martedì 29 maggio 2007

GIOTTO MINUCCI SI SOFFERMA SULLA PROPOSTA DI LEGGE REGIONALE IN TOSCANA.













UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI TRENTO




Centro Studi e Documentazione sui Demani civici e le Proprietà collettive




12^ Riunione Scientifica sul tema :




“ TUTELA E VALORIZZAZIONE DELLE RISORSE NATURALI DELLA PROPRIETA' COLLETTIVA “




Trento , 16 e 17 Novembre 2006-




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Giotto Minucci




Contributo individuale predisposto sul tema :





“ La Regione Toscana verso la spoliazione degli




USI CIVICI “



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Ottobre 2006
































La Regione Toscana ha inviato di recente a tutti gli Enti locali, un documento preliminare contenente le linee generali relative alla proposta di legge in materia di “USI CIVICI “ avente per oggetto :




“ la proposta di Legge oggetto del presente documento preliminare si riferisce alla materia degli usi civici , materia che la Regione Toscana si propone appunto di riordinare “.


Tale riordino , sotto il profilo “ materiale “ :


interessa circa 30.000 ettari in Toscana , in parte relativi a demani pubblici , ed in parte ad aree private ;


coinvolge, “ in toto “ od in parte, un centinaio di amministrazioni comunali, oltre che 27 associazioni di tutela dei beni di uso civico ( cosiddette “ asbuc “ ).




E' strano costatare che diversi dipartimenti regionali disconoscono, non per mala fede, s'intende, la reale appartenenza delle terre collettive le quali non sono né dello Stato, né della Regione, né delle Province né tanto meno dei Comuni, bensì sono della universitas civium che ne dispone liberamente per le necessità quotidiane.


La Regione Toscana corre ora ai rimedi alla lunga “ vacatio legis “ in materia di usi civici che doveva emanare circa trent'anni fa a seguito del passaggio delle funzioni amministrative disposte con i D.P.R 15 Gennaio 1972 (art. 1 ) e 24 Luglio 1977 (art. 66) e, in conseguenza, è costretta per lo svolgimento dei propri compiti istituzionali a riguardo, alla rigorosa osservanza delle rigide disposizioni contenute nella Legge 16 Giugno 1927 n. 1766 e nel R.D. 26 Febbraio 1928, n. 332, norme che hanno preservato sino ad oggi dalle indiscriminate speculazioni edilizie e dalle facili autorizzazioni regionali relativi ai cambi di destinazione d'uso, l'integrità del demanio civico e la sua particolare natura giuridica della inalienabilità, inusucapibilità, immodificabilità, imprescribilità.


























Dalla disamina del documento sopra citato relativo alla emananda legge riordino degli usi civici in Toscana, si evince palesemente l'intenzione del legislatore di eliminare in toto l'ermetica legge del '27 al fine di poter realizzare sui terreni agricoli ( ex art. 11 -lettera b), strutture edilizie di ogni genere le cui edificazioni sono rigorosamente vietate .


Si dice che la legge del 27 è una norma obsoleta non più confacente, oggi, per i fini per cui venne prolungata.


“ L'uso civico era nato per dare sostentamento vitale alle popolazioni, in un momento storico nel quale la terra rappresentava l'unico elemento dal quale le popolazioni potevano ricavare i prodotti necessari per la sopravvivenza. Attualmente questa giustificazione ha perso quasi del tutto la sua ragion d'essere: si sopravvive, nella attuale società, non più con la terra, ma con tutta una serie di fonti di reddito che pongono la terra agli ultimi posti. La complessità della attuale società, e soprattutto le caratteristiche della società industriale, sono andate evidenziando una pluralità di situazioni che snaturano quasi del tutto la funzione vitale del bene-terra “


E' così che la Regione Toscana intenderebbe decretare per l'emanazione della legge in materia di riordino degli usi civici “


