa contribuisce alla salvaguardia dell’ambiente e del paesaggio”, in ragione del vincolo paesaggistico di cui alla legge n. 1497 del 1939, sancito dall’art. 82, quinto comma, lettera h), del d.P.R. n. 616 del 1977, (...), che è garantito dal potere di iniziativa processuale dei Commissari, e il principio democratico di partecipazione alle decisioni in sede locale, corrispondente agli interessi di quelle popolazioni, di cui sono diventate esponenti le Regioni ai sensi degli artt. 117 e 118 della Costituzione».
La Corte, quindi, ha ritenuto sussistere «il contrasto della legge censurata con la disciplina statale, che prevede l’obbligatorietà del procedimento di “assegnazione a categoria” dei terreni civici da alienare o mutare nella destinazione e postula la compatibilità del programma di trasformazione con le valutazioni paesistiche».
Data la sostanziale coincidenza della questione ora in esame con quella sulla quale è intervenuta la citata sentenza, questa Corte ritiene che per la impugnata legge della Regione Calabria debba pervenirsi alle medesime conclusioni e sulla base, sostanzialmente, delle argomentazioni su cui poggia la pronuncia richiamata.
8.— Infatti, la disciplina dettata dagli artt. 11 e 12 della legge n. 1766 del 1927 e dall’art. 41 del regio decreto n. 332 del 1928, stabilisce che i Comuni non possono alienare o mutare la destinazione dei terreni su cui si esercitano usi civici, “essenziali” o “utili” (artt. 1 e 4 della legge n. 1766 del 1927), sussunti nella categoria dei “terreni convenientemente utilizzabili come bosco o come pascolo permanente”, senza l’autorizzazione, già ministeriale, ora dell’autorità regionale (e ciò in base a quanto previsto dall’ art. 66 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 che reca “Attuazione della delega di cui all’art. 1 della legge 22 luglio 1975, n. 382”). L’art. 142, comma 1, lettera h), del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137), a sua volta, prevede che sono comunque di interesse paesaggistico le zone gravate da usi civici. Da ciò consegue che, come stabilito dall’art. 146, comma 1, del medesimo decreto legislativo, devono essere sottoposti alla valutazione della Regione – o dell’ente locale al quale la Regione abbia delegato le relative funzioni – i progetti delle opere che si intendano eseguire sugli stessi, affinché ne sia accertata la compatibilità paesaggistica e sia rilasciata la relativa autorizzazione a realizzarli.
9.— L’art. 56, commi 1, 2 e 3, della legge della Regione Calabria n. 10 del 1997 prevede, invece, una regolamentazione diversa dalla disciplina sopra richiamata. A tal proposito, occorre rilevare come nella struttura della suddetta normativa regionale, sottoposta al vaglio di costituzionalità, non si rinvenga una specifica causa giustificatrice, dalla quale si possano dedurre, sul piano costituzionale, le ragioni poste a base della suddetta deroga (cfr. sentenza n. 432 del 2005).
Di qui la lesione, ad opera della stessa legge regionale, dell’art. 3, primo comma, della Costituzione, sotto il profilo della ragionevolezza.
9.1.— La disciplina statale sopra richiamata tende a garantire l’interesse della collettività generale alla conservazione degli usi civici – in relazione anche al vincolo paesaggistico di cui all’art. 142, comma 1, lettera h), del d.lgs. n. 42 del 2004 – così contribuendo alla salvaguardia dell’ambiente e del paesaggio. Nella specie, il legislatore regionale ha operato un’assimilazione, del tutto irragionevole, tra godimento collettivo di un terreno sottoposto ad uso civico e l’interesse alla realizzazione sullo stesso di un’opera funzionale ad un impianto di rete per il trasporto di energia elettrica, modificando, senza una giustificazione razionale, la procedura prevista dal legislatore statale per il mutamento di destinazione del bene.
9.2.— Sotto altro aspetto, va osservato – come ha già rilevato la citata sentenza n. 345 del 1997 – che vi è una stretta connessione fra l’interesse della collettività alla conservazione degli usi civici e il principio democratico di partecipazione alle decisioni in sede locale, corrispondente agli interessi di quelle popolazioni, di cui sono diventate esponenti le Regioni.
Sul punto, la disciplina statale prevede, quale presupposto per promuovere il procedimento di mutamento di destinazione, l’obbligatorietà dell’“assegnazione a categoria” dei terreni sottoposti ad uso civico, e postula la compatibilità del programma di trasformazione con valutazioni paesistiche.
La legge regionale impugnata, invece, attribuisce all’amministrazione comunale il potere di rilasciare un’autorizzazione che ha l’effetto di rendere immediatamente utilizzabili i suoli destinati ad uso civico. «Tutto ciò sul presupposto, astratto e generalizzato, che la realizzazione degli impianti a rete, destinati alle telecomunicazioni, al trasporto energetico, dell’acqua e del gas, nonché allo smaltimento dei liquami, costituisca “una diversa esplicazione del diritto collettivo di godimento a favore della collettività utente e proprietaria dei beni” (...), mentre tali valutazioni, per gli interessi di rango costituzionale che vi sono sottesi, non possono non essere concrete: cioè, formulate e apprezzate attraverso il coinvolgimento, di volta in volta, delle popolazioni interessate» (citata sentenza n. 345 del 1997).
9.3.— La lesione del canone della ragionevolezza, di cui all’art. 3, primo comma, della Costituzione, pertanto, comporta la declaratoria di illegittimità costituzionale delle disposizioni in esame.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 56, commi 1, 2 e 3, della legge della Regione Calabria 3 ottobre 1997, n. 10 (Norme in materia di valorizzazione e razionale utilizzazione delle risorse idriche e di tutela delle acque dall’inquinamento. Delimitazione degli ambiti territoriali ottimali A.T.O. per la gestione del servizio idrico integrato).
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 luglio 2006.
Franco BILE, Presidente
Alfonso QUARANTA, Redattore
Depositata in Cancelleria il 27 luglio 2006.