E' vero che la finalità della legge del 1927 aveva di mira non la sopravvivenza degli usi civici, ma la loro liquidazione in particolar modo per le terre appartenenti alla categoria b), mentre per i terreni utilizzabili come bosco o come pascolo, l'uso civico era destinato a durare indefinitamente. Perché il governo dopo aver promulgato un buona legge in materia, intendeva liquidare i benefici spettanti alle Comunità interessate, legittime proprietarie dei beni a loro riconosciuti, perduti nel tempo per effetto di nefasti editti come quelli praticati in Toscana da Pietro Leopoldo nel 1778 e 1788 ? La risposta è semplice in quanto si venne a creare in ogni Comunità, degli organismi autonomi di gestione non graditi, ovviamente, alla classe politica dell'epoca.
















Anche i governi post-unitari tentarono di mettere mano sulle terre civiche come intese il ministro dell'agricoltura Bernardino Grimaldi di Catanzaro il quale, nel Novembre del 1884, presentò alla Camera un disegno di legge ad hoc, progetto che trovò una inaspettata opposizione in particolare da parte dell'On.Le Giovanni Zucconi di Cingoli ( Macerata ) ed anche dal fiorentino Leopoldo Franchetti .


. La lunga battaglia parlamentare costrinse il Governo a porvi rimedio. Nel 1891 sospese la legge del 24 Giugno 1888, e concesse il “ riconoscimento giuridico “ con quella successiva del 4 Agosto 1894 n, 397, alle Collettività,


Associazioni istituite a profitto della generalità degli abitanti di un Comune, di una Frazione di un Comune, o di una determinata classe di cittadini, per la coltivazione o il godimento collettivo dei fondi al fine di valorizzare le potenzialità dei beni “ agro-silvo pastorali di proprietà collettiva indivisibile ed inusucapibile, sia sotto il profilo produttivo, sia sotto quello della tutela ambientale, conferendo alle predette Organizzazioni, comunque denominate, la personalità giuridica di diritto privato.


Constatiamo, purtroppo, nostro malgrado, che questi beni di inestimabile valore costituiscono ambite spogliazioni per gli Enti locali, come ebbe a notificare il compianto Avv. Guido Cervati, il quale rivelava che le “ amministrazioni comunali - più interessate a considerare i problemi del proprio bilancio, se non peggio affascinate da miraggi di nuovi insediamenti speculativi - hanno visto nei Beni Collettivi, patrimoni di immediata commercializzazione, e quindi inutili e complesse pastoie nel vincoli legislativi. E perciò oggi facile sentir parlare di terre comunali e di diritti civici come di antichi feticci, da cui occorre sgombrare il campo, per dare via libera allo sviluppo di un'agricoltura individualizzata, o ancor peggio, alla speculazione degli insediamenti ( edilizi, turistici, industriali ) sui demani. L'ubicazione e vocazione delle terre civiche alletta a tali iniziative: le più belle zone costiere o montane sono ancora Beni Civici, o Beni privati reintegrabili o liquidabili “.


Si calcoli che in Toscana vi sono 30.000 ettari diffusi in 260 Comuni nei quali, in moltissimi di essi , non sono ancora state iniziate le indagini demaniali per la definizione della natura civica dei terreni in questione !










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Anche nell'ultima legislatura venne tentata la spoliazione delle proprietà collettive enunciata nei disegni di legge nn. 406 -621 -653 - 1131 - 1183 e 1241 “ Beni collettivi e diritti d'uso civico “ fermamente respinta dagli esperti in materia del Centro Studi e Documentazione sui Demani e le Proprietà collettive dell'Università degli Studi di Trento, i quali tennero le loro sagge audizioni il giorno 19 giugno 2003 presso il Senato della Repubblica, convocati dal Sen. Emmidio Novi, Presidente delle Commissioni Riunite in sede referente II^ Giustizia e XIII^ Territorio, Ambiente e Beni Ambientali. Purtroppo incombe su questi beni una minaccia sempre presente e, pertanto, prudentemente, il giorno 7 Marzo u.s. è stata costituita presso la sala stampa del Senato della Repubblica, la Consulta Nazionale della Proprietà Collettiva con sede in Trento presso il Centro Studi sopra citato, il cui presidente pro-tempore è Carlo Grgic .


Ciò che non attuò il passato Governo per l'avvedutezza degli alcuni Amministratori di questi beni, ci prova ora la Regione Toscana con una legge espressamente anticostituzionale come si dimostrerà di seguito.




La Regione Toscana è orientata per la redazione dell'emananda legge in materia di usi civici sviluppando i seguenti concetti fondamentali i quali sono:




“ A seguito delle riforma costituzionale n. 3/2001, ed a fronte del novellato art. 117 della Costituzione, l'ambito ed i limiti della competenza legislativa in materia di usi civici vanno oggi “ riconsiderati “. A tale proposito, si deve in primo luogo tener conto della circostanza che le nuove disposizioni costituzionali non prendono in specifica considerazione né gli USI CIVICI, né la materia dell'AGRICOLTURA e FORESTE che, come si è visto, stando ai decreti del Presidente della Repubblica del 1972 e del 1977, li comprende.


Ne discende che sugli USI CIVICI può esplicarsi ora la potestà legislativa regionale residuale di cui al quarto comma dell'art .117. Come è noto, in tal caso, diversamente da quanto previsto per la legislazione concorrente, il legislatore regionale non trova il limite dei principi fondamentali determinati dalla legislazione dello Stato, ma piuttosto quello delle materie spettanti ( ai sensi del secondo comma dell'art. 117 ) alla potestà legislativa statale esclusiva, le quali, ponendosi su un piano orizzontale, sono suscettibili in astratto di interferire con qualsiasi altra materia.








Pertanto, nella materia qui in oggetto, tali limiti sembrano doversi rinvenire, essenzialmente, nell'art. 117, comma 2, lettera, l, e lettera s ) rispettivamente riconducibili all'ordinamento civile ( che certamente dà luogo alle limitazioni di maggiore “ intensità” ) e della tutela dell'ambiente “


Sono concetti questi enunciati alla politichese che allontanano sempre più i non addetti ai lavori a non capire la funzionalità, il fine, lo scopo primario della salvaguardia e conservazione dei beni civici e collettivi spettanti ad ogni Comunità di abitanti, legittimi proprietari e la limitatezza della potestà legislativa regionale attinente a questa complessa materia, resa comprensibile dalle normative statali vigenti .


L'entrata in vigore delle “ Modifiche al Titolo V, parte II, della Costituzione ( legge costituzionale 18 ottobre 2001 n. 3 ), rende necessario e urgente attuare la nuova normativa, anche adeguando e integrando le recenti riforme amministrative che hanno aperto la strada al potenziamento delle autonomie.


In alcuna parte della citata legge viene fatta menzione degli Usi civici e le Proprietà collettive che hanno costituito da sempre la piena autonomia nella gestione da parte delle Comunità proprietarie, anzi favorisce l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività d'interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà ( art. 4 ).


La citata legge modifica soltanto gli articoli contenuti al Titolo V, parte seconda, non già i principi fondamentali della nostra Costituzione repubblicana di cui all'art. 5: La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali …”


La Regione Toscana sostiene invece che “ gli usi civici vanno oggi “ riconsiderati, poiché le nuove disposizioni costituzionali non prendono in specifica considerazione tali beni, né la materia dell'agricoltura e foreste, regolamentati dai decreti presidenziali del 1972 e del 1977.


Il legislatore regionale intenderebbe in tal modo ridimensionare alcune disposizioni di massima statali, attinenti alla materia in questione, utili agli interessi della politica locale.
















Per nostra fortuna siamo ancora sotto l'usbergo delle leggi costituzionali. La pessima legge 1766 del 1927 che garantisce alle Comunità fruitrici dei beni civici e collettivi, la piena autonomia nella gestione, non deve essere assolutamente toccata, bensì consultata ogni giorno al fine che non si abbiano più a ripetersi le dissensioni tra le A.S.B.U.C. e gli Enti locali Regione, Province e Comuni, costringendo le citate Amministrazioni Separate per difendersi dall'arroganza politica diffusa, in particolar modo in questi ultimi scorci d'anni, a sostenere ingenti spese per i legali, periti, consulenti tributari da rischiare il totale collasso finanziario, costi sostenuti per l'attivazione delle cause presso i Tribunali ordinari, Corte d'Appello, T.A.R. e Commissariato per la liquidazione degli Usi Civici per il Lazio, Toscana ed Umbria con sede in Roma. sacrificando il reinvestimento dei proventi , utilizzati nel passato , per le realizzazioni di opere a beneficio della collettività !


Con il trasferimento d'alcune competenze in materia d'usi civici e dell'agricoltura e foreste, credono le Regioni di avere la potestà legislativa, anche per quanto attiene le competenze dei Commissari, convinzione, poi, dichiarata nulla dalla Corte Costituzionale - vedi ad esempio - le sentenze n. 307 e 308 del 2003 -


Si riporta, a proposito, un succinto commento di Leonardo Salvemini:






“ La Corte Costituzionale interviene in materia d'ambiente, con tutte le sue importanti sfumature, con due sentenze importanti ( nn. 307 e 308 2003 ) che riaffermano alcuni principi valevoli anche ai fini della legge La Loggia 131/2003. … omissis … Secondo il Governo ( ricorrente ) le disposizioni impugnate invadono la competenza esclusiva statale e violano i principi fondamentali stabiliti dalle leggi della Stato. E' da premettere che tutte le leggi regionali impugnate sono state emanate nel vigore del nuovo titolo V parte seconda della Costituzione, come risultante dalla legge costituzionale 18 Ottobre 2001 n. 3, e fanno seguito altresì alla legge statale 22 Febbraio 2001, n.36 ( Legge quadro sulla protezione dalle espropiazioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici ).










La Corte, prima ancora di inoltrarsi nell'analisi delle questioni sollevate, ritiene opportuno “ sgomberare il campo da un assunto di carattere generale, che il ricorrente ( Governo ) sostiene in modo più esplicito nel ricorso contro la legge dell'Umbria, invocando la competenza legislativa esclusiva attribuita dallo Stato dall'art.117, secondo comma, lettera s, della Costituzione, in tema di tutela ambientale, dell'ecosistema e dei beni culturali “, per escludere qualsiasi competenza delle Regioni a legiferare in vista di finalità di tutela dell'ambiente “.




Altra clamorosa sentenza della Corte Costituzionale è quella n. 46 del 1995 con la quale viene ripristinata la tutela giuridica demaniale ed ambientale “ex officio “ del Commissario per la liquidazione degli usi civici.


A riguardo si riporta un'erudita nota d'Emanuele Casamassima:




Con la sentenza in epigrafe, “ che si annota con grande soddisfazione e sollievo per chi ha veramente a cuore il pubblico generale interesse sulla proprietà collettiva, natura ed ambiente “, così afferma l'Autore, viene ripristinata la tutela giuridica dei beni demaniali ed ambientali e quindi di tutta la giurisdizione commissariale. Sull'erroneo e del tutto infondato presupposto che “ la giurisdizione officiosa del Commissario era di natura esclusivamente incidentale, perché gli derivava dall'esercizio delle funzioni amministrative “, la Corte di Cassazione, a sezioni unite, con la sentenza n. 858/1994 e le successive pari data n.859,860, 861 e 862 aveva con grande imprudenza e superficialità ritenuto di esprimere, ovviamente solo giurisprudenzialmente ( perché non si poteva fare peggio ), in buona sostanza tutta la giurisprudenza del Commissario, in quanto la faceva dipendere solamente ed esclusivamente dal potere politico regionale, che in astratto e in concreto non è stato mai esercitato e forse non lo sarà mai, per i radicali ed assolute incapacità dimostrate, ormai istituzionalizzate in questi anni di lungo ed inutile approccio alla materia, trasferita sin dal lontano d.p.r. 617/77. Sviluppate sul piano giuridico queste affermazioni, l'Autore esamina la sentenza della Corte Costituzionale che fa giustizia del marasma creato nella materia, osservando conclusivamente che la Regione, dopo aver richiesto ed ottenuto il potere amministrativo, non solo non lo esercita, ma tollera persino incredibili situazioni di usurpazioni, arbitrarie occupazioni, ed impunità, con conseguenti incertezze e perplessità sui rapporti giuridici, che ancora di più richiedono invece l'intervento d'ufficio, sempre più assiduo e sempre più necessitato del Commissario, rimasto unica risorsa di tutela ( non più amministrativa, perché del








tutto scomparsa ! ) giurisdizionale, che la Cassazione riteneva di sopprimere - ( Bibliografia: art. 29 comma 2. legge 16 giugno 1927, n. 1766 - art. 66 d.p.r. 24 Luglio 1977, n. 616 - Cass. sez. un.civ. 28 Gennaio 1994, n.858 ).


Altra considerazione di rilievo in merito alla citata sentenza, viene pronunciata da Maria Athena Lorizio “ I Commissari per gli usi civici e i poteri d'ufficio - Conflitto fra giudici in attesa della legge. Osservazione a C. Cost. 20 Febbraio 1995 , n. 46 ) , la quale si esprime :


La sentenza in rassegna riguarda il ruolo e i poteri d'ufficio del Commissario agli usi civici nell'attuale organizzazione della giustizia, confermando la permanenza del potere del Commissario stesso di esercitare d'ufficio la propria giurisdizione, pur dopo il trasferimento alle Regioni delle funzioni amministrative di cui era in passato titolare. L' Autrice esamina i motivi di dissenso su questo punto fra la Corte Costituzionale e la Corte di Cassazione, alla luce delle disposizioni normative di cui alla legge 1766/1927 e al d.p.r. 616/1977. Sottolinea come la Consulta sia stata indotta a mantenere l'attuale assetto normativo in considerazione dell'importanza del ruolo del Commissario degli usi civici al fine della salvaguardia dell'ambiente. Conclude auspicando che il legislatore, nel dare vita ad una complessa revisione normativa della materia, tenga conto dell'orientamento espresso dai Giudici Costituzionali “ ( Bibliografia: legge 16 Giugno 1927 n. 1766 - d.p.r. 24 Luglio, n. 616 ).




A rafforzare il convincimento che la Regione non può sostituirsi allo Stato “ nell'allocazione dell'esercizio delle funzioni amministrative in capo agli enti locali ( ed in particolare alle Province ) e che consenta, dall'altro, la (ri)costruzione organica della materia medesima, all'insegna della chiarezza e della certezza dei diritti, delle funzioni amministrative e delle competenze, alle quali tutti gli enti ed organismi ( pubblici e privati ) possono improntare la propria azione ed i comportamenti conseguenti, ( direttive del legislatore regionale per la stesura dell'emananda legge sugli usi civici ), si cita un'ulteriore sentenza della












Corte Costituzionale del 27 luglio 2006 n. 310 promossa dal Commissario per la liquidazione degli usi civici della Regione Calabria. Nel giudizio si è costituito anche il Comitato regionale Legambiente Calabria, il quale deduce l'illegittimità costituzionale della legge regionale, in parte qua, e prospettando la lesione di ulteriori parametri costituzionali, individuati negli articoli 9, 44 e 117, secondo comma, lettera s ), della Costituzione, avendo il Comune di S. Demetrio Corone stipulato con l'ENEL una convenzione che prevedeva la costruzione, da parte di quest'ultima società, di una cabina elettrica nel territorio comunale in località bosco di “ Mezzana “. La localizzazione dell'opera è stata ritenuta dal predetto Comitato illegittima, in quanto relativa ad un fondo appartenente al demanio comunale gravato da usi civici. Ad avviso del Comune de quo, nonché dell'Enel, il fondo in questione non sarebbe sottoposto, invece, al regime degli usi civici .


E' intervenuto il Commissario a fare chiarezza affermando che l'atto è da ritenersi nullo in quanto non sono state eseguite le procedure previste dalla Legge n.1766/1927 - Sono costituzionalmente illegittime l'art. 56, commi 1,2 e 3 della legge delle Regione Calabria 3 ottobre 1997, n, 1°, che, operando un'assimilazione del tutto irragionevole tra il godimento di un terreno sottoposto ad uso civico e l'interesse alla realizzazione dello stesso di un'opera funzionale ad un impianto di rete per il trasporto di energia elettrica, ha modificato la procedura prevista dal legislatore statale per il mutamento di destinazione del bene. La legge regionale prevede, infatti, la necessità della sola determinazione dell'ente locale, a prescindere dall'autorizzazione della Regione, o dell'`Ente locale al quale la Regione abbia delegato le relative funzioni - la qual è invece richiesta dall'art.66 del D.P.R. 24 Luglio 1977, n. 616, e dall'art. 142, c.l, lett. H ) del d.lgs n. 42, in ragione dell'interesse paesaggistico riconosciuto alle zone gravate da usi civici - Così deciso in Roma, nella sede della Corte Costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 Luglio 2006 - Franco Bile, Presidente - Alfonso Quaranta - Redattore -


In merito alle facili autorizzazioni di cambi di destinazione d'uso del demanio civico o addirittura la convinzione che qualunque Ente locale possa concedere tali consensi e perfino di consentire l'utilizzo delle terre civiche senza il prescritto assenso statale o regionale ma esibendo una semplice dichiarazione attestante il diretto proprietario di tali beni da parte di alcune A.S.B.U.C. -vedi il caso dell'ASBUC di Montepescali, la quale aveva autorizzato ad un privato (AFV-Grancia) l'uso della caccia sui terreni del demanio civico








D.D. n. 3585 del 30/08/06 - provincia di Grosseto, annullato con altro n.4213 del 18/10 c.a ) perché mancante della prescritta autorizzazione regionale ( art.12 legge 16 Giugno 1927 n. 1766 - art. 41 R.D. 332/28 e art. 66 D.P.R. 616/77), è fortemente richiamata l'attenzione da parte dei Commissari agli usi civici .


Si esamini - a riguardo - quanto ebbe ad asserire il Commissario per la Toscana -Lazio ed Umbria nel 2005:


…… “ In queste condizioni, non sorprende che dei demani e dei diritti civici fruiscano in tutto il paese solo gruppi marginali, non sorprende che anch'essi si prestino o si rassegnino ai mutamenti di destinazione, vietati dalla legge, ma attivamente perseguiti dal capitale edilizio o commerciale, non sorprende che gli stessi aventi diritto favoriscano l'usurpazione e la vendita delle proprie terre con o senza irrisori compensi monetari, non sorprende infine che le loro rappresentanze politiche si attivino ad ogni livello per la radicale soppressione di quel regime di incommerciabilità che ha rappresentato finora lo strumento imprescindibile per la perpetuazione degli usi civici nel nostro Paese. ….




In questo quadro, l'unico punto di forza è e rimane il Commissario agli Usi Civici, cui residuano oggi solo funzioni di accertamento, ma che mediante un uso accorto dei suoi poteri, può evidenziare agevolmente gli atti illeciti posti in atto con il favore o nella tolleranza dell'amministrazione, può contrastarli efficacemente, in difesa dei patrimoni collettivi e delle popolazioni cui essi spettano, può, in forza della sua esperienza, collaborare ad identificare anche in sede di elaborazione legislativa gli strumenti più ragionevoli per la conservazione di quel che resta di questo immenso patrimonio valutabile, mediamente, non meno di 500 ettari di terra boschiva e pastorale per Comune, non meno di 5 milioni di ettari per l'intero territorio nazionale “.




Ed ancora sempre dal Commissario agli Usi civici per l'Italia Centrale, da un suo editoriale “ Un istituto giuridico poco conosciuto, per il quale da tempo si parla di rinnovamento “, si apprende:






“ …. Occorre a questo punto farsi carico di qualche proposta di innovazione legislativa. Sotto questo profilo, mi preme sottolineare:








-a ) la necessità di dare una definitiva certezza agli accertamenti di cui i diritti


civici tuttora formano oggetto in varie sedi;


- b) la necessità di individuare nuove forme di gestione e amministrazione, più


consone all'assetto attuale degli altri fattori produttivi .




Sotto il primo profilo, va sottolineata la radicale contraddizione esistente nella disciplina vigente, laddove essa affida a due organi diversi e diversamente organizzati l'accertamento e la definizione dei diritti collettivi: da un lato il Commissario agli Usi Civici, che procede in via giudiziaria e decide con sentenze d'accertamento, dall'altro le amministrazioni regionali, che non provvedono direttamente ma recepiscono le dichiarazioni informali dei periti demaniali di cui si servono, senza mai sottoporli a controllo e senza raccordarsi mai con il Commissario competente in sede giudiziale. …..


Il giudizio commissariale è destinato a concludersi al termine della fase preliminare, se gli accertamenti d'insieme, disposti un tempo dal giudice oggi dall'amministrazione regionale, riporteranno il consenso degli interessati, cui siano stati comunicati nelle forme di legge; è destinato a concludersi con una vera e propria sentenza, se gli interessati si opporranno all'accertamento preliminare ovvero chiederanno in via autonoma l'accertamento giudiziale, che il giudice in tal caso è tenuto a promuovere -






…..” Nella quasi generale scomparsa delle comunità civiche, ancora oggi formalmente proprietarie delle terre, occorre almeno garantire che queste vengano utilizzate nell'interesse delle popolazioni che verranno; che, in altri termini, le terre civiche non vengano assegnate o consegnate a singoli privati, spesso, come accade, in cambio di corrispettivi inconsistenti …… Se i terreni civici non sono trascritti sui libri immobiliari o vi sono iscritti al nome delle Amministrazioni, che li amministrano. E' da star certi che, prima o dopo, al Sud, al Centro o nel Nord d'Italia, a qualche Comune verrà la tentazione di disporre in vista di particolari iniziative economiche e produttive, da affidare alla gestione dei privati “ - vedi il caso del Comune di Forni di Sotto (Udine).








Trasferire tutte le competenze in materia di Usi Civici alle Province e ai Comuni, come intenderebbe il legislatore regionale, si verrebbe a creare una tal confusione da neppure immaginarsi se si considera che, a volte, anche fra i magistrati si riscontrano interpretazioni discordanti nel formulare le sentenze su questo complesso argomento -( vedi Cass. sez. un. 28 Gennaio 1994 n.858 e la sentenza n. 46/95 della Corte Costituzione -). Ciò costituirebbe un continuo, giornaliero dissenso tra le ASBUC e gli Enti locali già abbastanza numeroso. “ Il Comune non è nato per possedere terre; i cittadini, attraverso le loro Collettività, sì ! ( Lombardi ).




In conclusione si consiglia al legislatore regionale deputato a redigere “ la legge sugli usi civici “ a non tangere la norma n. 1766 del 1927 e il R.D. n.332 del 1928 anzi di consultarli con scrupolo, al fine di evitare contenziosi che durerebbero centinaia d'anni.




Le Amministrazioni Separate Beni di Uso Civico ( ASBUC) costituiscono nel nostro Paese, preoccupato perennemente per far quadrare i conti dello Stato, un vero esempio di come viene gestita la cosa pubblica senza contrarre DEBITI. Esse vanno rispettate come previsto dalla Costituzione la quale le esalta ,riconoscendole e garantendo la loro autonomia . ex art. 5 ).


Interessante ricordare come negli Statuti del libero Comune di Montepescali del 1200, riordinati nel 1427, la cui funzioni, oggi, vengono continuate dalle ASBUC le quali, checchè se ne dica, sono dei “ microcomuni “ indipendenti dal Comune, quanto venne stabilito all'art. 45 della IV distinctio:




art. 45 - Ognuno accepti l'officio al quale sarà electo .




Gli Offici del Commune a quali ciascuno sarà electo, debba ognuno acceptare, a la pena di soldi cento qualunque non l'accettasse, et pagata la pena, l'officio debba pure exercitare; se già non avesse vacazione per parentado o altra legiptima cagione che lo impedisse, la quale per lo minore Consilglio si debba cognoscere et acceptare, et altrimenti, no.














In questa norma viene chiaramente indicato che è un dovere civico di ogni cittadino, prestare la propria opera al servizio della Comunità, la quale era a titolo gratuito come, del resto, viene praticata anche oggi dai Consiglieri delle A.S.B.U.C. In questo articolo vengono altresì individuate anche le cause di incompatibilità degli eletti, richiamate, oggi, dal Decreto Legislativo 18 Agosto 2000, n.267.



Quanti insegnamenti si potrebbero trarre dalle leggi decretate in tempi remotissimi dai nostri saggi Padri, utili per una buona amministrazione della res publica da esercitare, giurando di operare nel bene a favore della Comunità, come venne disposto nei citati Statuti di Montepescali - ex art. 23 - prima distinctio “ De regiminis Communis “ - Del giuramento di tutti gli officiali, il quale recita:




“ Acciò che ogni officiale s'astenga dalle cose indebite et drittamente,


con debita lealtà , faccia tutte quelle cose à a fare ,aviamo statuito


et ordenato che tutti gli officiali che saranno electi per lo Commune


di Montepescali et tutti quelli che aranno a trafficare le cose del


Commune o per lo Commune aranno a fare alcuna cosa , prima che


esso officio o servizio comincino a fare , giurare debbano a le


sancte di Dio evangelia corporalmente toccando le scripture, el loro


officio bene , diligentemente et lealmente fare et similmente quello


lo sarà imposto et commesso con buona fede et sollecitudine ,senza


fraude et con drictura , remosso ogni proprio bene et tutte quelle


cose ànno ad impedire il bene adoperare “ .




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Grosseto , 27 Ottobre 2006-




Giotto Minucci










BIBLIOGRAFIA :




Anci Toscana Comuni, comunità e usi civici per lo sviluppo dei territori


Rurali -Verso una legge regionale sugli usi civici .


Documento preliminare contenente le linee generali della proposta di legge in materia di usi civici .




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Nervi P. La Regione Puglia e gli Usi Civici - Atti del Convegno


di Foggia -1999 -




Palermo A. Svolgimento storico degli Usi Civici - in Nuovissimo


Digesto - Ed. Utet - 1975 -


Provincia di Grosseto


Dipartimento Territorio


Ambiente Sostenibilità


Settore Conservazione


della Natura


U.O.C. Caccia e Pesca Determinazione dirigenziale n.3585 del 30/08/2006


“ A.F.V. Grancia - ampliamento di superficie “.




Determinazione dirigenziale n.4213 del 18/10/2006


“ Annullamento determinazione dirigenziale n. 3585


del 30/08/2006 -


Nota: azione promossa dal Sig. Roberto Spadi,


legale rappresentante del Comitato Usi Civici


Baccagni ( Montepescali Scalo ) , assistito dall' Avv.


Marco Musotto di Livorno .




Salvemini L. Commento alla sentenza della Corte Costituzionale


n. 307/2003 - in Ambiente Diritto it.






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Tel.e Fax 0564/ 23980 - e-mail : giottominucci@alice.it







































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